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Aspro guiderdone porgevano i cieli sopra i parenti di Filocolo per le loro operazioni. Essi, per la sua partita rimasi con dolore inestimabile, spendevano i loro giorni in lagrime e in prieghi: la superflua malinconia di loro medesimi fa loro perdere ogni sollecitudine. I reali visi con miserabile aspetto mostrano avere la dignità perduta. I pianti hanno inasprite le guance, e il dolore ha congiunta la dolente pelle con l’ossa; e i capelli e la barba, più bianchi che non soleano, danno de’ pensieri e degli affanni convenevoli testimonianze; e i vestimenti oscuri, portati più lunga stagione che la loro grandezza non dava, non lasciava loro né altri rallegrare. Essi, ben che col corpo ne’ loro palagi dimorassero, seguivano con la mente il caro figliuolo, faccendo del suo cammino diverse imaginazioni, sempre temendo. Né udivano alcuna novella d’alcuna parte, che essi di lui non dubitassero: e gl’infiniti pericoli ne’ quali i pellegrinanti possono incappare, tutti per lo petto loro si rivolgeano, con paura non forse in alcuno incappasse il loro Filocolo; similemente dubitando del luogo dove la sua Biancifiore ritrovasse, non forse fosse tale che grave danno ne gl’incorresse, o che, non potendola riavere, di dolore morisse, o disperato a loro mai non reddisse: e quasi di lui sanza alcuna speranza di bene viveano, vedendo o con la imaginazione o per visione quasi ciò che nel suo cammino gli avvenne. E questo consentivano gl’iddii, perché più multiplicando il loro dolore, più fossero degnamente della loro nequizia puniti. E a questa miseria e doglia aveano per compagnia tutto il loro reame, il quale, in desolazione dimorando, dubitavano della morte del vecchio re, non sappiendo che consiglio pigliarsi dopo quella, per la vedova corona, poi che loro perduto parea avere Filocolo.