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Prese adunque il siniscalco quelle armi e quel cavallo che migliore si credette che fosse per tornare al campo; ma la dolente Biancifiore, né campata né al tutto dannata rimasa, quivi si stava intra’ due continuamente piangendo; e poco valeva che Florio, il quale dal suo lato mai non si partiva, la confortasse, posto che se saputo avesse che colui che sì pietosamente la confortava fosse stato Florio, ella avrebbe tosto mutato il doloroso pianto in amoroso riso, non curandosi del pericolo nel quale esser le parea. Ella dimandava sovente: - O cavaliere, che è di Florio? Quanto è che voi il vedeste? -. E ogni volta al nominar Florio, più forte piangea. E Florio le rispondea: - Giovane donzella, in verità che la passata sera il vidi e con lui dimorai per grande spazio a Montoro, là ove io poi il lasciai faccendo sì grandissimo pianto e duolo di ciò che avvenuto t’è, che niuna persona il potea né può racconsolare. Egli caramente mi pregò che io dovessi qui sanza dimoro venire a liberarti di questo pericolo; e egli sanza fallo ci sarebbe venuto, se non che io nol lasciai, però che io credo fermamente che se egli ti vedesse in tale maniera, forte sarebbe che egli o per grieve doglia non morisse, o per quella il natural senno perdesse. Ma molto ti manda pregando che tu ti conforti per amore di lui e che tu il tenghi a mente, come egli fa te, che mai per bellezza d’alcuna altra giovane non ti poté né crede poter dimenticare -. Assai piacevano a Biancifiore queste parole, e molto in sé se ne confortava, e poi fra sé dicea: "Deh, chi è questo sì caro amico di Florio, che qui al mio soccorso è venuto? Or nol conosco io? Io soglio conoscere tutti coloro che amano Florio". E mentre questo fra sé ragionava, sempre guardava l’armato cavaliere nel viso, e quasi alcuna ricordanza le tornava d’averlo altre volte veduto; ma l’angoscia e la paura che per lo petto e per la mente le si volgeano, non lasciavano alla estimativa comprendere niuna vera fazione di Florio: e, d’altra parte, Florio per l’armi e per le lagrime aveva nel turato viso perduto il bel colore, il quale mai, avanti che a Montoro andasse, non s’era nel cospetto di Biancifiore cambiato. E volendolo ella domandare del nome, Massamutino apparve sopra il campo tutto armato con due compagni, ciascuno sopra altissimo destriere a cavallo, l’uno de’ quali li portava uno forte scudo avanti, nel quale un leone rampante d’oro in uno azzurro campo risplendea, e l’altro una corta lancia e grossa con un pennoncello a simigliante arme: per la qual cosa la gente tutta cominciò a gridare e a dare luogo, dicendo: - Ora vedremo che fine avrà l’orgoglio del siniscalco -; e questo tolse a Biancifiore con subito tremore il non potere più parlare col cavaliere. Ma Florio sì tosto come questo udì, bassata la visiera dell’elmo, disse: - O giovane, fatti sicura che ’l tempo della tua liberazione è venuto - e voltato al forte iddio e ad Ascalion, disse: - O somma deità nascosa nella vermiglia luce, e tu, caro compagno, ecco il mio avversario: alla battaglia non può essere più indugio. Io vi priego che questa giovane vi sia raccomandata, sì che, mentre che io combatterò, alcuna ingiuria fatta non le fosse -. E dette queste parole, ripresa la sua lancia, si fermò, quivi aspettando Massamutino con sicuro cuore.