< Elegie romane < I
Questo testo è stato riletto e controllato.
I - Villa d'Este
I - Sogno d'un mattino di primavera I - Sera su i colli d'Alba

VILLA D'ESTE


Quale tremor giocondo la pace de gli alberi, o Muse,
     2agita e a le richiuse urne apre il sen profondo?

Chi, dentro gli àlvei muti svegliando gli spirti del canto,
     4leva sì largo pianto d'organi e di liuti?

Chi dentro i marmi sordi, immemori d'acqua corrente,
     6mette novellamente fremito di ricordi?

Chi tante mai canzoni, o Muse, trae su da tant'acque?
     8Ella è, che pur vi piacque. Muse; è Vittoria Doni.


Va pe ’l sentiere ombrato la donna magnifica; e in torno
     10ecco, il divin soggiorno trema signoreggiato.

Lodano tutti gli orti la dolce di lei signoria;
     12e le fontane, in via, parlan de’ tempi morti.

Parlan, fra le non tocche verzure, le cento fontane;
     14parlan soavi e piane, come feminee bocche,

mentre su’ lor fastigi, che il Sole di porpora veste,
     16splendono (oh gloria d’Este!) l’Aquile e i Fiordiligi.

Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.