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Ada Negri - Esilio (1914)
La falce
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LA FALCE.


Vecchio capoccia, domattina all’alba
mi darai una falce per falciare.
Ancor dai cieli penderà; sul mare
4dei campi, l’arco della luna falba.


Sarà l’ora in cui tutto a pena schiude
occhi e sensi novelli al novel giorno;
e tutto fresco e tutto puro intorno
8si maraviglia di sue forme ignude.



Io falcerò coi figli del tuo letto
e coi nipoti del tuo forte nome,
fino a che il sol non sia sovra le chiome
12raggera, e vino incendiario in petto.


A cento a cento cresceran le biche
dietro i miei passi: a me dinanzi il suolo,
frante le siepi, non sarà che un solo,
16per la mia falce, mareggiar di spiche.


E poi ch’io venni m terra per mostrare
miracolo, e il miracolo avverrà.
La mozza arista si rinnoverà.
20Noi falceremo per moltiplicare.


Landa, sterpaglia, cavo, anfratto e roccia
sfolgoreranno in un gran vello biondo.
Non per te, non per noi, ma per il mondo
24strideran le lunate armi, capoccia!...



Nè donde venga il rutilante abbaglio
saprem, se dal meriggio ardente in gloria,
o dalle messi offerte alla vittoria
28nostra, e piombanti a fascio al secco taglio.


E ogni figlio dell’uomo i suoi mannelli
— cantando in libertà lungo le strade
candide fra il corrusco delle biade —
32in alto reggerà come flabelli.


E quando il sol s’avvolgerà di veli
insanguinati per la dïuturna
morte divina, noi con taciturna
36bocca la pace implorerem dai cieli:


noi, militi e custodi del tesoro
di tutti, accesi nel tramonto gli occhi
e gli spiriti in Dio, curvi a ginocchi,
40solleveremo a Lui le falci d’oro.

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