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Avea già il sole per lungo spazio trapassato il meridiano suo cerchio, avanti che Giulia del disiderato affanno liberare si potesse: anzi, con grandissime voci invocando il divino aiuto, sostenea grandissima doglia. Ma tra la erronea gente si dubitava non Lucina sopra i suoi altari stesse con le mani comprese, resistendo a’ suoi parti, come fece alla dolente Iole, quando ingannata da Galanta la convertì in mustella; e con divoti fuochi s’ingegnavano di mitigare la colei ira, per liberare Giulia di tale pericolo. Ma poi che a Giove piacque di dar fine a’ suoi dolori, egli, ella partorendo, le concedette una figliuola non variante di bellezza dalla sua madre; la quale come fu nata, Giulia, sentendo la sua anima disiderosa di partirsi dal debile corpo, contenta del piacere di Dio, domandò che la sua unica figliuola, avanti la morte sua, le fosse posta nelle tremanti braccia. Glorizia, cameriera e compagna di Giulia, coperta la picciola zitella con un ricco drappo, la pose in braccio alla madre, la quale, poi che la vide, sospirando la baciò, e piangendo voltata a Glorizia gliele rendé dicendo: - Cara compagna, sanza dubbio di presente sento mi converrà rendere l’anima a Dio, e nel presente giorno ringraziarlo di doppio dono, sì come della dimandata progenie e della disiderata morte. Ond’io ti raccomando la cara figliuola, e, per quello amore che tra te e me è stato, ti priego che in luogo di me le sii sempre madre -; e dicendo queste parole alla dolente Glorizia, che nell’un braccio tenea la picciola fanciulla e nell’altro il capo di lei parlante, rendé l’anima al suo fattore umile e divota.