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coro
Strofe I
Tu che in fondo a vallèe chiomate d’alberi
abiti, in sedi armoniche,
re d’ogni melodia,
canoro augello, rosignolo flebile,
vieni, ed il canto dalla gola fulvida
sgorghi, compagno alla querela mia.
D’Elena i casi rei,
e delle donne d’Ilio
il fato lagrimevole
canta, che giacquer sotto i colpi achei,
allor che giunse, giunse quei che i vortici
echeggianti fendé’ col remo barbaro,
Paride, che il fatal tuo parentaggio,
da Sparta, Elena, addusse al suol di Priamo;
e fu guida Afrodite al suo viaggio.
Antistrofe I
E dall’aste colpiti, o sotto l’impeto
di sassi, all’Ade scesero
Achivi molti, onde le spose a lutto
recisero le chiome, e i letti vedovi
restarono. E un sol uomo,1 un fuoco fulgido
acceso nell’Eubèa cinta dal flutto,
sterminò molti Achei:
ché contro le Cefèridi
rocce, con l’ingannevole
fiamma li spinse, o contro i lidi egèi.
Né diè’ l’alpe Malèa rifugio al barbaro
stuol, che salpò da l’Ellade, tra raffiche
di burrasche, e quel dono, che non era
dono, seco recò, la vana nuvola,
la fallace parvenza, opera d’Era.
Strofe II
Chi sia Dio, chi non Dio, chi d’intermedia
essenza, qual degli uomini
che la natura investighi
stabilire potrà con certo limite,
se le cose divine
qua, là balzare, e al termine
primo tornare scorge, con opposite
vicende, e incerto fine?
E tu, da Giove origine,
Elena, avesti: il germine
di te depose il padre tuo, che aligero
si fece, in grembo a Leda.
E trista la proclama or tutta l’Ellade,
senza Dio, traditrice, empia, fedífraga.
Non so chiara parola che fra gli uomini
per verità si creda.
Antistrofe II
O stolti, quanti van cercando gloria
nelle pugne, e nell’impeto
delle lancie, e non tentano
senza dolore un termine degli uomini
porre alle doglie amare.
Ché, se il sangue decidere
deve, qual mai città potrà desistere
dalle cruente gare?
Con vïolenza i talami
espugnâr dei Priàmidi,
e potean con parole eque decidere,
Elena, la contesa
che per te nacque. Ora nell’Ade giacciono,
e su le mura, fiamme pari a folgori
irruppero su te. Nel fato misero,
doglia su doglia pesa.