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EUFEMIO DI MESSINA.
ATTO PRIMO.
SCENA I.
Siciliani.I Saracini! i Saracini!
Teodoro.Oh truce
Alba! oh sorpresa! Altro drappel ne incalza
Dall’occidente. Ah, invan pugniam: si fugga;
Chè dovunque l’inferno eruttar sembra
Nuove falangi. Entro Messina è forza
Tornar, difender le paterne mura.
SCENA II.
Uno stuolo di Saracini guidati da ALMANZOR prorompe contro ai suddetti.
Almanzor.1Cedi quel brando!
Ah, non fia ver.2 Codardi, Teodoro.
Il vostro duce abbandonate?
Almanzor.3 Al vero
Dio quella fronte ed al profeta inchina,
O muori.
Teodoro.Il vero Dio sempre adorai;
Campion di Cristo esser mi vanto.
Almanzor.Muori.
SCENA III.
Mentre ALMANZOR sta per trafiggere TEODORO, giunge EUFEMIO, seguíto da molti Saracini.
Eufemio.4 Che fai? Nel sangue degl’inermi il brando
A’ prodi Saracin tinger non lice.
Almanzor. (Lascia libero Teodoro. Quest’ultimo ed Eufemio si
guardano a vicenda maravigliando.)
Eufemio.Che veggio? Tu!...
Teodoro. Qual voce!
Eufemio.5 O immensa gioja!
Si, reo di morte ei fra’ viventi è il solo.
Usurpator del siciliano impero....
Sprezzator d’ogni dritto.... orribil padre,
Che a lagrime perenni unica figlia
Dannò.... l’autor di mie sciagure.... il solo,
Sovra cui delle mie parricide armi
Cadrà l’orrori
Teodoro. Nel suol natio, tu guida,
Tu di masnade al ciel nemiche?
Eufemio. A lungo
Ne’ miei primi bollenti anni felici
Patria mia venerai questa, ch’or vengo
A empir di stragi, ingrata terra. Adulto
Appena, udii me di Sicilia eroe
Acclamar dalle genti. In dieci pugne
Io l’imminente schiavitù e l’infamia
Dal vostro capo distogliea: quei Mori
Ch’or v’atterran, sommersi io quattro volte
Nell’oceàno; e già l’Africa e l’Asia,
Del tremendo mio acciar memori, il guardo
Più drizzar non ardíano a queste sponde.
E quando al greco imperadore ambisti
La Sicilia sottrarre, altri, ch’Eufemio
Compier potea quell’alta impresa? Al suono
Di mie vittorie la lontana reggia
Del Bosforo tremò; pace e dominio
A te concesse.... Ahi stolto! io t’onorava
Quasi nuovo Licurgo, io la tua ascosa
Non discernea tirannic’alma! Ossequio
Dalle lor ròcche a te molti baroni
Giustamente negavano: io fui quello
Che intera a’ piedi tuoi l’isola posi.
Io....
Teodoro. Che favelli? E i guiderdoni eccelsi
Del tuo re non rammenti?
Eufemio. Empio! la stirpe
Degli oscuri avi miei, no, non osavi
Rinfacciarmi in quei dì; ma insidïose
Eran le tue lusinghe. Oh come astuto
Di sgherri ti cingesti, e il campion tuo
T’apprestasti ad estinguere! Una colpa
In me volevi: ingenuo io per tua figlia
Il mio amor ti paleso: ecco la colpa:
Un ribelle son io! — Di gravi ceppi
E d’ignominia ricoperto, in negro
Carcer sepolto, a rea scure dannato
Di Sicilia è l’eroe. Dov’è chi snudi
Fra’ cittadini a mio vendette un ferro?
Non uno.... Oh gregge di codardi! eterno
Abborrimento vi giurai. M’involo
Dal carcer mio; prodigio è: sovra lieve
Pino alle tempestose onde m’affido:
D’Africa ai liti orridi giungo.... e umani.
Cor nella patria de’ leon ritrovo,
Tetto ospital, fè, riverenza. Io squarcio
L’europea veste: a’ Saracini chieggo
Le loro bende; il lor profeta onoro,
E verace nel grato animo sento
Credenza al Dio de’ generosi. Usciva
Sovrumana, efficace in que’ deserti
La mia parola; uomo del cielo apparvi.
Strugger l’are di Roma, e sovra tutta
Europa del Coran sparger la luce,
Tal fu il prometter mio; vedi qual sorse
Pronta a ovunque seguirmi oste infinita.
Teodoro.Oh sacrilega audacia! E ad ingojarti
Non s’apre il suol! Guerra a’ paterni templi
Rechi! Delitto havvi maggior? Pel fato,
No, di Sicilia non pavento: il cielo
Fia che pugni per lei. Sbrama in me pure
L’antica tua sete di sangue: i lunghi
Miei di bastaro alla mia gloria. Averti
Nel seno mio.... funesto sangue.... nodrito,
La taccia ell’è ch’unica avrommi, e solo
Rimorso è questo onde morendo io gema.
Vibra: chi frena il braccio tuo? punisci
I benefizi che tant’anni io sparsi
Su l’iniquo tuo capo. A farti ardito
Rimembrar deggio i miei delitti? Mira:
Questo è il loco, ove in pugne altre ti vidi
Infra le turbe umil guerrier; quell’onde,
Quelle rupi m’udîr quando t’assunsi
Sovra i tuoi pari a comandar. Le gesta
Tue mi rapían: mi t’avvincea soave
Magico affetto: de’ più illustri duci
Le querele respinsi: a un vil soldato
Riverenti li fei. Tradirmi ognuno
Può, fuor ch’Eufemio, dissi; ei dunque solo
M’ami e vegli su me, ch’ei solo è invitto.
Tanto cieco m’era io!... ma tutta apparve
A me tua iniqua ambïzion; m’apparve
Quel dì che (immemor del mio grado) osasti
Genero a me offerirti: al soglio mio
Con ciò tentavi acquistar dritti. Io niego
A te mia figlia; e a tradimenti infami
Tosto volgi il pensier....
Eufemio. Sognata infamia!
Da te o da’ cortigiani erano compre
Del mio tradir le false prove. A stento
Scerno, se a danno mio l’altrui perfidia
Ti movesse, o la tua: quelle canute
Chiome ancor venerar quasi vorrei;
D’ingannata, ma retta alma stimarti;
Compiangerti vorrei, non abborrirti;
Se non che ad abborrirti, ahi, mi costringe
La rimembranza.... di tua figlia. Esulta;
Vedi questo tremor? Chieder non oso
Di lei; morir temo d’angoscia e d’ira....
Ov’è? Al tiranno di Salerno preda
N’andò quel sì gentil, sì umano core?
Ella unita al più reo mostro che segga
Sovra trono di sangue? In lei (col ferro
O col velen ch’ei trattar usa) il pianto
Non puniva egli ancora, onde a me forse
Tributo ella porgea? Parla; respira?
O degg’io sulla sua tomba immolarti?
Teodoro.Vive; ma folle è ogni tua speme.
Eufemio.6 Oh, vive?
La rivedrò, la strapperò dal seno
Del mio rival!
Teodoro. Del tuo rival la forza
Te incenerir può con tue schiere a un cenno.
Vincol tremendo....
Eufemio. A chi la unisce?
Teodoro. A Dio.
Eufemio.7Oh gioja! Al prence di Salerno preda
Ir negò Lodovica: ella ancor m’ama!
Teodoro.No, mal s’appon l’orgoglio tuo. T’abborre,
Dacchè in te vede un mio nemico: e sposa
A Sifolco saria, se acerba morte
Al vicino imeneo lui non toglieva.
In manto vedovil lungo cordoglio
La pia fanciulla conservò. Di nuove
Nozze parola indi le feci; a terra
Si prostese, con lacrime sclamando:
Padre, ti giuro, che non brama insana,
Ma la voce di Dio vaga de’ santi
Chiostri mi fa. M’opposi io molti giorni,
Ma alfin pugnar contro il Signor non volli.
In quel tempio,8 onde là sorge la torre,
Vive, di te, de’ tuoi misfatti ignara.
Eufemio. Conscia dell’amor mio vive. Gemente
Su quegli altari al ciel volge sue preci,
Ed a me il core.
Teodoro. I voti suoi tremendi
Jer Lodovica proferì. Di santo
Zel tutta ardea: «Figlia, le dissi, ah torna
Alle gioje del mondo!» Auree a’ suoi piedi
Vesti e gemme splendeano. Invan lo stato
Di regina le pinsi, e la materna
Dolcezza in abbracciar figli adorati:
Con alto sdegno calpestò le pompe,
Afferrò il sacro vel, tutta sen cinse,
E prona al suol (quasi in funereo drappo
Esangue spoglia) lungamente tacque.
Indi l’udii che il ciel per me pregava....
Pel padre suo, misera figlia!... e morte,
Onde più Dio non oltraggiar, chiedeva.
Eufemio. Di superstizïone ebro, tu lieto
Dalle rose d’imen sotto il funebre
Drappo sottrarsi la vedevi. Io intendo,
Io di quell’innocente alma le grida
Nel profanato santuario. Il cielo
Deprecava essa pel più reo de’ padri
Che i di lei giorni avvelenò; fuggiva
Dal suo tiranno perdonando, e morte
Chiedea, morte che bene unico avanza
A chi d’amor disperato arde e tace.
Misera! no, tu non cadrai su l’are
D’un Dio geloso, che a natura involi
Tua giovinezza, tua beltà, tua pura,
Di cor nato ad amar tempra celeste;
Mia sarai, Lodovica!
Teodoro. Anzi che tua,
Fia del sepolcro. Imbelle esser Messina
Può alla difesa di sue mura; invitti
Difenderanno i sacerdoti l’are;
Sotto devote fiamme, ultimo scampo,
Le asconderanno.
Eufemio. E in quelle fiamme?... Ah, nota
M’è di Pacomio la ferocia! Il manto
Vescovil gli mertaro i superbi atti
Suoi, quando, uscito di Tebaide, Italia
Corse a turbar, guerra intimando a tutte
Fralezze umane, e roghi ovunque ergendo
A chi alla Croce e a lui non si prostrava.
Il furor suo sacerdotal pavento;
Lodovica è in periglio.... Oh, tosto vanne
Alla città, fido Almanzor: pronuncia
Del tuo soldano il formidabil nome.
Di che, cinta d’immensa oste, l’eccidio
A Messina giurai, se nel mio campo
Tratta non viene di Teodor la figlia:
Di che sovra costui pende il mio brando
Pronto a svenarlo; il brando mio che a niuno
Perdonerà, non all’età canuta,
Non agl’infanti, nè a lor madri! Intera
Seminerò la vasta isola d’ossa
E di ruine, sì che mai più aratro
Non la fecondi, ove negar si ardisca
L’unico don ch’alla mia patria io chiegga!
Almanzor.T’obbedisco, signor.9
Teodoro.10 Fermati; aggiungi
Che di morir pago son io; che infame
Patto parríami il serbar vita e regno
Coll’ignominia di mia figlia; aggiungi....
Empio, ei non m’ode.
Eufemio.11 Appo le navi in ceppi
Tenuto sia: raccòr mie schiere io deggio.12
Teodoro. Agli occhi miei creder poss’io? D’incanto
Opra non è? Mio vincitor colui!
Di me che fia? di Lodovica? Oh cielo,
Salva il popolo tuo; basti a placarti,
Se irato sei, di Teödoro il sangue.13
- ↑ Combattendo contro Teodoro.
- ↑ Teodoro pugna valorosamente, ma i suoi seguaci sono dispersi.
- ↑ Disarma Teodoro, lo afferra, e lo strascina con ferocia in atto di ucciderlo.
- ↑ Da lontano esclama accorrendo.
- ↑ Con furore.
- ↑ Con trasporto.
- ↑ Si turba, o poi passa a subitanea allegrezza.
- ↑ Additando nella città.
- ↑ S’inchina e s’avvia.
- ↑ Ad Almanzor.
- ↑ Ad alcuno de’ suoi.
- ↑ Parte, facondo cenno colla spada ai Saracini d’ordinarsi intorno a lui.
- ↑ È condotto via.