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Libro primo - Capitolo 21
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| - Cari signori e compagni, com’io davanti vi ragionai, questi che noi veggiamo verso di noi venire con tanta furia, a noi è di lor venuta la cagione occulta. Ma tanto mi par bene che essi sono iniqua gente e ribelli alla nostra legge, presumendo il luogo ove trovati gli abbiamo. E essendo tal gente, per niuna altra cagione si dee credere che elli s’affrettino tanto di venire a noi, se non per privarci di vita avanti che per noi niuno scampo si possa prendere. Onde se questo avviene, se essi in noi le lor mani voglion crudelmente distendere, voi non siete uomini i quali siate usi di contaminare la vostra fama etterna per viltà, ma continuamente nel preterito tempo voi e’ vostri predecessori avete poste l’anime e’ corpi per etternale onore. E che questo sia vero, la inestinguibile memoria de’ nostri antichi cel manifesta. Ahi, quanto dovrebbe crescere il vostro vigore ogni ora che la gran fortezza d’Orazio Codico vi torna a mente! Il quale, come voi sapete, al tempo che’ trusciani entrati in Roma con grandissime forze, già essendo per prendere il ponte Sublicio e per passare nell’altra parte della città, andato sopr’esso, ritenne la loro potenza con aspri combattimenti infino che ’l forte ponte gli fu dietro tagliato, e la città per lo tagliamento liberata. E similemente Marco Marcello, il quale assalì i Galli con minor popolo che voi non siete, e tanto con la sua forza operò, che avuta di loro vittoria e morto il loro re, sacrificò le sue armi a Giove Feretrio. E simigliantemente quello che fece Publio Crasso per non essere suggetto ad Aristonico. Oh quanti e quali essempli de’ nostri antichi si potrebbono porre! E tutti non tanto per sé quanto per la republica sostennero gravosi affanni e pericoli. Or adunque noi, che qui per la salute di noi medesimi e per l’onore di tutti siamo a sì stretto partito, che dobbiamo fare? Certo più vigorosamente combattere, anzi che noi, che già molti servi francammo, divegnamo servi degli iniqui barbari o siamo da loro vilmente uccisi. Ma però che io vi conosco tutti vigorosi giovani e forti combattenti, porto nelle vostre destre mani grandissima speranza di vittoria, aiutandoci la fortuna, e in me molto me ne conforto. Ma se pure avvenisse che gli avversarii fati portassero invidia alle nostre forze, non vi lasciate almeno uccidere sì come fanno le timide pecore a’ fieri lupi, sanza alcuna difesa, ma fate che essi abbiano la vittoria piangendo. E nondimeno vi torni alla memoria che voi in questo luogo contro a costoro siete in luogo di campioni e forti difenditori della legge del figliuolo di Giove, il quale per trarre noi dell’impie mani di Pluto, nelle quali il primo nostro padre disubidendo miseramente ci mise, sapete quanto fosse obbrobriosa e crudele la morte che egli sostenne! Dunque non pare ingiusta cosa se noi pogniamo in essaltamento della sua legge e per la salute di noi medesimi i nostri corpi, i quali s’avviene che muoiano, per la presente morte meriteranno perdono e etterna fama; e rimesseci le preterite offese, con ciò sia cosa che niuno viva sanza peccare, le nostre anime viveranno in etterno, e ancora le nostre ceneri saranno con divozione visitate, come visitavamo il santo tempio: al quale ancora spero che lietamente e tosto perverremo. E però ciascuno si porti vigorosamente -.

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