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Ada Negri - Esilio (1914)
La fonte
Levati, e cammina - La suora Compagni di strada

LA FONTE.


Fonte che sola il mio dolor guarire
sai, fonte eterna di silenzio cinta,
quella che in me credei più forte ho vinta
4per poter, di te degna, a te salire.


Casa e terra lasciai che agli altri mia
parve, e non era: poi che nulla al mondo
è mio, fuor che l’anelito profondo
8del cuor, che si trasforma in melodia.



Lasciai le passïoni, che con succhio
di tentacoli, ingorde, irte, contratte,
vuotavano le mie vene scarlatte
12per gettarmi dei morti al sozzo mucchio:


ma mi seguono esse, in false vesti,
guardinghe, pronte per colpirmi al fianco,
s’io vacilli, s’io dubiti, se stanco
16il capo in pianto io curvi, o il piede arresti.


Dio m’aiuti!... Blandizia di ricordi
non mi tenti, viltà non m’imbavagli,
peso di carne non m’abbatta, e fra gli
20spini de l’aspre fratte àpriti, o fior di


salvezza!... — La boscaglia ove il piè sale
lancia i suoi archi al ciel, tempio vivente:
veglia e prega uno spirito veggente
24in ogni tronco della cattedrale.



Mi saluta ogni tronco, e sembra fremere
l’allegrezza in sua scorza ed in sue rame.
Io salgo — e da un viluppo di frascame
28mi giunge, o Fonte, il tuo sommesso gemere!...


Sì diaccia sei, ch’io sento il brusco brivido
del sasso a fior de lo zampillo; — e casca
l’acqua ove il terren molle forma vasca
32fra i muschi. L’acqua, in ombra, ha un color livido.


Fonte d’oblio che ti nascondi ai raggi
del sol, tu vedi le mie mani in croce.
Ti riconosco. Sola ormai la voce
36tua vince i vasti cantici selvaggi.


Prendimi!... Ansando io fino al cuor m’immergo,
che si contrae nel subitaneo spasmo,
ma resiste. In te nasco, in te mi plasmo,
40del battesimo tuo la fronte aspergo.



E l’acqua si fa rossa del mio bello
terribile sangue, che non dorme
mai, che m’assorda col suo rombo enorme,
44indomito al cilicio ed al flagello.


E l’acqua bolle come lava, a un tratto.
Ecco, e s’è spento ciò che fu perverso:
amor simile all’odio, e cozzo avverso
48di vïolenze, e striscïante patto


di menzogne, e desio folle d’uccidere
o pur d’essere uccisa!... — O vita, o vita,
come sei dolce!... O carne rifiorita,
52come giovine in te l’anima ride!...


Chi tramutò sul margine i calzari
di corda in freschi sandali, e la bruna
tonaca in veste dal candor di luna,
56forse caduta dalle vie stellari?...



Chi a me concesse levità sì grande
ch’ora cammino come se volassi,
e le primule d’ôr sotto i miei passi
60sbocciano a mazzi per le mie ghirlande?...


.... Uomo, qual che tu sii, col tuo peccato
più non mi tocchi. Io, sì, potrò, se vuoi,
salvarti: sol ch’io fissi dentro i tuoi
64occhi i miei occhi. E tu sarai placato.


E s’io t’incontri mai col tuo misfatto
pronto nel cuore e nella mano, e quello
cadrà: sol ch’io ti mormori: Fratello!
68in pacata umiltà d’accento e d’atto.


Udremo, nel silenzio pieno d’aria,
battere il nostro cuor; ma già lontano
da noi, sperduto, non più nostro, vano
72palpito d’ala che nell’alto svaria.



E il corpo sarà senza consistenza.
E l’anima sarà senza confine.
Io vedrò in le, tu in me, per le divine
76luci d’una celeste trasparenza.


E sopra e intorno e dentro a noi sarà
la pace. Uno stupor sarà, d’oblio.
E tu pel tuo sentiero ed io pel mio
80andremo, eterni nell’eternità.

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