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L'Etica | ► |
VITA
Benedetto de Spinoza nacque ad Amsterdam il 24 novembre 1632 da una di quelle famiglie ebraiche che la persecuzione religiosa aveva cacciato dalla Spagna nel Portogallo prima e poi dal Portogallo nella libera Olanda; il padre di Spinoza, Michele de Spinoza, era nato presso Coïmbra. Perdette presto la madre, Anna Debora, morta nel 1638; frequentò nei primi anni la scuola ebraica di Amsterdam, dove, sotto maestri insigni, si approfondì nella conoscenza della lingua e della letteratura del suo popolo e si iniziò allo studio della filosofia religiosa ebraica medievale e della kabbala. Alla scuola di Francesco van den Enden, letterato famoso a quel tempo, dalla vita avventurosa e dallo spirito libero, coltivò la lingua latina e le scienze: nello stesso tempo s’accostò alla filosofia scolastica allora rifiorente anche nelle Università protestanti e si appropriò il naturalismo e il panteismo mistico della rinascenza e le dottrine della nuova filosofia, che in quel tempo cominciavano a diffondersi per le scuole (Bacone, Hobbes, Descartes). Più profondamente di tutti agì sopra di lui Descartes, che rappresentava allora lo spirito nuovo e la tendenza scientifica di fronte all’aristotelismo scolastico e che aveva anche in Olanda trovato fervidi seguaci. Lo svolgimento interiore del suo spirito lo allontanò così a poco a poco dalla religione ebraica e lo accostò ad altri spiriti liberi, appartenenti alle Chiese separate dei mennoniti e dei collegianti, caratterizzate da un pensiero religioso più largo e da un più umano senso di tolleranza; fra essi egli trovò amici e discepoli, che formarono intorno a lui un gruppo fedele e devoto. Sebbene non avesse esplicitamente abbandonato l’ebraismo, la sua condotta attirò sopra di lui l’accusa di disprezzo della legge: il 27 luglio 1656 venne pronunziata su di lui nella sinagoga la grande scomunica: alla quale seguì, per istigazione dei rabbini, anche un breve bando da Amsterdam. Solo (il padre era morto nel 1654), isolato e privo di sostanze proprie, Spinoza scelse per vivere un’arte manuale, la professione di politore di lenti per l’ottica. È vero che ai proventi della professione si aggiunsero più tardi le pensioni a lui largite dal De Witt e dal suo scolaro affezionato Simone de Vries, che, morendo, gli aveva lasciato una rendita di trecento fiorini.
Nel 1660 Spinoza abbandonò Amsterdam e si ritirò nella pace solitaria d’un piccolo villaggio, Rijnsburg, non lontano da Leida. A questo periodo risale la composizione della prima sua opera, il Trattato breve di Dio, dell’uomo e della sua felicità, che Spinoza compose per i suoi amici di Amsterdam e che, lungo tempo obliato, pervenne a noi, non senza rimaneggiamenti, in una traduzione olandese scoperta nel 1852. Qui iniziò anche un’esposizione della sua dottrina, che doveva comprendere due parti: la teoria della conoscenza e la metafisica. Ma la prima sola fu composta ed anche questa nemmeno condotta a termine: essa è quella che costituisce il Trattato dell’emendamento dell’intelletto, che venne poi soltanto edito, con le altre opere postume, nel 1677. La seconda parte, per la quale Spinoza adottò in seguito la forma dell’esposizione matematica, costituì l’Etica, della quale il libro primo almeno, in forma lievemente diversa dall’attuale, doveva in principio del 1663 essere già compiuto. Per l’istruzione d’uno studente, che era venuto a prendere da lui lezioni di filosofia, compose in questo periodo anche la sua esposizione dei Principii della filosofia di Cartesio e i Pensieri metafisici: nelle quali opere espone dottrine cartesiane e scolastiche, ma non senza mescolarvi apprezzamenti e dottrine sue proprie.
Nel 1663 Spinoza lasciò Rijnsburg e si trasferì in un altro borgo presso l’Aja, Voorburg, dove rimase circa sei anni. Qui compose, interrompendo la redazione dell’Etica, il suo famoso Trattato teologico politico in pro della libertà di coscienza, che il fanatismo calvinista avrebbe voluto sopprimere: in esso egli traccia la sua filosofia religiosa. Il libro uscì anonimo in principio dell’anno 1670. Questa opera, nella quale Spinoza, partendo dallo stesso concetto volgare della rivelazione ed accettandolo in apparenza, sovvertiva in realtà il fondamento di ogni religione rivelata, destò al suo apparire, anche fuori della rigida ortodossia, una veemente reazione, diede a Spinoza la fama di empietà e sollevò contro di lui le animosità del clero, che forse, senza la prematura morte di Spinoza, avrebbero condotto anche a persecuzioni personali.
Spinoza passò gli ultimi anni della sua vita all’Aja, dove si trasferì nel 1670. Avendogli l’elettore palatino Carlo Luigi offerto una cattedra di filosofia all’Università di Heidelberg, dopo qualche riflessione la ricusò per non compromettere la sua serenità e la sua libertà. All’Aja condusse a termine l’opera sua capitale l’Etica, che però non pubblicò: stava attendendo al Trattato politico, quando la morte lo colse il 21 febbraio 1677. I suoi amici pubblicarono l’anno stesso nelle Opera postuma l’Etica, il Trattato dell’emendamento dell’intelletto, le lettere, il Trattato politico (rimasto incompiuto) ed altre reliquie minori.
Pochi filosofi realizzarono, come Spinoza, un accordo così perfetto tra la dottrina e la vita. I suoi biografi ricordano con parole commosse la sua semplicità di vita, il suo disinteresse, la sua dedizione completa alla verità. Passò la vita in tranquilla solitudine, indifferente alla fama, mite, sereno, senza orgoglio e tuttavia ben conscio del valore del suo pensiero. Forse nessuno, scrive di lui Renan, ha veduto Dio più da vicino.