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GAZZETTA MUSICALE | ||
N. 18 |
DOMENICA |
DI MILANO |
J. J. Rousseau.
LA MUSICA SACRA IN ITALIA
Lettera quarta del signor Fétis intorno alla musica in Italia; al Direttore della Gazette musicale di Parigi.
Riproduciamo quest'altra lettera del signor Fétis onde i lettori nostri abbiano novello argomento di farsi ragione del modo col quale l'illustre professore di Brusselles viene giudicando dello stato dell’arte presso di noi. Senza farsi carico di scendere per ora a parziali confutazioni, dobbiamo però avvertire che in mezzo a dive/se esagerazioni ed errori vi si trovano sparse alquante amare verità che pur troppo non denno essere dissimulate da chi vorrebbe vedere restituito tra noi aldantico splendore un importante ramo della musica al presente in Italia si negletto o peggio. Il modo molto severo col quale il signor Fétis osserva le nostre cose musicali potrà per avventura essere scusato da chi rifletta che forse più che da altro è a lui consigliato dal grande suo zelo d’artista; ma certamente questo suo zelo sarebbe d’assai più lodevole ove non si scompagnasse mai dalla, imparzialità e dall’esattezza. A rimediare in parte a questo male, in proposito almeno di quanto eidice sullo stato delia Musica Sacra in Italia, avremmo potuto. nella guisa stessa che abbiamo fatto altra volta, apporre alla sua lettera diverse note destinate a rettificare i suoi errori. Ma ci parve più opportuno lasciar libero il campo a più abili di noi e meglio informati delle particolarità del soggetto di cui si tratta. Invitiamo quindi quanti eruditi musicali italiani si trovano interessati per proprio special conto a porsi in discussione col detto signor Fétis perchè ci vogliano trasmettere tutte quelle osservazioni ch’essi brameranno vedere pubblicate all uopo di ribattere le meno giuste assertive contetenute nella lettera che qui si produce. A ciò poi ci induciamo tanto meglio in quanto che siam persuasi che nessuno potrà difèndere V onore della, musica sacra italiana più validamente di coloio medesimi che hanno maggiore e più diretto interesse a sostenerlo. Per conto nostro ne pare di far abbastanza col dichiararci pronti a dar posto in questi fogli ad ogni scritto dettato a tale, scopo. Se. il signor Fétis ha torto di dir tanto male delle condizioni in cui trovasi la musica in Italia, chi ha maggior obbligo e può meglio ribattere le sue accuse di coloro a danno de’quali vanno a. cadere le accuse stesse? - E ormai tempo che i nostri signori maestri si risolvano ad adoperare la penna, non solo a stendere, partiture e a far del contrappunto, ma ben anche a formulare i loro pensieri, ad espon e le loro teorie, a divolgare le loro dottrine, od almeno a combattere pel loro onore quando sembra ad essi che gli stranieri non lo rispettino. Alcuni esempi! di simi/ genere di studii, poco rnen che nuovi nel mondo musicale italiano.furono dati da: diversi collaboratori di questa Gazzetta. Bramiamo che tali esempii sieno imitati da quanti dotti pratici musicali non si accontentano della sola gloria di più o meno felici scrittori di crome. L’Estens. Brusselles. 31 Gennaio 1842. o mi era proposto d’intrattenere in prima i Nostri lettori “con tutto ciò che riguarda ri^l’attual condizione della musica drammatica in Italia, e poscia ragionare dei cantanti, delle orchestre, dei cori di teatro, della esecuzione cioè delle Opere, dopo aver fatto una rivista ai compositori; ma, riflettendoci sopra con la mente, io credo che sia meglio di compiere ciò che riguarda i maestri parlando delle loro composizioni da chiesa. Io ho sovente studiando considerato la direzione che è stata data alla musica religiosa dappoiché si abbandonò il canto fermo, per seguire il canto figurato e moderno. Io dico che allora la musica di chiesa perdette il suo profondo carattere, e lo spirito (li preghiera, ed invece assunse accenti passionati e drammatici. La prosa della messa de’ morti, lo Stabat Mater, il De profundis, le stesse parti della messa da vivi divennero tanti drammi in ragione della natura più o meno favorevole delle parole. In prima gli effetti drammatici furono dolci, e piuttosto teneri ed espressivi che passionati; ma a poco a poco s’incominciarono a tentare gli effetti più forti, e una maggior potenza di suoni, onde questo costante progredimento ha portato gli eccessi di mettere in ullicio trombe e tromboni, che alle composizioni di musica religiosa danno sembianza più di baccanali, di grida forsennate, e di accenti di disperazione, che del raccoglimento de’ divoti cristiani riuniti a pregare (ri. (1) Da queste parole pare che il signor Fétis voglia condannare l’uso del completo apparecchio strumentale nella musica ecclesiastica. Noi non sapremmo per (inai Gli italiani assai meno che i tedeschi e i francesi sono trascorsi in quest’abuso, e mentre che le loro Opere sono divenute così romorose, essi nelle loro musiche di chiesa hanno conservato un poco della linfa inorpellata della fine del secolo decimotlavo. Si può piuttosto far loro rimprovero di un certo brio triviale nella loro musica di chiesa, di quello che di uno sforzo di esagerata espressione, specialmente nello stile concertato. La più parte de’ compositori, massimamente della scuola di Napoli, hanno seguito quasi fino a questo momento (2) le forme tracciate da Zingarelli. Quando giunsi a Milano io sperava di sentire eseguire al Duomo quell antica musica a quattro voci senza organo e senza orchestra che era stata composta per questa chiesa da parecchi maestri 111 principio del secolo decimosesto, e che si cantava ancora sotto la direzione di Fioroni nel 1770, quando Burney visitò questa città; ma io non intesi che il solo canto fermo. Questo canto non era per me senza importanza, perché io sperava di rinvenirvi qualche sensibile tradizione della liturgia musicale di Sant’Ambrogio: però non lui più fortunato in questo di quello che io mi fossi 3uanto alla musica a quattro voci. Le traizioni che io sperava rinvenire si sono di guisa cancellale e smarrite che gli stessi libri del coro non ne conservano più vestigio, nè potei trovare alcuno che sapesse darmi contezza dell’antico canto ecclesiastico, nè della musica di canto figurato che si eseguiva una volta al Duomo. La musica di chiesa con orchestra ò bandita dal culto divino a Milano. Una volta i soli conventi avevano il privilegio di farne eseguire, ma non mi fu detto che quel privilegio ancora durasse. U11 fatto curioso mi ha colpito in una chiesa situata lungo il Corso. Io me n1 andava al Conservatorio per assistere ad una ripetizione, ed era 11 giorno che io dovea partirmi di Milano per andare a Venezia, quando passando davanti questa chiesa sentii accordare un pianoforte. Ua facciata era addobbata di nero, e si vedevano le cose diposte per un funerale. Domandai che ci avea che fare il pianoforte in questa trista cirimonia, e con mia grande sorpresa mi fu detto che si era ottenuto il permesso di far cantare qualche pezzo alle esequie di un artista; che delle parole latine erano state adattate sopra delle arie ragione l’arte non abbia da impiegare tutti i suoi mezzi a lodare il Creatore; né la Scrittura cessa di eccitare le laudi musicali del Signore in cliorilis et organa, in psaltherio et cithara, et in cymbalis bene sonantibus. (2) Questa lettera fu scritta prima clic fosse fatto di pubblica ragione Io Stabat di Ilossini. di Bellini e di Donizetti, e che, in difetto dell'orchestra, il pianoforte doveva accompagnare i cantori. Quando io usciva di chiesa vidi che si recava un'arpa, il cui suono dovea certo accoppiarsi a quello del pianoforte. Spiacquemi non poter ascoltare questa nuova musica religiosa.
A Bergamo ove io mi era fermato per vedere il rispettabile Mayer, io sperava di sentire musica ecclesiastica, perchè mi era noto ch’egli aveva composto molte messe, e salmi per Santa Maria Maggiore 5 ma egli mi disse che il suo impiego di maestro di cappella non l’occupava che un sol giorno dell anno, cioè il giorno della festa della Madonna a1 quindici d’Agosto. Intesi dappoi che la cosa non era altrimenti nella maggior parte delle chiese della Lombardia, della Toscana e persino a Roma. Il deperimento delle risorse delle chiese ne ha fatto scomparire non pure il musical rito cotidiano, ma quello altresì delle domeniche e delle feste. Solamente due o tre giorni dell’anno si possono sentire gli avanzi di quella musica della quale una volta si faceva un uso il più smoderato. A Padova pure nella celebre chiesa di Sant’Antonio vi è perpetuo silenzio, quantunque vi sia un maestro di cappella e quattro organi nel coro. A Venezia, il signor Perrotti mi disse che l’officio suo di maestro di cappella di San Marco non l’occupava che soli due giorni deiranno; allora vi ha musica solenne, e in una di queste due ricorrenze si canta una messa di Requiem. Il signor Perrotti molte ne ha scritte, ma per istimoli che io m’adoperassi non gli consentì la sua modestia di farmene vedere alcuna (1). A Bologna, le occasioni di potere ascoltare musica di chiesa sono un poco più frequenti che nella Lombardia, e 1 Accademia de’ Filarmonici ha un gran numero di compositori di musica sacra, fra i quali mi si citarono i nomi de’ signori Berlocchi, Bianchi, Sampieri, Serafini, Zagnoni, Monari, Tabellini, Gaspari, Vanduzzi, Sarti, Roncagli, Fabbri, Manetti, Palmerini, ecc. ecc. (2) - Non ne conosco un solo...! • Io non so qual fatalità mi perseguitasse, ma ad onta di questa farraggine di compositori, non vi Fu alcuna chiesa ove si facesse musica, durante gli otto giorni che io passai a Bologna. Rossini, col quale io mi lamentava di questo contrattempo, non sapeva rispondermi che queste due parole accompagnate dal suo scaltro sorriso: Felice mortale! Il mio rispetto verso un’accademia filarmonica non m’ha lasciato comprendere qual senso egli desse a queste parole. (Sarà continuato). (1) In proposito del sig. Perotti siamo autorizzati ad apporre la seguente nota: «Il sig. Perotti non ebbe giammai ad affermare al sig. Félis che solo due volte all anno si eseguiscono musiche solenni a San Marco, mentre la cosa è ben diversa dappoiché si eseguiscono musiche solenni in tutte le occasioni di Pontificati ed ogni qual volta l’Eccelso Governo interviene a San Marco, come per esempio nell’occasione de’ funerali di Cótte, ne’ giorni onomastico e natalizio di S. M. I. R., nella ricorrenza del Santo titolare della Basilica patrizia, ed in varie altro funzioni straordinarie alle quali il maestro primario è tenuto di intervenire. Il detto sig. Perotti ebbe a dire al sig. Fétis, parlando delle musiche che per obbligo deve comporre, che il suo Capitolato contempla soltanto la Messa per la solennità del Natale, ma aggiunse che altre musiche ei va scrivendo fra l’anno all’oggetto di provvedere la Cappella e rendere il servizio del tempio più decoroso. Quanto all’inchiesta del sig. Fétis di vedere le opere del sig. Perotti, questi rispose che poteva osservarle nejf archivio musicale della Cappella. (2) Quegli che procurò al signor Fétis questa copiosa nota di maestri bolognesi non vi inserì quei tre che più degli altri tutti in quella città si occupano di musica ecclesiastica; vogliam dire i maestri Marchesi, Bortololti, e Busi, del cui merito ora non discuteremo, tua certo asseriremo superiore a quello della maggior parte di quelli dati in nota al signor Fétis. SCHIZZI STORICO MUSICALI. Da Citino (l’Anizza lino a PAi.s sritivv. ARTICOLO PRIMO. Ne’primi mill’anni cicli’Era cristiana, l’arte musicale, malgrado lo regolo del canto ecclesiastico dettate da Sant Ambrogio, malgrado la dottrina dellAbate Remi. malgrado le cure di San Gregorio e di Ottone II, fu un ammasso informe di precetti senza fine, senza costruito. 11 Pontefice Vitelliano aveva ben inviato ed in Inghilterra ecl in Francia professori di musica; Negino aveva bene scritto un trattato de Harmonica institutione;.Duristano aveva ben promosso lo studio del canto a più voci, ma la musica era sempre una povera ecl infantile arte, che anzi arte non si poteva chiamare. In sul volger del secolo decimo s’udì una voce potente escire dal convento eli Pomposa in Toscana. Era la voce di un Benedettino, di Guido d’Arezzo. E nota la prodigiosa influenza che i monaci, e specialmente l’ordine de’Benedettini, esercitarono nel medio evo sull’incivilimento. In que" tempi d’agitazione e d’effervescenza d’avventurose spedizioni, di gigantesche imprese, i monaci, clic per la natura e santità delle loro funzioni, erano jiosti in sfera più quieta di quella in cui si agitavano i re ecl i popoli, si trovavano soli in grado di darsi con perseveranza ed amore alla coltura de’ vai li rami dell’umano sapere. Gli è nel silenzio de’ monasteri, fresche e tranquille oasi gettate qua e là sulla faccia d’un mondo sconvolto e romoreggiante, che alcune menti infaticabili, invitte, frugando nelle ceneri dell’antichità, diseppellirono tanti tesori, e sospingendo l’occhio nell’avvenire scoprirono tante nuove verità. Guido d’Arezzo, dal fondo di un chiostro, produsse un’immensa rivoluzione nella musica, o quasi la creò. Per tutta conoscere la portata della riforma di Guido, uopo sarebbe descrivere a lungo lo stato della musica a lui anteriore. Le lettere poste sulle sillabe erano tutta l’indicazione dell’antica melodia: il ritmo ed il tempo bisognava indovinarli. Fu d’uopo perciò ricorrere a segni più espressivi, e questi si trovarono in due o tre righi che lasciavano ne’ loro spazii il luogo onde esprimere colle lettere l’alzarsi, od abbassarsi della voce. Guido poi sostituì ai cinque tetracordi de’greci, tre esacordi.^ cui pose il nome di proprietà naturale di bemolle e di bequadro, servendosi delle lettere gregoriane per distinguere le iniziali di ciascuna corda. Alla testa di questo nuovo sistema mise la corda chiamata da lui hypoproslambanomenos, designandola colla gamma greca, d’onde la scala musicale venne appellata gamma. Ogni esacordo avendo cosi sette corde egli impiegò le lettere majuscole dell’alfabeto per notare li suoni gravi, le lettere minuscole pe’ suoni medii, e lettere doppie pe’ suoni acuti. Scelse poijie sei sillabe ut. re. mi. fa., sol. la dall’inno di San Gio. Battista, per notare le sei corde diatoniche e servire di guida nel solfeggio, che furono poi chiamate note. A queste applicò le lettere a, b, c. d. e. f, g, in modo che le corde formavano con degli intervalli determinati i cinque toni, ed i due semitoni della gamma diatonica moderna. Ma dietro un tale sistema non v’erano che sei sillabe per distinguere i suoni della gamma, e ne abbisognavano otto per giun- f.ff gere all ottava del tono C. Era d uopo gK* ripetere la sillaba ini. che si mutava in fa IW nel tono F di proprietà del bemolle: onde risultava che nel passaggio d’un esacordo all altro, si facevano varie imitazioni sia ascendendo, che discendendo, cioè che nel canto la stessa corda prendeva or questo or quel nome. Ciò era duro e faticoso a coloro che volevano imparar la musica, e richiedeva necessariamente una riforma. Guido pertanto aggiunse il si alle sei siilai per indicare il settimo grado della gamma, e così fu completa la scala. Questi sono i passi che Guido fece fare all’ar te musicale. Alcuni storici attribuiscono a Guido l’invenzione di varii strumenti. come il cembalo o la spinetta, ma ciò non è ancora ben provato: nelle storie delta cavalleria e delle crociate io credo non si incontri cenno alcuno intorno a stranienti siffatti: lutt’al più. pare che, due o treccili’anni dopo Guido fossero, ma rari, in uso i clavicordi che son ben ultra cosa che il cembalo. Del resto non è ragionevole il supporre che un’invenzione possa star tanto tempo anneghittita e fanciulla come lo sarebbe quella del cembalo, giacché da Guido al Sassone Silbermann. che fu il primo fabbricato!’ di pianoforti, corrono ben più di sei secoli. E. anche popolare l’opinione che Guido d Arezzo sia l’inventore del contrappunto. Questa pure è falsa. Le cantilene di chiesa, che prima di Guido si eseguivano per quar ta e per quinta., acquistarono dopo di lui anche la terza: ecco tutto il contrappunto di Guido. Dopo questo celebre monaco molti scrittori sursero ad allargare le cognizioni musicali. Uno de’ più rinomati fu il frate Franco, anch’esso dell’ordine Benedettino. Franco sonimise il cauto alle regole del ritmo, o della misura, come si vede in un manoscritto della Biblioteca di Brera intitolato: Franconis musica, et cantus mensurabilis. Franco distingue quattro specie di melodie concordanti, delle quali ei fa gli elementi della sua ritmopea, cioè: discantus simplex, prolalus, troncatus, et copulatus. Nel chièder perdono al lettore della stranezza tecnica di queste parolaccie gli domandiamo anche il permesso di risparmiarne la spiegazione: è abbastanza il dire che a queste quattro specie appartengono le consonanze e le dissonanze perfette, o imperfette, o medie, sull uso delle quali Franco propone molle savie regole, aiutando così il progresso del contrappunto, notevole principalmente nell’uso della sesta maggiore o minore fra due ottave. Malgrado i felici tentativi di Franco e di altri più oscuri, l’arte musicale nel secolo duodecimo tornò alla primiera sua nullità. Le invasioni dei barbari portarono onta alla nobile semplicità della musica, afferrandola con selvaggi motivi di più selvaggie canzoni. Nel susseguente secolo un inglese, Walter Rington. scrive un’opera intitolata: De specuìatione nmsicae nella quale vi è il commentario delle dottrine di Franco, e di Guido. Un Marchetti di Padova pubblica un trattato col nome Lucidariurn de arte musicali, ed un altro trattato di cui non ci venne faLto rinvenire il nome, che venne dedicato a Roberto re di f Napoli, che fu uno de’ più zelanti prolet- < tori dell’arte italiana. 0 All’epoca eroica del medio evo, la inu- ì I inaes lodi’! attoi Un s ficamen giovine1 mentre ho me: Signifie 10 aves pure i< capiteli colonn prover dere i lj> jiit: | sica sorrise alle altre arti sorelle nascenti, | al valore, alle glorie, e senza abbandonare, l’antico suo asilo, il tempio, ella visitò i ne5 gri castelli de’ piccoli sovrani ed i campi di battaglia. Fu allora che in Italia ed in Francia sorse uno sciame di trovatori e di menestrelli a celebrare colla voce e con istrumenti o greci o moreschi le grandi gesta e la bellezza. L’ingenua sirventese, la toccante romanza, la leggera ballata, ecco la musica di que" tempi: a traverso la ignoranza de’ rapsodi, e la semplicità quasi goda de’ loro canti, si vede il progresso lento ma innegabile della musica. Mentre in Francia ed in Italia l’arte musicale si univa alla poesia e concorreva così all’avanzamento della civiltà, nasceva in Allemagna una letteratura nazionale e popolare, le cui spontanee ispirazioni erano sposate al prestigio dell’armonia. I poeti-musici alemanni del decimoterzo e decimoquarto secolo appartenevano, come anche i trovatori provenzali, alle più alle classi della società, ciò che dava a quella vita avventuriera e galante la voga della moda: sanzione, come ognun sa, cotanto influente. In Danimarca e Norvegia nacquero gli Scalili, in Irlanda i Baiali, i quali, girando alla ventura, si affratellarono cogli italiani, cogli alemanni e co’francesi formando quasi una famiglia e promovendo il gusto della poesia e della musica. Le canzoni, serenate. fandango, bolero, tonadillas, ecc., furono la gioja di tutte le corti, e la musica destò la simpatia di tutta Europa. Ma con romanze e bolero la musica non poteva crescere ed ampliare i suoi confini. Fu circa il finir del decimoquarto secolo, ed il cominciar del seguente, che comparve il benemerito Giovanni Tintore. T. (Sarà continuato). VARIETÀ. I niaestrt eomjtositori di mugica melodrammatica dovrebbero essere attori. Un sorrisetto, che annunziava stenograficamente il compatimento, spuntava sul giovinetto labbro di un maestro di cappella mentre io sortiva colla proposizione che ho messa per capitello a questo articolo. Significava quel dottissimo sogghigno che io avessi detto una teoretica bestialità:, eppure io crederei di poter appoggiare quel capitello su di un ragionamento fermo come colonna cui serva di base la logica. Mi proverò, e se non ci riesco, seguiti a ridere il maestrino, e ridano i maestroni, ma se vi arrivo, riderò io benignamente del primo, e mi saran grati i secondi. Già da lungo tempo si declama contro la non minor parte de’cantanti teatrali, accusandoli ora di burattinismo, ora di nullità nell’azione} e per verità bisognerebbe non aver buon senso per non ridere del telegrafico loro gesticolare, di quel loro moversi ed atteggiarsi sulla scena che han che fare col senso della poesia cantata e colla situazion drammatica, come il dondolar d’un pendolo col ritmico e leggiadro ballar della Cerrito. Sì, ma il faut ètre de bon compie, la colpa è ella poi tutta e sempre de’ cantanti?... Sono cinque, se mal non m’appongo, le cause di questo difetto che alla maggior parte degli spettacoli melodrammatici toglie tre quarti (buona misura) del possibile effetto: che mette X Opera presso a poco al livello di un’accademia vocale ed islro- 79 mentale; che rende quasi inutili, insignificanti i recitativi, che pur sono la parte eminentemente drammatica dell’Opera in musica. La prima di queste cause è l’ignoranza di declamazione, di mimica, e questa viene o dall’essere il cantante rozzo nello spirilo, e non potè impararle: o dalfessere capitato in un maestro che o non ne sapesse o non sapesse insegnarle} o (quel che più spesso accade nei canori cuterpei) dall’avere una cordiale antipatia allo studio: o finalmente dal voler credere per forza di aver ricevuto dalla benigna mamma natura un genio che non ha bisogno di studio, un genio bizzarro (o matto) che sdegna le pastoje delle regole. de’ precetti. degli altrui suggerimenti: e anche di questi ve ne sono, perchè l’assortimento de’ ridicoli è necessario a formare l’infinita varietà dell’umano quadro. La seconda causa si è il non essere ancora persuasi molti cantanti che l’essere attore sia attributo indispensabile nW’artìsta cantante scenico: basta nell’opinione di questa buona gente il saper trillare, gorgheggiar passaggi, gruppetti, far il portamento, la messa, dì voce, scivolar sulla scala cromatica; basta perfino per taluni di loro (guardate mirabile semplicità artistica!) basta il poter arrampicare su per gli acuti o trombeggiar profondi bassi per essere già artisti bell’e fatti, senza che abbisogni seccarsi collo studio dell’espressione, di tutto ciò che costituisce la musica un’arte imitativa.} e figuratevi poi se vogliono studiare il come movere le braccia, come atteggiar la persona! è anche troppo se si pensa ad alzar le mani piuttosto che abbassarle nel cantar e oli stelle.! Eppure, miei cari, vi dovrebbe servire di forte stimolo allo studiare con ogni impegno Tazione il pensare che il cantante attore dura negli applausi e nei sonori quartali. anche dopo qualche crisi nella voce, ma al contrario il semplice cantante, è costretto a chiuder bottega appena diventi smunto o s’abbassi lo cisolfautte. La terza causa si è la difficoltà della mimica melodrammatica, difficoltà assai maggiore che non quella della drammatica.parlata. É cosa, a dir vero, un pocheltin ridicola che alcuni maestri di declamazione non pensino a questa essenzialissima differenza quando insegnano ai novelli cantanti. Eppure, dopo averli ammaestrati nella declamazione mimica-parlata, non sarebbero ancora che a metà strada. - Volere o no, bisogna ammettere per la declamazione cantata la sinonimia de’gesti per tutte quelle formé di frasi musiche che non saranno Recitativi, parlanti, le quali, o prolungando la durata delle parziali espressioni. o ripetendole sulle stesse parole, vogliono quelle possibili variazioni, quelle gradazioni di mimica che sono compatibili col non cadere nel contrassenso o nell insignificante e ridicolo gesticolare de’ cantanti de ea. i quali col più bel ripiego del mondo sorpassano l’ostacolo di quella difficoltà. Nulla di fatti di più facile, di più comodo dello ripetere gli stessi gesti quante volte sono replicate le parole, come fanno le coristiche macchine, o cambiar gesti come viene, basta che le braccia si movano} e ciò che è ancor più spiccio espediente, dello stare immobili e cantare come canta messer clarinetto o messer fagotto. La quarta causa si è il non iscarso.numero di applauditoci orecchianti, di quelli, m’intendo, che, a dovizia forniti di organi uditorj, ma poverini di anima, e privi di tatto drammatico, poco si curano di azione: poco importa loro di sentire la poesia cantata. e, contenti di poter dilettare l’organo in loro predominante, vanno in brodo al sentire un trillo, una volata, una cadenza fiorettata a casaccio, e quindi si sbracciano ad applaudire, sicché que’ cantanti, inehbriali da questi omaggi, si ridono poi della critica che con amore li esorta a studiare e non pensano che gli applausi presto passano ma la loro arte scapita e li abbandona. La quinta causa ( e qui la colpa non è de’cantanti, ascende assai più in su) è colpa de’ signori maestri compositori che non sono attori. - Io opinerei che non possa ottenersi vai Opera perfetta, un dramma in musica capace di tutto il possibile, effetto se non da un maestro che fosse e poeta e verseggiatore; ma transeat questo, perchè, alla fin de’ conti, se il maestro non è poeta può avere educato lo spirito ( e questo poi è indispensabile ) a segno di sapersi immedesimare nella poesia altrui, di penetrarne ben addentro il tipo, il carattere generale, riconoscerne i rapporti varj cogli episodj, comprendere i caratteri distintivi de’ singoli personaggi, rilevarne i contrasti, conoscere intimamente il senso fondamentale de’periodi, onde distinguerlo dai sensi accidentali degli incisi o delle parole isolate; insomma il maestro non poeta ma studioso, ma colto, può anatomizzare la poesia che deve infiorare, rinforzare, immedesimare colla musica. Sì... ma ciò non basta, e ripeto essere necessario che il maestro sia attore, od abbia almeno la forza di fantasia necessaria per sapersi trasportare ne’panni di coloro che devono cantare i melodrammi da lui musicati; ed immaginarsi gli atteggiamenti, i moti, i gesti, la mimica insomma colla quale gli attori cantanti dovrebbero eseguire l’Opera, onde il complesso dell’azione non venga defraudato del possibile effetto scenico, della sua forza nell illudere, nel commovere, e l’Opera in musica 11011 si converta in un concerto vocale ed istcoment ale cui la poesia 11011 abbia servito che per darle un nome, e per dividerla in atti, scene, arie, duetti e via discorrendo. - Crederei non doversi dubitare che tutto nell’Opera, debba concorrere a dar moto, energia, espressione, forza imitativa, calore al soggetto espresso dal dramma; che a questo scopo debbano concorrere colle peculiari loro forze la melodia, l’armonia e l’espressione mimica; che sono questi i tre principali elementi che il maestro deve avere incessantemente presenti alla fantasia nel comporre; che anzi potrà bensì per alcuni intervalli lasciare o l’armonia o la melodia, e perfino e l’una e l’altra, ma giammai, nemmeno un istante, deve perdere di mira la mimica, la così detta azione, essendo questa la parte veramente essenziale della rappresentazione, la parte che anche sola, isolata, può presentare un alibozzo di azione rappresentativa: ciò che non saprebbe fare la melodia da sola, peggio poi l’armonia. - Vuole 1 uso 1 introduzione alla cavatina, l’orchestra deve anticiparne qualche cosa; l’attore è già in scena, anzi avrà cantato un recitativo; ma... avete pensato, o signor maestro, qual scena muta potrà eseguire l’artista onde Xazione drammatica seguiti il corso?.... E.cantato Vandante. prima che si canti Vallegro, vuole la consuetudine (non diciamo ora se ridicola o no ) ciré l’orchestra ne presenti il motivo, ma intanto che farà l’attore?... Riposerà... Sì, ma intanto che riposa, s’inter rompe, sonnecchia l’insieme musico-drammatico e Teglia indispettito il buon senso, brontolando contro il maestro che ha strapazzata, o per lo meno dimenticata l’estetica. E ben vero che i cantanti non attori ri rimediano con un comodissimo espediente; i più discreti se ne sten cheti, o van tacendo una passeggiatola di ripiego verso il fondo, aspettando 1 immancahil corona ( e ciò taluni modestamente chiamano possesso di scena.Ili); gli sfacciati poi sbirciano ne’palchi, sorridono con Tizio e Sempronia mancando con buona dose,l’impudenza al rispetto dovuto al pubblico; ma i cantatili attori, i veri artisti, devono trovarsi in disappunto; devono sentirsi a raffreddar 1 anima tutte volte che i tratti puramente istromentali non furono calcolati dal maestro ne’ loro rapporti col seguito dell’azione; questo è immancabile, e mi piacerebbe che i cantanti dotati di anima artistica, educati in tutti i rami dell’arte, quando si trovano alle prove di un’Opera nuova e s’imbattono in que’ tali tratti. dicessero al signor maestro seduto al cembalo: - Faccia un po’ la gentilezza di ascendere un momento il palco ed insegnarmi la scena inula, che dovrei fare durante questo passo, questo ritornello, affinchè l’azione drammatica non faccia plinto, non s’interrompa e s’illanguidisca, e muoja l’illusione. Scommetto che assai volte il signor maestro si troverebbe nel bruito imbroglio. Ma senza aspettare le prove sceniche, prendiamo in mano le partiture teatrali, ed anche non poche de distinti maestri, e vedremo ben soventi aver essi pensato alternativamente alle chiavi degli oboe, al manico de’ violini, alle gole vocalizzanti, ina aver soventi dimenticato l’anima e le braccia del cantante attore, l’andamento e la catena degli accidenti drammatici. Non è a dirsi quanto i tratti puramente istruiiientali interpolati, non solo Ira le usate principali divisioni dell Opera, ma anche fra i periodi vocali, possano giovare a moltiplicare, per così esprimermi, l’effetto drammatico, a dar anima, vigore, forza di commozione a certe situazioni sceniche, a render anzi in alcune combinazioni più regolare e vera la marcia dell’azione; sì, è verissimo, ma questo giovamento, questa efficace influenza devon essere calcolati colla scena muta degli attori, e perchè il prodotto ili questo calcolo non sia uno zero o peggio, bisogna, lo ripeterò, finché non venga dimostrala erronea la mia asserzione, bisogna che i maestri compositori sappiano trasportarsi coll immaginazione sulle tavole sceniche, bisogna che siano attori. Ma, fate bel chiacchierare voi, (sento a dirmi da taluno) per essere attori bisognerebbe Bisognerebbe studiare. Nicolò Eustachio Cattaneo. CARTEGGIO. Stimatissimo sig. Ricordi Devo supporre che sia incorso uno sbaglio d’interpretazione nella lettera del sig Alighieri inserita nel N. 16 della Gazzetta Musicale a lei indirizzata,’mentre dalle espressioni che la precedono, si vorrebbe iusinuare che la detta lettera «fa certi gli estensori della Gazzetta Musicale che finalmente il maestro Gambale si propone di discendere in campo niente meno che con una serie di articoli, i (piali proveranno anche ai più renitenti la validità e l’eccellenza del suo nuovo metodo di notazione musicale. Io non ho mai fatto una tale promessa, nè la lettera del sig. Alighieri parla di ciò; quindi mi protesto altamente contro il senso che ne vollero dedurre gli estensori della Gazzetta Musicale, ed invece dichiaro solennemente una volta per tutte che non intendo di aggiungete altre risposte a quelle che ho già date colla stampa, e che non risponderò più oltre nè alle passate, nè alle presenti, nè alle future obbiezioni, perchè voglio prolittare dell’avvertimento che mi dà la Gazzetta Musicale «che in simili quistioni le parole valgono luti’al più la sola metà delle prove di fatto,, massima che per venire ridotta alla sua maggiore c vera esattezza dovrebbe così esprimersi: Nelle quistioni di fatto nulla valgono le parole con chi si ostina a negarlo. Convinto quindi deU ecccllenza incontrastabile dei fatti piovati e riconosciuti, e nulla iidamio nella sonora ma vuota verbosità, propongo ai signori Estensori della Gazzetta Musicale di distruggere la sussistenza e l’efficacia dei seguenti pubblici documenti. 1.° 1 tre giudizii successivi della Gazzetta Musicale di Lipsia a favore delia mia Riforma, la quale per autorità vale almeno almeno quanto quella di Milano; 2.° Gli sperimenti fatti in diverse fogge in varie illustri case (ii Milano, menzionate nei giornali, che certo sono incontrastabili, dai quali risultò sempre chela mia notazione sostituisce integralmente quella di Guido; 3.° 11 presente attcstato di Thalbòrg «Essendo stato richiesto dal sig. Emanuele Gambale di esaminare la sua Riforma Musicale, ho senza indugio accettato il suo invito, mi sono posto a studiarla con lui per veder se essa regge a tutte le applicazioni pratiche, c ho dovuto convincermi che la detta Riforma è un’invenzione eoinmendcYolissima sotto ogni rispetto, perchè semplifica ed agevola in modo eccellente V esercizio dell’arte; stabilendo altresì le regole delia cognizione e dell’insegnamento musicale sopra basi migliori, cioè meglio ragionate e di una esattezza sorprendente. E con questa dichiarazione intendo di notificare che la mia convinzione sul merito e sulla verità della Riforma Musicale è intera, c che il signor Emmanuele Gambale ha reso con questa invenzione un segnalato servizio all’arte ed alia società, e che egli è meritevole d’ogni distinta ricompensa e del più valido incoraggiamento». 4-.° E finalmente la composizione musicale dello stesso sig. Thalberg scritta e donata all’autore della Riforma in prova della sua maggiore convinzione, e così intitolata: Romance variée pour le piano expressement composée par Sigismondo Thalberg poitr dire pubblxée àvec Ics nouveaux signes de la Ré forme Musicale d’Emanuel Gambale, et par celui-ci dédié à mons. le conte Gustave Neipperg. La Gazzetta Musicale, che vuol essere creduta così zelante delle obbiezioni patrie, e che teme giustamente non venga accettata la Riforma musicale da me proposta, come quella che potrebbe essere erronea in alcune parti e manchevole alle sue promesse, dimostri coll’evidenza di fatto che un Thalberg, un Lichtenthal, un Mayr, un Hàsser, un Fink, un Hermann, ecc., ecc., hanno errato da capo a fondo, e che i signori Geremia Vitali, Luigi Rossi e Picchi sono i veri, gl’infallibili dimostratori delle falsità della medesima, quantunque la costoro celebrità non sia ancora a livello di quella a cui sono saliti i primi. Quando adunque la Gazzetta Musicale sarà riuscita ad atterrare queste valide testimonianze, distruggendo i fatti e le asserzioni summezionate, io mi darò per vinto, cederò la palma dell’onore alla Gazzella Musicale e dirò in faccia al mondo intero: Mi sono ingannato. Ho l’onore frattanto di dichiararmi di lei signore 21 aprile 1842 Devolis». servitore Emmanuiìlh Gambale. RISPOSTA. A questa lettera del signor Emanuele Gambute, rispondiamo con poche parole onde non annoiare più a lungo i nostri lettori intrattenendoli di un argomento che, al modo col quale ne è presentalo, offre poch issimo interesse. — Al pari di chicchessia avremmo bramalo veder sorgere trionfante da’ tanti suoi contraddittori la Riforma Gambale, ma dobbiamo confessare, non senza dispiacere, che le nostre speranze svanirono le une dopo le altre e questo diciamo anche a nome di ogni c singolo nostro collaboratore. I fatti dei quali il sig. Gambale si avvalora non soìio della natura di quelli che egli avrebbe dovuto potere e sapere addurre a puntello del nascente suo edifizio. La semplice attestazione di Thalberg ha forza niente più che come una semplice opinione individuale; dicasi lo stesso degli altri illustri tedeschi citati dal sig. Gambale. All’incontro il sig. Vitali, il maestro Rossi, e il maestro Ficchi, apertamente contrarii alla Riforma, Vhanno combattuta con dotte e diligenti osservazioni scientifiche e tecniche, e ne posero in chiaro i normali difetti e addimostrarono l’erroneità dei principii sui quali è basato il nuovo metodo di segnatura musicale. Lo ripetiamo per l’ultima volta: finché il signor Gambale non avrà saputo ribattere le gravissime critiche di questi suoi oppositori. con buone e sode ragioni, noi non sapremo indurci a credere vittoriosa la sua causa. Per adesso siamo costretti a limitarci al desiderio che il sig. Gambale, per distruggere le tante obbiezioni già mosse alla Riforma, e prevenire le molle che rimangono a farsi, solleciti al più ■possibile la pubblicazione del grande Trattato Armonico già da tanto tempo promesso, ma non mai dato alla luce. NOTIZIE VARIE. Firenze, 22 aprile 1842. — I funerali del grande artista Luigi Cherubini sono stati in questa mattina celebrati con gran pompa nella chiesa di San Gaetano. II concorso del popolo e del ceto più distinto, tanto nazionale che estero, vi è stato immenso. L’I. eli. Collegio musicale fiorentino si è quivi riunito, e da due in trecento individui componenti il medesimo è stata eseguita la seconda messa per voci d’uomini. ultima composizione dell uomo sommo che pei suoi rari talenti tanto meritossi dalla patria, che sempre lo ebbe in venerazione, benché da lei si vivesse lontano, il signor Ferdinando Ceccherini, maestro di turno, ne diresse con somma intelligenza la esecuzione, che riesci animata c piuttosto felice, non ostante una sola precedente prova. Ebbero tutù ad ammirare le somme bellezze di questo componimento, frutto di un profondo sapere nell’arte, e di fen inissima immaginazione, che nel suo autore manlcneasi per estraordinario ancora feconda nella sua età di circa 77 anni in cui trovavasi allorquando lo produsse. Le forti emozioni provate nell’audizione di concetti musicali così nuovi, così sublimi, così esprimenti, più dispiacevole ci rende la perdita dell’artista sommo, che per quanto si sappia non lascia superstiti di egual valore in tal genere di composizioni. Parigi. — Nuove pubblicazioni sotto il titolo: Della composizione Vocale e istfomentale, o descrizione dettagliata delle regole, delle forme, della divisione e del carattere di ogni sorta di composizione musicale, accompagnata di annotazioni istoriche e critiche. Giorgio R asi nei-, che in questi ultimi tempi ha più che mai contribuito ad arricchire la letteratura musicale francese, quanto prima pubblicherà un nuovo lavoro a cui l’accademia delle Belle Arti, dopo un diligente esame, ha accordato la sua approvazione. Questo trattato non potrà a meno di ottenere un successo uguale a quelli sull’istromentuzione; dell’armonia applicala al pianoforte, e del contrappunto e della fuga, non che alla Grammatica musicale; opere, tutte di Kastncr, le quali si meritarono il volo dell’Istituto reale di Francia, c degli studiosi della bell’arte. — La vedova Launer continua a cattivarsi la riconoscenza degli amatori ed intelligenti di musica pel grande numero di opere classiche da essa edite colla maggior accuratezza ed a prezzi i più moderati. Noi citeremo fra le più recenti sue pubblicazioni: la Collezione completa de’Salmi di Marcello con parole italiane e francesi, coll’aggiunta dell’accompagnamento per pianoforte del chiarissimo Mircck riveduta da Cherubini e divisa in dodici libri, la quale non costa che 95 franchi; i migliori Oralorj di Beethoven, Haydn, Mozart e Rossini; le Partiture per pianoforte e canto in-S di varie fra le più rinomate opere-teatrali di Gluck, Mozart, Sacchini, Mehui, Gretry, Paisicllo, Cimnrosa, Rossini, Bellini, ecc, a soli sette od otto franchi per ciascuna; ed i Pezzi per clavicembalo di Cooperili. — Concerto di Thalberg - Il celebre pianista al primo suo concerto al teatro Italiano eseguì la Fantasia sul Don Giovanni, [ter intreccio, condotta c sfoggio di arpeggi degna sorella dell’altra sul Mnsè; un andante a melodie nobili e tranquille, che tanto bene caratterizzano il chiaro c seducente modo di cantare dell’autore e di cui egli solo possiede il segreto; uno studio, specie di bolero, in cui voi sentite l’allegro canto del mulattiere accompagnato dallo scudiscio della frusta e dalle nacchere, ed indipendentemente da un tale effetto, se volete, iperbolico, trovate in questo studio un eccellente esercizio meccanico delie istesse note ripercosse. Thalberg replicò quel delizioso pezzo, e poi suonò la nuova sua fantasia sulla Sonnambula, la quale eccitò nella saia trasporli d’entusiasmo. In fine gli spettatori in massa, per protrarre più a lungo il loro diletto, domandarono all’europeo pianista l’europea fantasia sul Mosè, di cui il compiacente suonatore eseguì la seconda e la più eletta parte. - iNell’istesso teatro la sera del 21 aprile Thalberg diede il secondo concerto nel quale mirabilmente interpretò il finale della Lucia, la fantasia sulla Semiramide e il Gran duetto sulla Norma in compagnia del festeggiato pianista Frudent, pezzi da lui non mai fatti sentire a Parigi. Alcuni di que’ giornalisti asseriscono che Thalberg abbia torto, tranne qualche studio o notturno, di non suonare c di non pubblicare che fantasie sopra arie favorite, invece di dotare la scuola del pianoforte di composizioni di un ordine elevato, e di far sentire i capolavori de’ celebri autori, e con ciò di variare un poco la natura de’ suoi effetti. Offknbach sul Reno. — L’arte musicale in Germania deplora la perdita di un uomo che era nell’istesso tempo compositore fecondo, sapiente contrappuntista e teorico, abile professore, critico zelante ed imparziale, e finalmente uno de’principali editori di musica: Giovanni Antonio André, maestro di cappella di S. A. il GranDuca di Assia Darmstadt, morì il giorno sci aprile nell’età di scssantasetle anni. Lasciò una biblioteca musicale che contiene circa 13,000 opere stampate e 3,000 manoscritti, fra cui moltissimi di Mozart, da lui acquistati dalla vedova di quell’immortale compositore. Spohr, Schncider, Lachener, ecc., furono allievi dell’André. Vienna. — Il 12 aprile nella gran sala del Ridotto diedesi un magnifico trattenimento musicale a favore dei poveri ciechi. Vi brillarono nel canto le signore Tadolini e Brambilla ed i signori Donzelli, Castellali, Rovere e Badiali, e questi ultimi dovettero replicare il terzetto àeVItaliana in Algeri, musica graziosa, la quale sopravviverà lungo tempo a Rossini che la creò. La parte istromentalc era affidata ai signori Dòhler, Bricciardi, Scrvais e Bazzini. Dòhler fu obbligato a ripetere il suo studio del trillo. e dal violoncellista Servais si volle udire la Romanesca. Peccato che la scelta delle composizioni de’tre ultimi concertisti non fosse troppo felice. Si eseguirono inoltre la conosciuta sinfonia della Semiramide di Calci e quella dell’ispicuro di Cherubini, lavoro classico, il quale porta l’impronta della tendenza del carattere di Cherubini ad una certa qual alta bizzarria che influì ben anco sullo stile di Beethoven, il quale fece un particolare studio sulle opere del grande compositore italiano da lui immensamente stimato. EDITORE-PROPRIETARIO. EBalir I. B. §£»Us2S55BHeEaà© I®B*ivSS^igia4o Calffcgi’tif;», Copisteria © ’l’sjjograSla ifSssgseaie «là G54»VAIH¥I 1SIC©K5>I. Contrada degli Ommoni N. Ì720.