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Niente piaceano al re tali novelle, ma con dolente animo l’ascoltava, e fra sé dice: "Deh! or chi ha sì tosto a Florio queste cose rivelate, che egli sì subito soccorso mandato l’ha? E chi potrebbe essere stato amico di Florio tanto stretto, che per lui a tal pericolo si mettesse? Non so. O iddii, maladetta sia la vostra potenza, la quale non ha potuto sostenere ch’io rechi a perfezione un mio intendimento!". E poi che egli ebbe per lungo spazio rivolte per la mente le non piacevoli cose, sospirando rispose: - Non so chi si sia questi che il mio intendimento s’ingegna d’impedire; ma sia chi vuole, che forse egli morrà e Biancifiore non camperà -. E poi soggiunse: - Siniscalco, a me pare l’ora molto alta a volere combattere, e te sento oggi molto affannato, e però rimangasi per questo giorno la battaglia. Va, e fa convitare il cavaliere e onorarlo infino al mattino; poi, quando il sole con più tiepido lume ritornerà, combatterete, poi che negare non gli possiamo la battaglia -. - Sire - rispose il siniscalco, - in niuna maniera può oggi rimanere la battaglia, però che il cavaliere che là dimora è di sì fiero coraggio e ardimento, che con qualunque persona volesse Biancifiore toccare, converrebbe che con lui combattesse, o lei lasciasse stare; né alcuno v’è a cui della morte di Biancifiore non incresca, né che più tosto in aiuto di lei non mettesse la persona, che in suo danno dicesse una sola parola, fuori solamente io, che da’ vostri piaceri e comandamenti mai non mi partii né partirò; e però se voi mi concedete che io oggi combatta, io combatterò, e se non, se io ne vorrò far venire Biancifiore alla prigione, io so che combattere mi converrà. Priegovi che adunque voi la mi concediate ora, poi che io sopra lui sono animoso -.