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Libro primo - Capitolo 23
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- Giulia, queste non sono le parole le quali a Roma nella nostra casa mi dicevi, quando di grazia mi chiedesti di volere venire meco nel presente viaggio. Ov’è il tuo virile ardire così tosto fuggito? Tu dicevi che più vigorosamente sosterresti ne’ bisogni l’armi e gli affanni che la vigorosa moglie di Mitridate, e io avea intendimento d’aggiugnerti al numero de’ miei cavalieri con l’armi indosso, se non fosse il creato frutto che tu nascondi in te. E tu ora solamente nella veduta d’uomini de’ quali noi dubitiamo, e ancora di loro condizione non siamo certi, né sappiamo se sono amici o nimici, vuogli, non sappiendo per che, pigliare la fuga? In questo atto non risomigli tu Cesare, il tuo antico avolo, il quale ardire e prodezza ebbe più che alcun altro romano avesse mai. Ora, cara compagna, non dubitare, e renditi sicura che niuno utile consiglio per noi è che nelle nostre menti non sia molte volte stato ricercato e essaminato, e niuno più utile che quello ch’è preso ne troviamo per la nostra salute. E credi che Iddio non vuole che i suoi regni vilmente operando s’acquistino, ma virtuosamente affannando: e però taciti, e nelle nostre virtù come noi medesimi ti confida -.

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