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III
DI SIMONIDE
Fragmento dell’oda intitolata «Perseo»
Mentre in dedalea navicella il vento
fremea soffiando, e l’agitata poppa
già sommergean le insuperabil’onde,
aspergendo di lagrime le gote
5l’afflitta madre circondò Perseo
con mano amica ed a lui disse: «O figlio,
quanto soffr’io! Tu dolce sonno godi,
e il latteo petto posi in trista culla,
da chiodi intesta e tra le stelle errante
10d’oscura notte. Tu su l’irta e folta
chioma non curi lo scorrente flutto
né del vento il romor, giacendo involto
in clamide purpurea il viso bello.
Ah, se l’affanno mio ti desse affanno,
15cortese tenderesti a’ miei lamenti
l’orecchie. Dormi, io te n’esorto, o figlio,
e dorma il mar, dorma l’angoscia immensa.
E tu deludi i rei consigli, o padre
Giove, e se i detti miei son troppo audaci,
20prego, in grazia del figlio, a me perdona».
Annotazione sopra il fragmento di Simonide [27]
Da questo fragmento si vede che Simonide meritava il titolo di poeta patetico come s’accenna nel greco epigramma1 ove si spiegano i caratteri de’ poeti. Nulla v’è di più tenero che i lamenti di Danae che parla al figliuolo che dorme. Qual contrasto non fanno l’oscurità del cielo, la tempesta del mare, la culla del fanciullo ed i lamenti della madre. Questo fragmento accresce il dolore della perdita del resto.
Intanto voi in esso, nelle poche odi di Anacreonte ed in quella di Saffo avete i caratteri piú dolci della poesia de’ Greci e certamente nel genere loro non men ammirabili che le loro statue.
- ↑ [A. P. VI, 1.]