< Erodiade
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Atto quarto
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ATTO QUARTO.


SCENA I.


ERODIADE e ANNA.


Erodiade.Anna, lasciami: indarno or mi ripeti
Il codardo consiglio. E qual salvezza?
Di tal salvezza più non ho speranza;
Più non ne ho brama. Il piè da questa reggia
Non moverò se non costretta, o quando
Di mia nemica intriso m’abbia il sangue.
Anna.Erodiade, fuggiam. Nuova battaglia
Perduto han l'armi galilee; ne freme
Il popolo, e t’accusa: a’ tuoi delitti
S’appone ogni sciagura. È ver, lo spade
Sinor di Roma agli Arabi vietaro
Su questo regno dilatar lo scettro;
Ma sempre amica Roma, ahi! non avremo.
Le lagnanze d’un popolo perenni
La moveranno ad ascoltarlo. Un cenno
Del superbo senato atterrar puote
D’Erode il soglio; e allor tu disperata

Dirai: «Fui causa io della sua rovina.»
Erodiade.Mi lascia. Indegna è l’arte tua: tu speri
Non Erode salvar, nè me, nè il regno,
Ma la vittima mia! Sefora! — Indarno
Speri salvarla; indarno speri allato
Del re vederla cinta di corona.
Troverò la vigliacca; invan s’asconde,
Invan tramando sta mio danno: ai forti
Spetta il fulmin vibrar, ed io lo vibro.1


SCENA II.


ANNA.

Chi mi consiglia? Ah Sefora si cerchi!
Da questa furia s’allontani. — Erode....


SCENA III.

ERODE e detta.


Erode.Sgombra.
Anna.               Deh, s’Erodiade ami, la strappa
Dal maggior de’ delitti. In cor pensieri
Volge di morte, ed il suo incontro io temo
Colla rival. Di Sefora in periglio
I giorni son, tel giuro.
Erode.                                        Ad ambe annuncia
Che a donneschi furori oggi dar retta
Mi disdicon perigli altri più orrendi.
Vanne: intendesti? obbedienza intimo.2


SCENA IV.

ERODE.


Infame età! Pudor di patria adunque
Nessun riman, nessuna fè al monarca!

Gli stranieri trionfano, e le destre
De’ cittadini non concorron tutte
Allo scampo del trono! Il tradimento
Anzi più ferve, e più s’arroga audacia!
Amato pur dal popolo era un giorno!
Onde i cuor si mutaro? Ognun campione
Qui di Sefora fassi. Oh rabbia! A lei
Queste congiure debbo? A lei le debbo
lì a quel preteso messagger del cielo!—
Eppure.... ammetter d’Erodiade il sogno
Non posso, no: delle congiure, oh! mai
Incitamento, mai non fu la pia
Figlia d’Areta; nol fu mai Giovanni!
Perchè così dunque li aborro, e a stento
Dall’immolarli mi trattengo?— Amore
Per Erodiade è questo ancor? Sovente
Estinta fiamma la stimai. Rïarde
Quando vietarla altri a me vuole. Un solo
Pensiero in me son divenuti il soglio
Ed Erodiade: — un sol pensier la plebe
E Sefora e Giovanni, e il loro Iddio!


SCENA V.

SEFORA e detto.


Sefora.Erode, ohimè! che intesi? Al furïante
Volgo, ch’espulsa vuol da te la rea,
Rispondi col diniego e colle lance?
Non per trionfo del mio offeso orgoglio,
Ma per te ti scongiuro: alto periglio
Veggio crescerti intorno; uopo è nemici
Tali calmar. Non adirarti; pensa....
Erode.Che alle minacce piegansi i codardi,
Non io, non il tuo re. Che se t’affida
Oggi delle paterne armi la gloria
E delle turbe il tradimento e il loro
Folle sognar d’un redentor l’impero,

Me affidano altre forze, e son l’invitta
Roma ed il cor mio invitto.
Sefora.                                             Erode, ascolta.
Io non mertava questi amari detti.
Pensa che da’ securi padiglioni
Mossi del padre per divider teco
Ogni rischio, ogni duol. Che può affidarmi?
Nulla m’affida; tutto, ahi, mi spaventa!
Dell’invitto tuo cor, di Roma ad onta,
Il trono tuo vacilla oggi: dimane
Roma il vendicherà; ma che, se intanto
Oggi tu cadi? che, se sdegni il senno
Rivolger tutto a sostenerti? Ah! voce
Questa ti par de’ miei gelosi affanni,
Ma è innegabile ver: chi la cagione
È d’odii tanti contro a te? Colei
Che grido universale espulsa chiede.
Da te la scosta, e scemano.
Erode.                                                  Scostarla
Fu mio divisamento, e l’avrei compio
Se il padre tuo, se i tuoi mille fautori
Novelle trame non movean. Rimanga.
Sefora.Che dici? Oh me delusa! Ah troppo presto
Dianzi del mio ritorno io giubbilava!
Tutto arrider pareva. Apparecchiato
Co’ suoi strali invisibili avea il cielo
D’Erodiade il partir; fra te e Giovanni
Eran detti di pace, e amistà quasi
Nascer tra voi sembrava: io fui raccolta
Da te con gratitudin, con aperta
Lode, con dolce emozïone, e dissi
Fra me stessa: «Ei non m’odia! ei mi riama!»
E ciò tosto sparì? Perderti affatto
Deggio di nuovo? esser da te abborrita?
Da Erodiado oltraggiata? Io nel tuo core
Generoso fidava; io avea sperato
Essere almen sottratta al vilipendio
Della nemica mia. Più inesorata

Che in alcun altro tempo, ahimè! la fanno,
Veri o foggiati sieno, i suoi delirj.
Ah da lei mi difendi!
Erode.                                        Or nè d’amore
Nè di lamenti è fra noi tempo, o donna.
Nè per te veggo altro periglio ch’uno: —
Guai s’io scoprissi.... che colei che venne
Quasi ostaggio in mie mani, era ai felloni
E al lor profeta arcanamente avvinta!3


SCENA VI.

SEFORA.


Oh rei sospetti! Oh ingrato! Indarno io l’amo;
Ei non può riamarmi; egli ama ancora
La mia rival; m’immolerà all’iniqua.
Ahi! qual fu, sciagurata, il mio consiglio
D’abbandonar l’unico appoggio mio,
Il genitor! Veggio la rete orrenda
In che m’avvolsi, e raccapriccio, e tremo.
Eppure — il dover mio non adempii? —
Viltà saria il pentirsene. Ah, tu infondi
Forza alla derelitta, o giusto Iddio!
Scagliarsi ne’ perigli è agevol cosa;
Ma rimanervi imperturbato, e gravi
Ad ogni istante più vederli, e alfine
Perder la speme dello scampo, e allora
Non paventar la morte! e inonorata
Schernita morte! — ah questo è l’arduo, il sommo
Del coraggio virile!... ed io son donna!
Questo coraggio, ahi mancami!... Quai tristi
Presentimenti! Oh me infelice! In tale
Agonia, che mi spinge? Oh! di vicina
Morte nuncio saria? — Più fervorosa
Degli oppressi all’amico unico, a Dio

Ah! ricorriamo! Aiutami, o Signore,
Sì che di questa rete i fili io rompa,
O senza indegni tremiti io vi mora!


SCENA VII.

ERODIADE e detta.


Erodiade.È dessa! Al ciel le braccia innalza o prega.
Empia! mia morte prega!
Sefora.                                             Il sai, Signore,
S’Erode io amava! Illumina il cor suo;
Mostragli il ver; mostragli qual la donna
Fu che per lui, per lui sol respirava,
E meritato avria il suo amore! E s’anco
Di questo amor mai non sarò beata,
Deh, almen s’accorga che servaggio è turpe
Quel che il lega all’adultera, e la svolga
Dalle sue braccia, e ognuno applauda e ognuno
Lo benedica, ed ei cominci un regno
Di giustizia e di gloria, e l’infelice
Sefora, ancor che non amata, esulti
Della felicità del suo diletto!
Erodiade.4Quel dì che invochi non fia mai che sorga!
Mori!
Sefora.Oh feroce! ahi! chi mi salva?
Erodiade.                                                       Indarno
Divincolarti speri.5


'SCENA VIII.

ANNA.

Anna.                                   Oh spaventose
Grida! — Che veggio? Arresta.
Sefora.6Aita!— io moro!—

SCENA IX.

ERODIADE e ANNA.


Anna.Oh spettacolo orrendo! Arretra! lascia
Ch’io a lei soccorra!
Erodiade.                                   A chi provato ha i colpi
D’una rival? Rendi la vita all’agna
Quando succhiato ha il sangue suo la tigre!
Anna.Ella è spirata! — Oh de’ delitti il colmo!
Oh a me perdoni il cielo esserti stata,
O la più iniqua dello donne, amica!
Trarre a tal ti potean disordinati
Affetti, o un dì sì pia, sì nello stesso
Orgoglio tuo magnanima? Ah! l’orgoglio
Tutte corruppe tue virtù!— Che atteggi
Al sorriso le labbra, o scellerata?
Maledizion sulla tua fronte è scritta!
Di non sentirla indarno fingi. Orrendi
Strazi l’alma t’invadono; il palesa
Quel selvaggio rotar delle pupille,
Quella convulsa faccia. Ed io non posso,
Non debbo più commiserarti: è sciolta
L’amistà nostra! eternamente è sciolta!7


SCENA X.

ERODIADE.


Eternamente! l’amistà con tutti!
Con gli uomini e con Dio! — Ma con Erode
Non si sciorrà: ciò basta: insiem su tutti
Trïonferemo, o fulminate insieme
Anime invitte scenderem sotterra,
Negli odj impermutate e nell’amore! —
Oh che dico? — Che feci? E s’ei veggendo

Questo delitto inorridisse?... e il solo
Delitto fosse a cui d’Erode il core
Perdonar non potesse? — Un dì, ei l’amava:
E spento è mai, se a stima unito (e ad alta
Stima era unito!) amor? Questo m’astrinse,
Questo a svenarla! — Non sei tu, Barzane?8
— Ricordi tu miei beneficj? In doppia,
In centuplice guisa io riprodurli
Voglio su te. Nella vicina stanza
Ascondi quel cadavere; e sparisca,
Senza che il re per or contezza n’abbia.
Preparerò l’animo suo all’annuncio
Di cotal morte. Alta mercè n’avrai.

  1. Parte.
  2. Anna parte.
  3. Parte.
  4. Balza su lei snudando un pugnale.
  5. Sefora afferrata vuol fuggire ed impedire il colpo, ma Erodiade non lascia la sua preda. Scompariscono dalla scena, mentre Anna accorre.
  6. Di dentro.
  7. Parte.
  8. Ad una guardia.
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