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Traduzione dal latino di Filippo Scolari (1845)
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Giunger a noi vedemmo in negre note
Da bianco foglio sopportati carmi,
Che altri spremeva da Pierio petto;
E intenti a noverar, qual è costume,
5Le già pasciute pecorelle, meco
Sotto una quercia Melibeo giaceva.
- M.
Ed ei, che pur bramava unirsi al canto:
Titiro, disse, che mai vuoisi Mopso?
Tu ce lo narra.
- T.
O Mopso, io ne rideva:
10Ma quegli e più più davami stretta.
Io vinto dall’amor che per lui sento,
E alfin deposto, a mala pena, il riso:
Stolto, gli dico, e qual follia ti prende?
Te chiedono piuttosto le caprette,
15Che son pur la tua cura, ancor che magra
La cenetta t’attristi. Ignoti affatto
Ti sono i paschi, che coll’alte cime
Nasconditor del sol Menalo adombra,
Ed àn vario color, d’erbe e di fiori.
20Un fossatello umil di salci al rezzo
Lor va d’intorno e con onda perpetua,
Che dall’alto gli vien, bagna sue sponde.
Egli all’acqua, che d’alto il monte stilla,
Fece da sè la via per correr mite.
25Mopso in tai paschi, mentre i buoi scherzando
Vanno fra l’erbe molli, osserva lieto
Le fatiche de’ numi e degli eroi:
Poi dell’alma il gioir versa, e dà fiato
Alla siringa sua, sì che gli armenti
30Seguano il dolce suono, ed i leoni
Si calino dal monte al pian placati,
E rifluiscan l’onde, e delle piante
Le fronde, e plaudan le Menalie vette.
- M.
Titiro, ei disse allor, se Mopso canta
35In prati ignoti, io pur suoi versi ignoti
Potrò colla tua scorta agli sviati
Miei capretti insegnar: or, s’ei bramoso
Pregava sì, che farmi io mai poteva?
- T.
Mopso già da molti anni, o Melibeo,
40Diedesi ai monti Aonii, e mentre gli altri
Brigansi d’insegnar il civil dritto,
Impallidì de’ boschi sacri all’ombra.
Ei, d’onda aonia e di canoro latte
Sparso, m’invita alle cresciute fronde
45Della mutata figlia di Peneo.
- M.
Or che farai? Melibeo disse. Adunque
Disadorno pastor pei paschi andrai
Non d’alloro le tempie incoronato?
- T.
O Melibeo, l’ onor dei vati è gito
50In aria omai, e Mopso a gran fatica
Fu dalla Musa sostenuto insonne.
Io detto avea, quando la voce irruppe
Dello sdegno così: per colli e prati
Quanto belar, quando recinto il crine
55Del verde lauro in sulle corde il suono
Desterò del Peana! Eppur mai sempre
Gl’ignari degli Dei campi e foreste
Io temerò. Le chiome trïonfante
Aggiustar non fia meglio, allor ch’io torni,
60Bench’uso a biondeggiar, col crin canuto
Cinto di verde fronda all’Arno in riva?
- M.
Ed ei: chi mai può dubitarne? Or dunque
Titiro bada, che veloce è il tempo,
Ed invecchiaro omai le pecorelle
65Figlie dei capri, che alle madri demmo.
- T.
Risposi allor: quando nel canto mio
Al mondo intorno gli scorrenti corpi,
E mostri avrò gli abitator del cielo,
Come gl’inferni regni, allora il capo
70Grato cinger mi fia di lauro e d’edra.
Mopso me lo concede?
- M.
Ed ei: che Mopso?
Forse non sai ch’egli riprende al vivo
Il comico parlar, sì perchè suona
Tutto vulgar sulla femminea bocca;
75Sì perchè d’accettarlo hanno vergogna
Le Castalie sorelle?
- T.
Anch’io, risposi;
E intanto i versi tuoi, Mopso, rilessi.
- M.
Ed egli allor strinse le spalle, e, dunque,
Disse, che ne farem, volendo a Mopso
Dar la risposta?
- T.
80 Ho meco, io dissi, quella
Pecorella gratissima, lo sai,
Che trar le poppe appena puote, tanto
Di latte abbonda, ed or sotto l’ingente
Rupe rumina l’erbe or or brucate.
85A gregge alcun non appartiene, a stalla
Veruna non è avvezza, ha per costume
Venirmi presso, nè giammai per forza
S’avvicina alla secchia: io di mia mano
Per suo sollievo a mungerla son presto,
90E qui dieci empirò vasi di latte,
Che a Mopso manderò.
- M.
Sia pur; tu intanto
Bada ai lascivi capri, e impara il dente
A bene esercitar su dure croste.
- T.
Sotto la quercia tali Melibeo
95Versi, ed io pur, cantava: il farro intanto
Ne si cuoceva nell’umìl capanna.