< Elegie romane < III
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III - Dal Monte Pincio
III - Il pettine IV

DAL MONTE PINCIO


Sorge lavato il monte, fragrante di fresca verdura,
     2trepido; e il ciel di maggio ride a la rotta nube.

Pace ne l’aria viene dal bel lacrimevole riso,
     4cui vaga pur d’altezza l’anima nostra attinge,

cui balenando in cima le cupole attingono e gli alti
     6alberi che gran serto fanno a’ tuoi colli, o Roma.

Mite risplendi, o Roma. Cerulea sotto l’azzurro,
     8tutta ravvolta in velo tenue d’oro, giaci.


Sopra correa la nube, con tuono lungo echeggiante;
     ecco, ed il ciel di maggio ride a la rotta nube.

Tal, dopo si gran guerra, dopo tanta notte funesta,
     dopo l’amaro tedio, dopo il lamento vile,

(lungi per sempre, lungi, o sogni, da l’anima nostra;
     sogni, che troppo un giorno perseguitammo in vano!)

l’anima, liberata di tutte procelle, respira;
     non il ricordo l’ange, non il desio l’acceca,

più non la morde cura d’antichi amori o novelli,
     ansia non più l’affanna d’altri ignorati beni.

L’Anima sta: tranquilla rispecchia la vita e raccoglie
     entro il suo vasto cerchio l’anima de le cose.

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