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II.
SUL LAGO DI NEMI
(VILLA CESARINI)
Era un ritorno. Il sole spandea per i boschi ducali,
2precipitando, un fuoco torbido. Ma su l’acque,
chiuse da quel gran cerchio di tronchi infiammati, un pallore
4cupo regnava. Raggio non le feriva alcuno.
Chi nel divino grembo del lago adunava tant’ira?
6Livide, mute, l’acque minacciavano;
come d’un lungo sguardo nemico seguivano il nostro
8passo; vincean d’un freddo fascino i nostri cuori.
Una paura ignota ci strinse. Pensiero di morte
10illuminò d’un lampo l’anima sbigottita.
Parvemi andar lungh’esso un lido letale, uno Stige;
12e de l’amata donna l’ombra condurre meco.
Tutte di nostra vita lontana le imagini vaghe
14si dissolveano; ed. ecco, tutto era morte in noi,
tutto; ed il nostro amore, il nostro dolore, la nostra
16felicità non altro eran che morte cose.
Oh visione aperta per sempre a l’anima mia!
18Rapidamente l’acque s’oscuravano.
Senza tremare, immote, opache, celando l’abisso,
20più minacciose l’acque parean volgere
al malefizio i cieli. Le nubi piombavano sopra;
22stavano intenti i boschi sopra, nel grande orrore.
Quasi era spento il fuoco per l’aria; ma ultima ardeva
24come una face in Nemi rossa la torre orsina.