< Ester d'Engaddi
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ATTO SECONDO.

Stanza nel padiglione d’Azaria

SCENA I.


ESTER che ha inteso la voce dello sposo esce dalle stanze vicine, portando nelle braccia un figliuolino di non più di due o tre anni, e viene incontro ad AZARIA che entra.


Azaria. Ester — diletto figlio — alcuni istanti
A voi concessi alfin mi son!
Ester.                                                            Mio sposo!
Azaria.Al festeggiante popol mi sottrassi

Onde abbracciarvi. A’ miei dover di stato,
Sacordotal congresso indi m’appella.
Ester.Si breve già....
Azaria.                              Nel tabernacol (dove
Religïosa pompa inni al Signore
Della vittoria appresta) io rivedrotti:
Là d’Ester mia sulla davidic’arpa
Udrò beato i dolci canti. O gioja!
Al sen vi stringo! Amato figlio, oh quanto
In picciol tempo tua beltà s’accrebbe!
Come alla madre t’assomigli, e caro
Vieppiù sempre mi sei! Vel giuro; in mischia
Mi ride il cor: degl’idolatri il brando
Misurar godo col mio brando; e pace
È per me tempo di languor che abborro:
Eppur — il credereste? — anco ove ardente
Più fervea la battaglia, a me compiuta
Gioja non dava de’ nimici il sangue,
E per vedervi io desïava pace.
Ester.E lunga sia! Benchè, se all’ozio astretto,
Talvolta il mio signor fremere io vegga
Sospirando le pugne, ai suoi contrari
D’Ester i voti son. Non sa Azaria
Ch’ogni ora di sua assenza ora è d’affanno
A chi sol vita ha nell’amarlo?
Azaria.                                                            Oh sposa!
No, quando rugga nembo altro di guerra,
Ester qui non starà: presso al mio campo
Vo’ che attendata col figliuol m’aspetti
Reduce dalla zuffa, e con sua dolce
Pietà lo stanco vincitor rallegri,
E ferito il conforti. Ivi cresciuto
Delle lance al fragor, più gagliarda alma
Avrà il prode futuro, e giovinetto
Del non canuto genitor compagno,
Lo vedranno i Romani e fuggiranno.
Ester.Valoroso! non anco hai terso il volto
Dalla polve campale, e già di nuove

Mischie tu parli?
Azaria.                                        A che varrian lusinghe?
Di questi audaci figli del deserto
Scritta è, nel libro del Signor, la sorte.
Chi dagl’imperatori della terra
Omai può i ceppi ricusar, se, in ardue
Montagne inaccessibili, a selvaggia
Vita non vive, e ognor la man sull'elsa?
Ester.Tu dunque, fido a tua promessa, al campo
Mai non tornar senz’Ester! comun teco,
Si, vo’ il periglio sempre. Oh, pargoletta
Perduto il padre non avessi! ei spesso
Dicea che al fianco suo cinta d’usbergo
Avriami adulta, onde Israel, sospinto
Dal forte esempio, a racquistar Sïonne
Armasse un dì sin le femminee destre.
Quante dolce sariami a te far scudo,
Emularti, difendere i tuoi giorni
E quei del figlio!
Azaria.                                        Oh di me degna!
Ester.                                                            Ah, credi,
L’odio, che in te pel padre mio nutriro
I tuoi congiunti, odio era ingiusto! ei grande
Il core avea!
Azaria.                              Del valor suo fia eterna
La rimembranza: nè in te danno il pio
Cieco amor filïal — ma cieco ad altri
Esser non lice ove d’Iddio un nemico
L’abborrire è dover. — Perdona. Acerbo
Mal mio grado ti son: meste memorie
Sì fausto di non turbino: tua colpa
Non fu del padre il traviar: sei mia!
T’amo! nè di tua stirpe altro m’è noto.
Ester.Pur l’infelice Eleazar....
Azaria.                                                  Ten prego;
Ei dorme nella tomba, e più l’oblio
Che il rammentarlo giova: astio paterno
Non eredai: ma testimon vivente

Dell’empietà d’Eleazar fu Jefte,
Pari a lui d’anni quasi: e da quel santo
Petto più volte il vero udii. La fronte
Deh rasserena; al tuo consorte, al figlio
Pensa: felice essi ti vonno. Addio.
Il pontefice attende.1


SCENA II.


ESTER, e accanto a lei il bambino.


Ester. Ahi lassa! appena
Gli nomo il padre, e’si, corruccia. In lui
Paterno odio non è: quel Jefte iniquo
Gliel nutre; ogn’ira, ogni cagion di pianto,
Tutto da Jefte è qui. Dio di Giacobbe,
Perchè delle tue sante are ministra
Esser permetti iniquità? Ritolto
Dal popol tuo gli sguardi avresti, e novo
Fatto a te popol, della Croce i figli?
Vero saría? Deh, s’è il dubbiar delitto;
E tu il perdona! il vero amo e nol scerno.
Ma qui al tramonto il genitor.... parlargli
Potrò? avvertirlo, che il suo asilo è noto
Al tremendo pontefice? Avvertirlo
Ad ogni costo! ei fugga! indi lo sdegno
Affronterò del traditor: palesi
L’empie sue brame ad Azaria saranno:
Crederammi Azaria, sì! tra l’amico
E la moglie ondeggiar? tra indegno amico
E amante, fida, irreprovevol moglie?


SCENA III.

JEFTE e detta.


Ester.Al padiglion tu d’Azaria? Chiamato
Da te a congresso, al tabernacol move.
Jefte. Non ci scontrammo. Or qui....

Ester.                                                            Se riedi....
Jefte.                                                                      Io stesso
Qui attenderollo. Oggi i solenni riti
Loco non danno a cure altre di stato.2
Ester.Del figlio mio sull’orme....
Jefte.                                                   Un detto. Meglio
All’util tuo pensasti?
Ester.                                        Utile un veggio.
Jefte. Qual?
Ester.          La virtù.
Jefte.                               Virtù son molte: scegli:
Fè ostinata, o prudenza.
Ester.                                             Havvi prudenza
Dove sta infamia?
Jefte.                                              E dove è infamia mai,
Quando di cauto vel fallo s’ammanta?
Ester. Oh ardir!
Jefte.                          Se fallo onesto amor tu nomi.
Ester. Onesto?
Jefte.                     E farti sposa mia non bramo?
Ester.Oh truce idea! D’insidïar tu parli....
Jefte. Di porre in soglio il non prezzato merto.
Ester.Che?
Jefte.           Non m’intendi? In Israello, a cento
Son de’ prodi le braccia: una è la mente.
Chi regna? Ben tel sai: Jefte qui regna:
Nulla è Azaria se non per Jefte. Io gemo
Nel veder che te onor nullo distingue
Dalle altre oscure ed umili Engadditi:
Qual vita traggi, o misera? qual lustro,
Qual piacer ti circonda? E del tuo abbietto
Viver si duol pur Azaria? Nè gode
Egli in mirarti fra sue ancelle prima;
Prima forse, e non più? — Trarti vuol Jefte
Dalla tua polve: accanto a lui su tutta
Engaddi alzarti: a’ piedi tuoi sommesse
Veder le tue rivali: assumer egli

Ciò che d’ingrato ha il comandar; lasciarti
Le grazie, la clemenza, i benefizi:
Udir tue lodi da ogni labbro! I sacri
Della profetic’arte alti misteri
Imparerai da me: voler d’Iddio
Fia il voler tuo. Vecchiezza verde io godo:
Ma giovin sei: del regno mio te erede
Lascio: novella Debora tu imperi
Ai figli del deserto, e in guerra o in pace
Assoluta, adorata, unica imperi!
Ester.Terminasti?
Jefte.                         La sorte ecco, ch’io t’offro.
Ester.Ed io rispondo. Ove al tuo dir credessi,
Ove non vedess’io, che tu, d’onesto
Amor parlando e di future nozze,
Tu a nulla aspiri che a sedurre, a sdegno
Pur moveriami l’impudente oltraggio.
D’ambizïon la vile esca mi tendi?
Io glorïarmi di calcar nel fango
L’emule mie? di finger teco il dono
Di profezia, che a’ rei Dio non concede?
Io non al regno nata, a’ piedi miei
Veder curvato un popolo di prodi?
Oh, sì, in me pure è ambizïon, ma tale
Che non la intendi.
Jefte.                                             Spiegati.
Ester.                                                            Onorato
Compagno aver de’ giorni miei; migliore
Di me; tal ch’io, più che d’amor, di stima
Arda per lui; tal, che da Dio il pensiero
Rivolgendo alla terra, il primo oggetto
Che mi s’affacci sia lo sposo: amarlo
Con timor; non con voglia empia d’impero,
Ma con dolce timor, quasi in quel modo
Ch’amo Colui ch’ottimo è solo, e sempre
D’affligger temo: e sposo tal, vederlo
Dell’umiltà della sua ancella pago,
E felice, e più amante indi e più mite,

Ed io più sempre quindi amarlo — e avvolta
Dell’altre donne infra la turba, in niuna
Muovere sdegno, eppure invidia in tutte!
Ah, tale, si, tal d’Azaria è l’ancella!3
JefteTu mi dileggi: oh rabbia!
Ester.                                             E che? non brami
La felicità mia? dessa è compiuta!
JefteMenti: sul padre tuo pende il mio ferro!
Ester.Oh ciel!
Jefte                    Fa’ senno, tel ripeto.
Ester.                                                            Ah, Jefte!
L’amor tuo fero in pietà cangia: acquista
Dritti all’ossequio mio: fa’ che in segreto
(S’è ver che m’ami) io l’amor tuo compianga.
E spregiar non ten debba. — Oh, appien felice
Non sono, è ver! Ben più il sarei, se spesso
Appiè dell’ara, iniqui, audaci dubbi
Non m’assalisser contra Lui, che in petto
Al pontefice suo virtù non mise!
Dopo è del Ciel! di cieca fede in esso!
Tu in me vieppiù la ispira: egregio sia
Chi del Signore è in terra il nuncio! Allora
Sarò felice, sì; che allor l’egregio
Mortal di pace e di perdono il nuncio
Sarà: la mano ei porgerà primiero
All’infermo, canuto, esul mio padre,
Che nulla chiede fuorchè asilo, e seco
L’amata figlia, e obblio degli odii amichi....
JefteE vantarsi che a lui dèssi il rifugio
Di questo avanzo d’Israello, ed arti
Studiar nuove onde aver scettro, ed allora
Stendardo infame alzar la Croce, e a forza
Curvarvi Engaddi!
Ester.                                   No, t’inganni: ei disse....
JefteNoto da lungo m’ è l’astuto. — Io vita
Lasciargli posso: io (debol troppo forse)
Più ancora al reo concederò, se ingrata

Ester non sia.4
Ester.5                                   Lasciami. Orror soverchio
Omai m’ispiri..
Jefte.                                   Nè sperar...
Ester.6                                                            Giammai!
No, appiè del vizio infame, in supplice atto
Non può piegarsi l’innocenza! Indarno
M’impongo di placarti: è in me una forza
Di me maggior che d’avvilirmi vieta.
E chi sei tu perch’ io ti preghi? Ai giusti
Resta un Vendicator: tua sola vista
Credere in lui quasi mi toglie: vanne:
In lui creder vogl’io: null’altra aita
Vo’ che la sua!
Jefte.7                              «Giammai» dicesti
Ester.                                                                      Il dissi.
Jefte.E l'odio tuo...
Ester.                                   Poco! lo spregio è sommo!8


SCENA IV.

JEFTE.


Un confin v’era: entrambi lo varcammo!
Nuocermi or può costei... me? Si prevenga.
E sì amato è Azaria? sì pienamente
Felice egli è?.. Per breve tempo ancora!
Eccolo.


SCENA V.

AZARIA e detto.


Azaria.                         A me, pontefice, tu stesso!
Jefte.Doman fia l’adunanza: oggi....

Azaria                                                            Turbato
Mi sembri.
Jefte                    Zelo d’amistà soverchio
Toglie talor, senza ragion, la pace.
AzariaChe dici?
Jefte                    Nulla. In altro tempo.... or troppo
Errar potrei. — Ma delle tue vittorie
Dimmi....
Azaria                    No, ti scongiuro: infra i miei servi
Scandal sariavi che del giusto il core
Affligga?
Jefte                    Si.
Azaria                         Ti spiega.
Jefte                                        In altro tempo;
Tel dissi.
Azaria               E a che?
Jefte                                        Bollente alma sei troppo.
Vani sospetti miei potrian giudizio
Ispirarti non retto.... e prematuro.
AzariaJefte!
Jefte          Sommesso parla....
Azaria                                                  Di che temi?
Ester là.
Jefte                    Taci.
Azaria                              I tuoi sospetti....
Jefte                                                            Io t’ebbi
Qual figlio sempre: or, se prudenza impongo,
E freddezza, e silenzio,... ubbidirai?
AzariaTel giuro.
Jefte                         Ascolta.— Un angiolo d’amore
Credo ella sia.... ver te.
Azaria                                                  Sì; ma tu....
Jefte                                                                      Dubbio
Non n’ebbi mai. Pontefice ha severi
Dover: la vigilanza! e più se lunge
Dal padiglion domestico è il guerriero.
Io su questa colomba, insidïata
Forse, vegliar doveva.

Azaria.                                                  Io ten pregai.
Non ch’Ester....
Jefte                              No, capace Ester di colpa....9
Azaria.Non è.
Jefte          Non credo.
Azaria.                                   Ah, per pietà, mi svela
Quest’orribil segreto!
Jefte                                                  E a furibondo
Impeto già trascorri?— Anzi ch’ io parli,
Rammentar dei, che ad inesperta donna
Indulgente esser vuolsi. A beltà somma
Lacci il maligno tende ognor.
Azaria.                                                            Che sento?
Raccapricciar mi fai.
Jefte                                             Mai del sentiero,
No, di virtù non uscirà: gentile,
Religïosa, candida è quell’alma.
Sol vigilar conviensi, onde il veleno
Di giovenile passïon non tolga
Al Signore ed a te tesor sì degno.
Azaria.D’un rival....
Jefte                         Temo.
Azaria.                                        E già certezza?....
Jefte                                                                      Indizio.
Azaria.Come?
Jefte               Jefte solea, quando altra volta
Tu givi al campo, in volto ad Ester lunga
Trovar d’alta mestizia orma pietosa
Che inteneria. La nuova luna al campo
Or t’appellò: ben atteggiata al duolo
Era la donna (e certo a lei sei caro!
Non esser tal puote Azaria?) ma vidi
Ch’oltre al dolor di tua partenza, un’altra
Ansïetà premeala.... e troppo io t’amo
Perchè ciò a me non increscesse....10
Azaria.Ah, tutto

Detto non hai!
Jefte.                              Potresti udirlo?
Azaria.                                                            Il posso.
Jefte.Io le parlai di te sovente: e il pianto
Talor correale agli occhi: umano core!
Noto mi sei. Quel pianto era (o parea)
Di cor nato a virtù, che abbandonarla
Non vuol.
Azaria.                    Oh rabbia! e il traditor?
Jefte.                                                                      Nol vidi.
Se non da tergo.
Azaria.                                   Quando? ove?
Jefte.                                                            Sta mane.
Azaria.Qui?
Jefte.          No.
Azaria.                    Fuor della tenda Ester!
Jefte.                                                            T’acqueta,
Fuori, sì.
Azaria.                         Dove?
Jefte.                                        Loco evvi, non lunge,
Ma solingo, appartato, ove ogni via
Manca, e protetto dalla rupe. O l’empio
Che t’insidia la sposa, o un messo infame....
Azaria.Sta mane!
Jefte.                    Sì.
Azaria.                         Ma il dì spuntava, e io giunsi.
Jefte.Prima del dì.
Azaria.No, no! truce calunnia
Ti riferian!
Jefte.Non m’odi? io ’l vidi, io stesso;
Che del vicin ritorno tuo recando
L’annuncio a lei, qui non la trovo: ansante
Erro: oltrepasso quella balza: uditi
Forse erano i miei passi: un uom si fugge:
Ester confusa....
Azaria.                              Che ti disse?
Jefte.                                             Aiuto
A infermo vecchio....

Azaria.                                             Ed era ei tale?
Jefte.                                                             Il bramo,
Ma....
Azaria.11               Tal nol credi. Ah Jefte!
Jefte.                                                  Il giuramento!
Azaria.12Osservarlo non posso!
Jefte.                                             Empio! lo sdegno
Provocherai del cielo? Ecco onde nasce
La tua sventura! irreverente guardi
Chi con un cenno il nulla anima e atterra.
Mertavi tu d’esser felice? insulta
Religïon, la insulta; i suoi tremendi
Fulmini a scherno l’abbi, ed Ester rea....
Rea fosse pur, giustificata è appieno!
Così balzato è nell’obbrobrio l’empio!
Azaria.Oh spavento!
Jefte.                         Che dissi? — Ah, in mia possanza
Non è lo spirto, se lo investe Iddio!
Fera allor, mal mio grado, esce dal labbro
La tonante parola: altri in me parla!
Azaria.Pontefice d’Iddio, pietà! M’è sacro
Ogni tuo detto.
Jefte.                              Il giuramento osserva.
Esser colei potria innocente, e oltraggio
Imperdonabil ogni tua rampogna.
Simula pace, amor, dolcezza: il tempo
Corremo: ascosa star non può la colpa.
Azaria.E se....
Jefte.               All’infame seduttor la morte:
In Ester.... colpa esser non puote, o lieve:
Nobile ha il cor.
Azaria.                                   Ma di rea fiamma acceso!
Oh, che imparai? Non sogno io dunque? Io vile
Quasi a lei servo! io che di niun mai tremo,
Eppur del biasmo suo spesso arrossiva,
Come debil fanciullo! io che obliato
Avria per lei.... te, il mio migliore amico,

La gloria, e — inorridisci! — anche gli altari!
Oh ingratitudin non udita, atroce!
E quei modesti, umili atti soavi?
Scellerata arte! arte e null’ altro! — Jefte,
In me t’affida: tacerò: un istante
Da’ tuoi consigli (nuovamente il giuro)
Dipartirmi non vo’. Ma in ciel possenti
Sono i tuoi preghi: assistimi: allontana
L’orribile sciagura! Offerte al tempio
Chiedi: tutto! il mio sangue anco ti dono!
Ma colei sia innocente!
Jefte.                                             Al ciel nulla evvi
Impossibil: t’umilia, e prega, e spera.—
Ma i cantici del volgo odo: ecco l’ora
Del sacrificio.
Azaria.                              Or or ti seguo. Ad Ester
Mostrarmi vo’, ma, tei prometto, mite.13


SCENA VI.

AZARIA ed ESTER.


Azaria.14Ester!
Ester.15          Del popol salmeggiante questa,
l’armi, è la voce: andiam.
Azaria.16                                                  Tanta bellezza,
Tanto candor!
Ester.17                              Che miri?
Azaria.18                                             Ester!... tu m’ami?
Ester.19Oh, il sai!
Azaria.                         No, tu non menti!
Ester.20                                                  E puoi?...

Azaria.                                                                      T’offesi?
Deh, dimmi il ver: t’offesi io mai?
Ester.21                                                                      M’offendi
Quando mel chiedi.
Azaria.22                                   Ah in quegli sguardi brilla
L’ingenuo core! oh me infelice!23 — Andiamo.


  1. Abbraccia di nuovo teneramento il figlio e parte.
  2. Il bambino va nelle sue stanze.
  3. Con dignitoso trionfo.
  4. Vuol prenderla per la mano.
  5. Non può più frenarsi.
  6. Con tutto l'impeto della virtù sdegnata.
  7. Furibondo.
  8. Va nelle sue stanze.
  9. Esitando.
  10. Si ferma come se avesse terminato.
  11. Fuori di sè.
  12. Smaniando.
  13. Jefte parte.
  14. S’accosta alle stanze d’Ester e la domanda.
  15. Esce: ella è vestita con modesta pompa.
  16. Tra sè.
  17. Con affetto.
  18. Persuaso dall’amore, si abbandona alla fiducia.
  19. Con tenerezza.
  20. Senza inquietudine non dubitando di nulla.
  21. Sempre credendo ch’ei non parli che per eccesso d’amore.
  22. È fieramente agitato dal timore d’ingannarsi: inosservato la guarda con ira, ma se incontra gli occhi di lei, non osa più dubitare della sua
    virtù.
  23. Si turba di nuovo, ma dissimula.

Note

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