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Libro quarto - Capitolo 144
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Mentre i cavalieri rallegrati ragionando si stanno accosto alla buia nuvola, la quale in niuno modo cede a chi vuole oltre passare se non come un muro, levandosi da dosso ciascuno le molte saette, di che più che dell’armi erano caricati, e avendo cura e di loro e delle loro piaghe, le quali non medicavano, ma di ristrignerle per meno sangue perdere s’ingegnavano, Ircuscomos col braccio tagliato, e con molti altri feriti e non feriti pervennero all’amiraglio; a cui Ircuscomos disse: - Signore, vedi come sopravenuti nimici n’hanno conci! -. A cui l’amiraglio disse: - Or chi sono costoro, o quanti, o che domandano? -. Ircuscomos rispose: - Signore, io non ne vidi se non forse sei o otto contra tutta la nostra moltitudine combattenti, faccendo d’arme cose incredibili a narrare: chi essi sieno io non so, né per che venuti, ma io estimo che per la salute del giovane, il quale io credo che morto sia, venuti sieno -. - Come credi che morto sia, - disse l’amiraglio, - non l’hai tu veduto? Egli è sì grande spazio, che voi li metteste nel fuoco per mio comandamento! -. - Certo - rispose Ircuscomos - mirabil cosa de’ condannati è similemente avvenuta, che non fu più tosto il fuoco acceso, che il fummo si rivolse tutto a noi, e sanza salire ad alto, sì come sua natura li sortì, quivi dintorno ad essi si fermò, e, come fortissimo muro, a uomini, a saette e a lance privò il passare dentro a’ due, e similemente il potere essere veduti: dintorno al quale dimorando noi, ingegnandoci di nuocere a coloro che dentro v’erano, sopravennero coloro che così n’hanno conci, come parlato v’abbiamo. Egli è con loro un uomo di smisurata grandezza, il quale con la sua vista spaventa sì chi ’l vede, che ciascuno piglia la fuga sanza volervi più tornare. E brievemente io non credo che nella gran prateria sia alcuno rimaso, se non morto, de’ quali gran quantità credo che v’abbia; e de’ condannati quello che se ne sia, dire non vi so più inanzi -.

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