< Ercole (Senofonte - Leopardi)
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Senofonte - Ercole - Favola di Prodico (Antichità)
Traduzione di Giacomo Leopardi (XIX secolo)
Favola
Avvertimento del volgarizzatore

ERCOLE

Essendo Ercole in sull’entrare dalla fanciullezza nell’adolescenza, nella quale etá gli uomini venendo in signoria di sé stessi, sogliono dare a conoscere se eglino sono per eleggere alla loro vita il cammino della virtú o quel dell’ignavia, recatosi in disparte e posto a sedere in silenzio, stava dubitando seco medesimo a quale delle due vie si avesse ad indirizzare. E parvegli che venissero verso di sé due donne di statura grande: l’una di aspetto bello e nobile; adorna di cotali adornamenti naturali, come sono a dire, nettezza del corpo, verecondia degli occhi e modestia del portamento; vestita di bianco. L’altra ben pasciuta e morbida, e acconcia quanto al colore in guisa che pareva che ella riuscisse piú bianca a vederla e piú rossa che per veritá non era; con un portamento della vita piú diritto del naturale, cogli occhi molto bene aperti, e con una veste indosso che lasciava trasparire il piú che si poteva della persona: miravasi tratto tratto; stava anche attenta per vedere se altri la guardava, e spesso voltava gli occhi alla sua propria ombra.

Fatte che gli si furono piú da vicino, quell’altra detta innanzi non uscí del passo e dell’andamento di prima, ma per lo contrario questa, volendola antivenire, si pose a correre, e arrivata lá dove Ercole era, gli disse: ‘io ti veggo, o Ercole, stare in dubbio della strada della vita che tu debba prendere. Ora se tu mi vorrai per amica, io ti guiderò alla piú dilettevole e piú agiata via che si trovi al mondo, e siccome non rimarrá indietro piacere alcuno che tu non provi, cosí non ti converrá patire niuna amaritudine e niuna molestia. Imperciocché in primo luogo tu non t’impaccerai di pensieri di guerre né di negozi, ma solamente di cercare cibi e bevande che ti gradiscano; cose che a vedere o udire, a odorare o a toccare, ti porgano sollazzo e diletto; fanciulli e fanciulle che a goderle ti riescano deliziose sopra tutte le altre; comoditá di dormire piú mollemente che si possa; e il modo di avere tutte queste cose colla piú picciola fatica del mondo. E se alcuna volta per avventura nascesse ombra di scarsezza e difficoltá di trovare queste tali cose, non temere ch’io ti conduca a procacciarle con fatiche e travagli del corpo e dell’animo, ma tu ti servirai di quello che sará fatto e procacciato dagli altri, non perdonando a cosa veruna dalla quale ti possa pervenire alcuna utilitá; perocché io porgo questa licenza ai familiari miei di potersi liberamente giovare di che che sia’.

Le quali parole udite, Ercole domandò alla donna: ‘o donna, come ti chiami tu per nome?’ — E quella rispose: ‘gli amici miei mi dicono Beatitudine, ma quelli che mi odiano, per maldicenza mi chiamano Ignavia’.

In questo l’altra femmina soppraggiunse e disse: ‘Ancora io vengo qua o Ercole, perciocché io conosco bene i tuoi genitori e ho posto mente alla tua indole nel tempo che tu sei stato educato, e per la notizia che ho dell’una e degli altri spero che se tu ti dirizzerai per la mia strada, diverrai un eccellente operatore di fatti degni e onorati, e io ne sarò anche in assai maggior pregio che per l’addietro, e per buoni effetti assai piú chiara e famosa. Io non istarò qui con preamboli lusinghieri a ingannarti, ma ti dichiarerò l’essere delle cose con veritá, cosí come egli è stato constituito dagl’immortali. Tu dèi sapere che non è al mondo cosa veramente buona né bella la quale gli dèi consentano agli uomini di ottenere senza fatica e industria; ma se tu vuoi che gli stessi dèi ti sieno propizi, egli ti bisogna aver cura di onorare gli dèi; e se tu vuoi che gli amici ti abbiano caro, egli ti bisogna far bene agli amici; e volendo essere onorato da alcuna cittá, egli ti conviene fare servigio a questa tale cittá; e a volere che tutta la Grecia ti ammiri e ti riverisca per valoroso, ti bisogna studiare di far bene alla Grecia; e perché la terra ti porga copia di frutti, ti fa di bisogno coltivare la terra; e cosí aver cura del bestiame, se tu vuoi che il bestiame ti faccia ricco; e se ti proponi di avanzarti per via della guerra e vuoi poter essere agli amici autore di libertá e gl’inimici domare, ti conviene primieramente apprendere dai dotti e periti le arti della milizia, e poi coll’esercitarle condurti a saperle usare; e in fine se tu vuoi riuscire gagliardo e poderoso del corpo, ti fa di bisogno assuefarlo a ubbidire alla mente, ed esercitarlo con fatiche e sudori’.

Qui la Ignavia riprese a parlare e disse: ‘vedi tu, o Ercole, che aspro e lungo cammino da pervenire ai diletti è questo di cui ti ragiona questa donna? dove che io ti scorgerò alla felicitá per una via corta e agiata’.

E la Virtú soggiunse: ‘o misera, che bene hai tu? o che piacere conosci tu, che per aver beni e piaceri niente ti vuoi adoperare? e quanto è ai piaceri, non aspetti anco che ti nasca il desiderio di quelli, ma ti riempi di ogni cosa innanzi ch’egli ti sia venuto, e prima di aver fame mangi, prima di aver sete bèi; e per mangiare con gusto, procacci e metti in opera i cuochi; per bere saporitamente, attendi a provvedere vini di gran valuta, e in tempo di state corri attorno cercando un poco di neve; per aver sonni dolci, oltre alle coltrici morbide ti procacci anco i letti, e oltre ai letti le panche da sostentarli, perciocché tu non hai volontá di dormire per fatica che abbi durata, ma per non sapere altro che fare. E per godere i piaceri amorosi ti sforzi innanzi al bisogno, usando ogni maniera d’arti e d’industrie, e valendoti indifferentemente di maschi e di femmine, perocché tale è il costume e la dottrina che tu insegni agli amici tuoi; e la notte vai fuori baldanzeggiando e trescando insolentemente, e consumi dormendo la migliore parte del dí. Dalle quali cose è avvenuto che, essendo tu immortale, gli dèi ti hanno rifiutata per compagna, e dagli uomini di valore sei vilipesa e infamata, e mai non ti è intervenuto di udire il piú dolce suono che si ode al mondo, che è quel della propria lode, né di veder la piú cara vista che possa essere, perocché niuna tua bella azione hai veduto mai. Dimmi, chi è che ti creda quando tu favelli? e se ti fa di bisogno di alcuna cosa, chi è che te ne voglia somministrare? e quale uomo, purché egli abbia il giudizio sano, vorrebbe essere della compagnia de’ tuoi familiari? i quali nella gioventú sono privi del vigore del corpo, e nella vecchiezza del senno e del conoscimento dell’animo; e quella consumano senza fatica tra gli agi e le splendidezze, questa trapassano faticosamente in isquallore, con vergogna del passato e noia del presente, perocché eglino hanno trascorso via tutte le dolcezze della loro vita nella gioventú, e si hanno riserbato l’amaro per la vecchiaia.

Al contrario io uso del consorzio degli dèi, uso del consorzio degli uomini buoni e valenti; niuna degna opera né divina né umana si fa senza partecipazione mia; sono, cosí appresso gli dèi come appresso i mortali, cogli onori debiti onorata sopra ogni altra persona; diletta cooperatrice degli artigiani nelle loro fatiche, guardiana fedele della casa ai padroni, assistitrice benevola dei famigli, buona aiutatrice degli uomini nelle opere della pace, costante confederata ne’ fatti della guerra, ottima compagna e consorte dell’amicizia. I miei familiari mangiano e beono con diletto, e questo diletto conseguiscono senza pensiero, imperciocché aspettano l’appetito; dormono piú saporitamente di quelli che non hanno durata niuna fatica, e non hanno però per grave di rilevarsi dal sonno, né per causa di dormire trascurano di attendere a quello che loro si appartiene. I giovani sono lieti della lode che ricevono dagli attempati, i vecchi si confortano dell’onore che hanno dai giovani, si ricordano dei loro fatti antichi con dolcezza e soddisfazione d’animo, e si compiacciono altresi del buono stato presente, essendo per mio beneficio grati agli dèi, cari agli amici, pregiati dalle loro patrie. E venuto il fine stabilito loro dal fato, non si giacciono senza onore in obblivione, ma rammemorati e lodati fioriscono perpetuamente. Per cotal guisa o Ercole, figliuolo di genitori buoni e d’assai, adoperandoti, tu puoi guadagnare una felicitá la piú desiderabile che si trovi al mondo‘.

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