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Poichè l'ingegno uman feroce e duro Da' Campi Elisi, ove di gaudio intero
Questo testo fa parte della raccolta Canzoni eroiche di Gabriello Chiabrera


XXXVIII

AL SIGNOR RICCARDO RICCARDI

Quando s’alzò la statua di bronzo
al Gran Duca Ferdinando.

Ecco su base, che d’ingegno altero
     Ornò Scultore, a Prasitel sembiante,
     Di fulgido metal, quasi spirante,
     Frena il gran Ferdinando alto destriero.
5Se qui rivolge, trapassando il guardo
     Stranier, che prove memorabil pregi,
     Ei fia d’imprese e di pensieri egregi
     Verace istoria a rinnovar non tardo.
Astrea ben culta, ed all’amabil Pace
     10Cerere aggiunta, e di pietate esempi,
     Di trionfanti insegne ornati i Tempi,
     Ed ingombro d’orror l’orribil Trace.
Ciò rimirando nell’immagin, parmi
     Del Signor nostro ad ora ad or narrarsi
     15Per nobil turbe; onde è ragione alzarsi
     Ad alme eccelse e fusi bronzi e marmi.
Ma se d’irato ciel turbine oscuro
     Gli aerei campi risonando scuote,
     Se d’atri nembi orrido tuon percuote,
     20Quale a tanti furor bronzo è sicuro?
Dunque in Parnaso alla più forte incude
     Stancando il braccio riversiam sudori,
     E facciasi opra d’immortali onori,
     O buon Riccardo, ad immortal virtude.
25Vaghezza ardita non mai sempre è rea;
     Affretta il piè su per l’Aonie rive,
     E fa sonar fra le Castalie Dive
     Sovra del nostro Re cetra Dircea.
Quando egli afllisse i più remoti Eoi,
     30Tu la temprasti a rischiarar suo vanto;
     Non ti stancar; che non ignobil canto
     E sol conforto de’ veraci Eroi.
E non indarno; i più sublimi affanni
     Cascano in cieca notte al fin sommersi,
     35Se chiara lampa di Meonj versi
     Non rasserena il folto orror degli anni.

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