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Libro secondo - Capitolo 27
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Il re, il quale più volte avea inteso che Florio voleva a Marmorina tornare, e similemente avea udito a molti recitare la dolorosa vita che Florio a Montoro menava, da grieve dolor costretto, sospirando se n’andò in una camera dove la reina era; il quale sì tosto come la reina il vide, il dimandò quello che egli avea, che sì pieno d’ira e di malinconia nell’aspetto si dimostrava. Il re rispose: - Noi ci allegrammo molto dell’andata di Florio a Montoro, credendo che egli incontanente dimenticasse Biancifiore, ma egli m’è stato detto da più persone che la sua vita è tanto angosciosa, perché egli non può venire a vederla, che ciò è maraviglia. E diconmi più, che egli del tutto lo studiare ha lasciato: la qual cosa fosse il maggior danno che mai seguire ce ne potesse! Ma egli ancora da grande amore costretto non mangia né dorme, ma in pianto e in sospiri consuma la sua vita: per la qual cosa egli è nel viso tornato tale che poco più fu Erisitone quando in ira venne a Cerere: e non pare Florio, sì è impalidito, e non vuole udire d’altrui parlare che di Biancifiore, né prendere vuole alcun conforto che porto gli sia. Né a questo vale alcuna riprensione che fatta gli sia; e ancora m’ha mandato più volte dicendo che venir se ne vuole; ond’io non so che mi fare, se non che d’ira e di malinconia mi consumo e ardo -.

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