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ER PAPA BBON'ANIMA
Papa Grigorio è stato un po’ scontento;
Ma ppe’ vvisscere poi, ma ppe’ bbon core,
Ch’avessi in petto un cor da imperatore
Ce l’ha ffatto vedé ccór testamento.*
Nu’ lo sentite, povero siggnore!,
Si cche ccojjoneria d’oro e dd’argento
Ha mmannato sopr’acqua e sopr’a vvento1
A li nipoti sui pe’ ffasse onore?
E ppoi doppo sc’è ppuro er contentino
De le poche mijjara c’ha llassato
Tra bbaiocchelle2 e rrobba a Gghitanino.3
E er credenziere? e mmica so’ ccarote:
Ventiseimila scudi ha gguadaggnato
Sortanto a vvetro de bbottijje vote.
18 ottobre 1846
- Note
- ↑ Sana e salva. [La frase è tolta dalla nota formula di scongiuro delle streghe al diavolo: "Sopr'acqua e sopra vento, portami alla Noce di Benevento.„ Cfr. la nota 4 del sonetto: La, str&cja^ 3 f ebb. 33.]
- ↑ Danari.
- ↑ [V. la nota 13 del sonetto: La morte eco. (2), 11 genn. 31]
Nota sul testamento di Gregorio XVI[modifica]
[“Il testamento del pontefice, in breve conosciuto,„ (venne pubblicato testualmente e con una parodia in versi nella raccolta di satire intitolata: Fiori sparsi sulla tomba di Gregorio sestodecimo ecc.; Losanna, 1846), “fu soggetto ancor esso di molti commenti; come quello che portava le impronte delle false idee che lo avevano traviato durante il suo regno. Dispiacque la cura dei nepoti, massime in un monaco: si esagerarono le ricchezze che loro legava morendo, o aveva loro donate in vita, e veramente non erano gran che... Nella disposizione, la quale esentava i nepoti dal pagamento del diritto di successione dovuto all’erario pubblico sulla sua eredità, vide ognuno la falsa idea che aveva della legge e della sua inviolabilità; poichè non contento di essersi voluto sempre riguardare ad essa superiore, le volle fare un ultimo sfregio morendo, e credette padroneggiarla sin dopo morte.... Le passioni politiche bollenti, i dolori per lungo tempo compressi, tutte le conseguenze delle agitazioni politiche, l’ira o degli esuli o dei prigioni o dei loro amici e parenti, davano a queste postume accuse un carattere più grave di quello che sogliono avere per consueto le patire in siffatte occasioni. Un sonetto terribile non tardò a circolare, nel quale tutti riconobbero l’ira di un partito perseguitato e la vendetta d’un’offesa. L’ultimo verso di questo compendiava quanto era sulle labbra e nel cuore della moltitudine, che curiosa si accalcava intorno alla sua bara per riconoscere i lineamenti dell’estinto:
Giacque, e ai nemici non lasciò perdono.„
Cosi il Gualterio (Op. cit., voi. IV, pag. 337-38), e io aggiungerò qui il sonetto da lui ricordato, e insieme due altri sonetti romaneschi, che diventarono anch’essi e si mantengono ancora popolarissimi, ma che non sono del Belli:
GREGORIO XVI.
Fu panattier,1 poi schiuma di convento;
Per supplizio de’ buoni ebbe il Triregno.
Pazzo, briaco, visitò il suo regno:
N’ebbe ingiusti trionfi e rese vento.2
Profuse a pochi quel che tolse a cento;
A lo sgherro, a la spia d’onor diè segno;
Una canaglia che ti move a sdegno
Della porpora elesse all’ornamento.
Di leggi invece ei fé’ parlar la scure;
Or fu nostro trastullo, or nostro smacco;
Aprì scuola di debiti e di usure.3
Novo Sardanapal, beato in trono,
Più che di Cristo adorator di Bacco,
Giacque, e ai nemici non lasciò perdono.
- Note
- ↑ Cfr. il sonetto: Sentite ecc., 6 dic. 34
- ↑ V. nota 1 del sonetto: Er viàggio ecc., 1 magg. 43.
- ↑ Cfr., tra gli altri, i sonetti: Er volo ecc., 13 genn. 45.
PE’ LA MORTE DE PAPA GRIGORIO.1
Fr....a! in cche ttempi sémo, sor Cremente!
Se nega er zole! Basti a ddi cche cc’era,
Doppo morto Suàrfa2 l’antra sera,
Chi ddisse: “A Rroma nun j’importa ggnente!„
E lo sciamanno3 ar braccio der tenente?
E in der Cracàsse4 la striscetta nera?
E Palaccorda ch’ha ffatto moschiera?5
E ar Pallone6 che ppiù nun ce va ggente?
E li tammùrri cór farajjoletto?7
E le tromme che ssòneno a scorregge?
Ce vò deppiù pp’addimostrà l’affetto!?
Ma pperò, ffa er dolore meno amaro
Er penzà che pp’er papa che s’elegge
Sce so’ ttutti Grigori ar piantinaro!8
- Note
- ↑ Per gustar questo sonetto, che non sarebbe indegno del Belli, giova rammentare che il Governo pontifìcio, a ogni morte di papa, imponeva un lutto ufficialo, non solamenle a’ suoi impiegati, ma anche a tutti i sudditi, sospendendo per molti giorni ogni pubblico divertimento (senza credersi obbligato per questo a compensar dei danni gl’impresari teatrali), e facendo sonare a morto tntte le campane dello Stato. Sicché, quando sul più bello del carnevale del 1829 morì Leone XII, i Romani, non potendo divertirsi altrimenti, sfogarono la stizza con questi epigrammi:
Tre dispetti ci hai fatto, o Padre santo:
Accettare il papato, viver tanto.
Morir di carneval per esser pianto.
Se morivi ne’ dì quaresimali,
Leon, che in vita tanto mal ci festi,
A retaggio comun lasciato avresti
Il piacer di goder due carnevali. - ↑ Il Papa. Cfr. la nota 10 del sonetto: Le commediole, 25 magg. 37.
- ↑ Il lutto. Ma, propriamente, lo sciamanno era il distintivo che dovevano portare gli Ebrei. Cfr. la nota 3 del sonetto: Una smilordaria. ecc., 17 genn. 35.
- ↑ Il giornale ufficiale (Diario di Roma); chiamato popolarmente Cràcas, Cracàsse e anche Càcas, dal nome del suo primo editore. Cfr. la nota 5 del sonetto: L’uffizzio ecc., 17 febb. 33.
- ↑ E il Teatro Pallacorda (oggi Metastasio) che ha taciuto? — Far mosca o moschiera: far silenzio, tacere. Ma moschiera per mosca si dice solo in senso traslato come qui, non sempre.
- ↑ Al gioco del pallone, che allora era all’Anfiteatro Corèa.
- ↑ Col ferraiolino: coperti, cioè, di un velo nero.
- ↑ Piantonaia, vivaio.
L’ANIMA DE PAPA GRIGORIO.1
Stese appena le scianche2 er zor Grigorio,
Che l’anima jj’usci dar peparone,3
E senza tocca manco er Purgatorio,
Anno der Paradiso in der portone. —
Ah4 Pietro! — Oh! m’arillegro e me ne grorio.
Opri tu, ch’hai le chiave e ssei er padrone. —
Eccheme,5 e ffamme strada ar rifettorio.6 —
Be’? opri! — Ah, Pietro mio, nun jje la fòne! —
Va’ là, ariprova. — Gnente! — Ar buscio drento
C’è cquarche cosa? — Gnente! — Hai bbe’ sgrullato?7 —
Sine: e nun z’òpre! — Dàlle qua un momento. —
Tièlle, — Ruzze,8 e la mappa nun cunvina!9...
Che strumenti so’ cquesti ch’hai portato? —
Oh bbuggiarà! le chiave de cantina!
- Note
- ↑ Questo sonetto divenne popolarissimo in grazia della trovata. Ma, come forma, è una porcheria; e coloro (son tanti anche tra i Romani!) che hanno potuto crederlo roba del Belli, si vede che pigliano facilmente il princisbecco per oro. Cfr. la nota 6 del sonetto: L’anima ecc., 15 genn. 35
- ↑ Cianche: zanche, gambe.
- ↑ Ho già avvertito più volte che il naso di Gregorio era molto grosso e adunco.
- ↑ Esclamazione vocativa che tiene il luogo di o, e che si pronunzia molto aperta.
- ↑ Eccomi, cioè: "eccomi pronto ad aprire.„
- ↑ Gregorio era stato frate, e tutti dicevano che gli piaceva di mangiar bene e ber meglio.
- ↑ "Sgrullà vale "scuotere, sbattere.„ Si sgrulleno i panni impolverati, i tovaglioli, ecc., e così le chiavi femmine, per farne uscire quel che potesse essersi introdotto nel cannello.
- ↑ Irrugginite.
- ↑ L’ingegno non combina con la toppa.]