Questo testo è completo. |
◄ | Libro quarto - 107 | Libro quarto - 109 | ► |
O amore, nemico de’ paurosi, quanta è maravigliosa la tua potenza, e quanto furono le tue fiamme ferventi nel petto di Filocolo! Quale strabocchevole via fu mai usata per te quale fu quella che Filocolo ebbe ardire di tentare? A Leandro non era il mare contrario, e a Paris era di lungi il nimico; a Perseo la sua forza era mediante, e Dedalo per la sua salute, essendogli chiuso il mare e la terra, con maestrevoli ali fuggì per l’aere. Gran cosa fa fare il fuggire la morte, gran fidanza rende l’uomo a se medesimo combattente, e le follie de’ mariti spesso sono cagione d’adulterii alle mogli, e le larghezze delle vie fanno volonterosi gli uomini molte volte ad andare per quelle. Ma costui non larga via si vedea, non assenza di nimico, non disposto a potere per sua forza campare, non fuggire morte, ma più tosto seguirla a quello mettendosi. Egli pose la sua vita sotto la fede d’uomo che mai fede non avea conosciuta, e sotto sottili frondi di rose, le quali dalle più picciole aure sariano potute muovere, e scoprirlo nel cospetto del nimico. Egli diede il vivo corpo all’essere immobile come morto. Tu porgi più forza e più ardire che la natura medesima. Quello che Filocolo non avea avuto ardire di dimandare al padre, solamente ora in pericolo da non potere pensare, davanti al nimico la cerca. Oh, quale amante! Oh, quanto da essere amato! Oh, quanto Biancifiore più ch’altra misera si poria riputare, se di ciò le disavvenisse che Filocolo ha impreso! Oh, quanta saria la sua paura se ella consapevole fosse di queste cose! Certo io non so vedere quale ella si fosse, o più dolorosa perdendolo, o più contenta tenendolo.