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Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1834
ER PRANZO A SSANT'ALÈSIO1
Ricconta l’ortolano de li Frati
De Sant’Alèsio sur Monte Ventino,
Che ll’Argògoli2 c’oggi3 sce sò4 stati
A esartà5 Rroma co’ ppietanze e vvino,
Cerconno6 tutto jjeri affaccennati
Da qualunque scurtore o scarpellino
Una Lupa da espone7 a l’invitati
Ner posto che sse8 pianta er trïonfino.
Ma ppe’ cquanto ggirassino,9 fratello,
Sto ritratto de Roma (nescessario
Dove se maggna) nun poterno avéllo.10
Però, in zu’ vesce11 e cco ggnisun divario,
J’ha sservito bbenissimo er budello
De Su’ Eminenza er Cardinal-Vicario.12
25 aprile 1834
- ↑ pone il sepolcro di Tazio. (Vedi Plutarco...). Ne’ fianchi di questo monte si apriva la spelonca del famoso ladrone Caco: circostanza non ispregievole ai dotti che in quelle vicinanze mangiarono.
- ↑ Vedi la nota 5 del Sonetto...
- ↑ Il 21 aprile 1834.
- ↑ Ci sono.
- ↑ A esaltare.
- ↑ Cercarono. Ciò che in questo sonetto si dice è storia fedele.
- ↑ Esporre.
- ↑ Si.
- ↑ Girassero.
- ↑ Non poterono averlo.
- ↑ In sua vece.
- ↑ Si vuole da testimoni oculari che l’Eminentissimo Zurla, promotore amplissimo de’ politici vantaggi delle consumazioni, desse a quel banchetto una impanciata degna veramente di un porporato.
Note
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