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Libro terzo - Capitolo 8
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Per questi pensieri, e per molti altri, era tanto l’animo di Florio tribolato, che in niuna maniera potea il suo dolore coprire, né per alcun diletto rallegrarsi: e già gli era sì la malinconia abituata adosso, che appena avrebbe potuto mostrare sembiante lieto se voluto avesse. Egli avea sì per questo i suoi spiriti impediti, che quasi poco o niente era il cibo che egli poteva pigliare, e nel suo petto non poteva entrar sonno: per le quali cose il viso era tornato palido e sfatto, e’ suoi membri erano per magrezza assottigliati, e egli era divenuto debole e stracco. E la maggior parte del giorno si giaceva, e stava come coloro i quali, da una lunga infermità gravati, vanno nuove cose cercando, e niuna ne piace, e s’egli piace, non ne possono prendere. Della qual cosa al duca molto dolea e ad Ascalion similemente, né sapeano che via tenere sopra questa cosa. Essi dubitavano di farlo sentire al re, temendo non egli facesse novità per questo a Biancifiore, e di questo a Florio ne seguisse peggio. E similemente dubitavano di tenerlo in quella maniera sanza farglielo sentire, dicendo: - Se egli per altrui il sente, noi n’avremo mal grado, e cruccerassi verso di noi, e avrà ragione -. E in questa maniera, sanza pigliar partito, stettero più giorni, pur confortando Florio e dandogli buona speranza. A’ quali Florio rispondea sé non avere questo per amore, ma che il caldo che allora facea, il consumava. Ma questa scusa non aveva luogo a coloro che i suoi sospiri conoscevano; ma essi, quasi a ciò costretti, la sosteneano.

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