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Fedro - Favole (I secolo)
Traduzione dal latino di Giovanni Grisostomo Trombelli (1797)
Libro quinto: Prologo
Libro quinto Libro quinto - Il Poeta

PROLOGO

FErmo era di por fine a l’opra mia,
     Ricca perchè restasse altrui la messe:
     Il mio pensier quando entro me ripresi;
     Poichè imitar se alcun vuol mio lavoro,
     5Come può dirgli l’indovina mente,
     Ciò ch’io omisi per fama indi ritrarre?
     Ha il suo pensar ciascun, ha lo stil suo.
     Dunque avveduto, non leggier pensiero,
     Ciò che impresi a seguir, vie più m’indusse
     10Quinci poichè apportar ti suol diletto

     Udir le favolucce, ch’Esopèe,
     Non più d’Esopo appello; ei fu di poche.
     Dietro a sua scorta io son di molte autore:
     Nuovo è il racconto, è la materia antica.
     15Se tu sovente, che sei meco erede,
     Le legga, e quanto a lui piace, le roda,
     Se non puote imitarlo, atro livore.
     Che tu, ch’altri a te egual, ne’scritti suoi
     Le mie baje frammetta, e degno m’abbia
     20Di lunga fama; assai di lode ottenni.
     De’ Dotti il plauso di ritrarne io bramo.


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