< Elogi di uomini illustri
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Ottavio Rinuccini
Galileo Galilei Giambatista Strozzi

Gli uomini, perchè nascono senza sapere ed hanno per la brevità della vita poco tempo di apprendere, si diedero intentamente ad osservazioni intorno alle cose che deono farsi, e così formarono arti, secondo le quali altri, operando, si affidasse di non errare; e coloro che con sì fatti ammaestramenti si reggono, hanno titolo di savi nel loro mestiere e reputansi eccellenti. Ciò fu veramente giovevole assai per la umana generazione; è però da dirsi, che fra gli uomini sorgono alcuni sì singolari, i quali sanno apprendere nelle altrui scuole, e sono maestri a sè stessi. Affermasi di Pompeo, ch’egli si era fatto, soldato, sotto sè medesimo capitano; ed anco Lucullo non s’intese della guerra, salvo quando egli la esercitò nè apprese a combattere salvo sul punto ch’egli guadagnò le vittorie: questa maraviglia ne diede Omero parimente, il quale poetando produsse

l’artifizio di poetare. Or io col riguardo dovutosi alle persone grandi, ed alle grandissime, io darò loda somigliante ad Ottavio Rinuccini; perciocchè egli non studiò scienza nessuna, ed anco della lingua latina poco fu esperto; non pertanto egli mise mano a diverse maniere di poesia, e fecesi chiaro per tutta Italia, alla quale tutta non mezzanamente fu caro; ebbe una vena di verseggiare sonoramente, e verseggiava con agevolezza non picciola, e con saldo giudizio scorgeva il migliore, ed il fiore coglieva di celebrati componimenti; ed in ciò fare fu da tenace memoria sostenuto; ed anco appigliossi a novelle maniere, e fu il primiero che in sulla scena conducesse a rappresentarsi favole cantate, della quale impresa raccolse gloria, e trasse altri a seguire i suoi trovamenti. Firenze e Mantova con nozze Reali ne feciono testimonianza, la quale tuttavia dura, ed è per non mancare in picciolo tempo; perciocchè in una si cantò la sventura di Euridice, e nell’altra l’abbandonamento di Arianna, quella musicata da Giacomo Peri, e questa da Claudio Monteverde. Nè solo suo pregio furono le poesie, ma suoi costumi furono oltramodo gentili usando fra le persone; nè parve poeta da riporsi fra luoghi solinghi, ma sì da passeggiare per palagi reali, ed altissimi, e da fare con buona accoglienza raccorre le muse nelle stanze degli altissimi Principi. Giunse sull’orlo di sessanta anni, e morì in Firenze là dove nacque di sangue ben chiaro, lasciando non punto vile la memoria della sua vita. Ora avvegnacchè queste cose sien vere, non è già da contrastarsi, che colui farassi sovrano, in cui lo studio solleverà, e la natura non verrà meno allo studio.

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