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VI. — La conoscenza imperfetta.
1) Le proposizioni 24-36 trattano ora dell’imperfezione della nostra conoscenza, la quale non è mai una conoscenza adequata, cioè una conoscenza di sè e delle cose come sono in Dio, ma una conoscenza parziale che considera le cose soltanto in quei rapporti accidentali che sono le loro affezioni. Il nostro corpo è un complesso organico d’individui relativamente indipendenti: ogni affezione corporea (cui corrisponde un’affezione spirituale, un’idea) è un’affezione d’una parte del corpo che si riflette poi su tutto il corpo. Ora la conoscenza delle affezioni delle parti del nostro corpo è una conoscenza che apprende queste parti solo nelle modificazioni loro da parte delle cause esterne, quindi una conoscenza di queste parti unitamente alle cause empiriche che le modificano: perciò una conoscenza che non apprende perfettamente nè il corpo, nè le cause agenti su di esso, in quanto in essa sono confuse e la parziale conoscenza del nostro corpo e la parziale conoscenza delle cause esterne (prop. 24-28).
Prop. 19. L’anima umana non conosce il corpo umano in se stesso e non sa che esiste, se non per le idee delle affezioni onde il corpo è affetto.
Prop. 25. L’idea d’un’affezione qualunque del corpo umano non involge la conoscenza adequata del corpo esterno.
Prop. 27. L’idea d’un’affezione qualunque del corpo umano non involge la conoscenza adequata dello stesso corpo umano.
Lo stesso deve dirsi quanto alla conoscenza che l’anima ha di se stessa (prop. 29).
Questa conoscenza, per la quale la mente nostra vede sè, il proprio corpo e le cose esterne solo nelle affezioni proprie, è da Spinoza detta imaginatio: che è in fondo la conoscenza sensibile ordinaria, quella che altrove chiama la conoscenza di primo grado. «Quando la mente umana contempla i corpi esterni per le idee delle affezioni del suo corpo, allora diciamo che essa immagina». (Et., II, 26, coroll., dim.).
2) Nelle due proposizioni seguenti (prop. 30-31) Spinoza mostra che questa conoscenza inadequata è appunto la causa per la quale le cose ci appariscono nell’esistenza temporale come mutabili e contingenti. Ogni modo, in quanto è in Dio, è per sè eterno ed esiste necessariamente: quando invece il modo, in quanto separabile, appare a sè come un essere singolo ed ignora la sua vera natura e la sua unità con le cose in Dio (cioè, secondo il linguaggio di Spinoza, è in Dio in quanto Dio è considerato come affetto dalla rappresentazione particolare di questo o di quell’essere), allora esso identifica sè con certi momenti dell’essere suo, dipendenti da determinate cause; perciò trasforma sè in un essere dall’esistenza limitata ed incerta, contingente e corruttibile: e lo stesso fa delle altre cose.
3) Nelle prop. 32-36 Spinoza tratta della causa di questa imperfezione del conoscere e ci dà la sua teoria dell’errore.
Prop. 32. Tutte le idee, in quanto si riferiscono a Dio, sono vere.
Prop. 33. Non vi è nelle idee nulla di positivo per cui sian dette false.
Prop. 34. Ogni idea che è in noi assoluta, cioè adequata e perfetta, è vera.
Prop. 35. La falsità consiste nella privazione della conoscenza che implicano le idee inadequate, cioè mutile e confuse.
Alla teoria dell’errore si è già accennato nel libro 1° (V, 3). Tutto in Dio è vero: tutte le idee sono vere in quanto si riferiscono a Dio nella sua realtà assoluta (e non solo a Dio come esistente limitatamente nella mente umana) perchè allora costituiscono un ordine in sè perfetto, parallelo e rispondente all’ordine delle cose reali. Onde se, anche nella nostra condizione presente, vi può essere in noi qualche idea o concatenazione di idee, che è così come è in Dio, essa è vera. L’errore non è nulla di positivo: non è che una privazione ed una limitazione dovuta all’impotenza del senso, che apprende una realtà monca e fa di essa la totalità. Spinoza ce ne dà due esempi, tra i quali quello dell’illusione della libertà.
Anche il sistema delle nostre idee imperfette non è tuttavia un caos sconnesso: in quanto l’imperfezione loro è solo una deficienza, ciò che hanno di vero e di positivo procede da Dio con la stessa necessità con cui ne procede il sistema delle idee adequate: il che fa sì che anch’esse hanno una concatenazione empirica necessaria, che è un riflesso della concatenazione divina (prop. 36).