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coro
Strofe I
È fama, e ormai canizie
la copre antica: un dí,
Pan, dei monti custode,
che spira entro compagini di calami
la soave melode,
alla madre rapí
dai monti d’Argo un riccioluto agnello,
che avea tutt’oro il vello.
E gridava l’araldo dai marmorei gradini:
«Correte, o cittadini,
correte tutti all’assemblea, vedete
il prodigio, il segnacolo
della felicità dei nostri principi!»
E suonavan le case d’Atreo di danze liete.
Antistrofe I
Le porte son degli aurei
santuarî dischiuse:
per tutta Argo scintilla
sopra gli altari il fuoco; e la bellissima
voce del flauto squilla,
ministro delle Muse;
e il vello d’oro suona in ogni canto,
onde Tieste ha vanto.
Avea questi in furtivo letto d’Atrèo suasa
la moglie, e alla sua casa
addotto aveva il magico tesoro.
Onde, tornato al popolo
adunato, annunciò che in casa propria
esso aveva il cornigero agno dal vello d’oro.
Strofe II
Allora Giove i lucidi
sentier’ degli astri, allora
mutò del sole il rutilo
vampo, ed il riso della bianca Aurora.
Quello alle plaghe esperie
la fiammëa sviò divina corsa;
mosser l’umide nubi, incontro all’Orsa;
e, priva di rugiada,
arida fu d’Ammone la contrada,1
senza cader di Giove
le bellissime piove.
Antistrofe II
Narrano — e a ciò che narrano
di questo, io credo poco —
che il sol gli ardenti tramiti
sviò dell’aureo foco:
perché d’un uom giustizia
fosse, tutta patí l’umana prole.
Lucro le paurose umane fole
recan dei Numi ai riti.
Tu non pensasti a ciò, donna, d’arditi
eroi sorella, e a morte
ponesti il tuo consorte.