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Libro quarto - Capitolo 44
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Lungamente riguardò la reina Caleon nel viso, e poi dopo alcun sospiro così rispose: - Parlare ci conviene contra quello che noi con disiderio seguiamo. E certo a te dovria bene essere manifesto ciò che tu in dubbio domandando proponi. Serverassi, rispondendo a te, lo ’ncominciato ordine, e colui a cui suggetta siamo, le parole, le quali, costretta dalla forza del giuoco, diciamo contra la sua deità, più tosto che volontarie, le ci perdoni: né però la sua indegnazione caggia sopra di noi. E voi, che similemente come noi suggetti gli siete, con forte animo l’ascoltate, non mutandovi per quelle dal vostro proponimento. E acciò che meglio e con più aperto intendimento le nostre parole si prendano, alquanto fuori della materia ci stenderemo, a quella quanto più brievemente potremo tornando, e così diciamo: amore è di tre maniere, per le quali tre, tutte le cose sono amate; alcuna per la virtù dell’uno, alcuna per la potenza dell’altro, secondo che la cosa amata è, e similmente l’amante. La prima delle quali tre si chiama amore onesto: questo è il buono e il diritto e il leale amore, il quale da tutti abitualmente dee esser preso. Questo il sommo e primo creatore tiene lui alle sue creature congiunto, e loro a lui congiunge. Per questo i cieli, il mondo, i reami, le province e le città permangono in istato. Per questo meritiamo noi di divenire etterni posseditori de’ celestiali regni. Sanza questo è perduto ciò che noi abbiamo in potenza di ben fare. Il secondo è chiamato amore per diletto, e questo è quello al quale noi siamo suggetti. Questo è il nostro iddio: costui adoriamo, costui preghiamo, in costui speriamo che sia il nostro contentamento, e che egli interamente possa i nostri disii fornire. Di costui è posta la quistione se bene è a sommetterlisi: a che debitamente risponderemo. Il terzo è amore per utilità: di questo è il mondo più che d’altro ripieno. Questo insieme con la fortuna è congiunto: mentre ella dimora, e egli similmente dimora; quando si parte, e elli. Elli è guastatore di molti beni: e più tosto, ragionevolmente parlando, si dovria chiamare odio che amore. Ma però che alla proposta quistione né del primo né dell’ultimo è bisogno di parlare, del secondo diremo, cioè amore per diletto: al quale, veramente, niuno, che virtuosa vita disideri di seguire, si dovria sommettere, però che egli è d’onore privatore, adducitore d’affanni, destatore di vizii, copioso donatore di vane sollecitudini, indegno occupatore dell’altrui libertà, più ch’altra cosa da tenere cara. Chi, dunque, per bene di sé, se sarà savio, non fuggirà tale signore? Viva chi può libero, seguendo quelle cose che in ogni atto aumentano libertà, e lascinsi i viziosi signori a’ viziosi vassalli seguire -.

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