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DI MILANO |
J. J. Rousseau.
SCHIZZI BIOGRAFICI.
UIOVAAXI PAISIELLO.
SjigPip-SWPaisiello può essere vantalo a
§0 Ygbuon dritto quale una delle più
glorie della scuola
&^^*ff?rt^japoletana,di quella scuola che
diede al mondo musicale i più
squisiti modelli di stile e di composizione
melodrammatica. Dalla metà del secolo XV1L
fino al IG80 la musica teatrale era rimasta
pressoché stazionaria. Dopo gli arditi tentativi
di Peri e del Caccini, dopo le belle e ingegnose
innovazioni armoniche di Claudio
Slònteverde, nessun progresso distinto erasi
notato nell’Opera in musica, la quale offrivasi
ancora sotto le imperfette e sconnesse
forme di uno spettacolo non degno di assumere
nel campo dell’arte quel primato che
altissime intelligenze doveanle procacciare.
Alessandro Scarlatti, napoletano, allievo
del Carissimi, l’inventore del recitativo, recava
a miglior perfezione le qualità di stile
moderno onde son distinte le composizioni
del suo maestro; fu egli veramente il primo
che impresse alla musica drammatica il carattere
di vigore passionato del quale era
essa ancora quasi al tutto priva.
Mercè il grande impulso da lui dato la
scuola di Napoli si collocò a capo di tutte
le altre, tanto che al principiare del secolo
decimottavo ella poteva vantare i più celebri
tra i compositori di Opere. Leonardo
Leo, Francesco Durante e Porpora,
illustri allievi dello Scarlatti, si alzarono
ben presto a onori principali di questa
scuola, dalla quale uscirono successivamente
uomini dell’alta portata che furono Pertrolese,
Caffaro, Jomelli, Piccini, Sacchini,
Trajetta, Majo, e que’ due insigni che l’Italia
considerò per lunga pezza quali sommi
maestri del più puro hello musicale, vogliam
dire Cimarosa e l’autore della Nina.
Per occuparci ora in ispeciale maniera di
quest’ultimo, verremo qui esponendo in
succinto la narrazione eie’ fatti principali
della sua vita, deducendola dagli scritti che
ne parvero meglio dettati intorno a questo
tema, e servendoci,più che d’altro, della
elaborata biografia che intorno a Paisiello
troviamo dettata nella grande opera del
signor Fétis.
Giovanni Paisiello nacque in Taranto
il 9 maggio ’17-41. 11 padre di lui, veterinario
di professione, destinandolo agli
studii legali, lo collocava nel collegio dei
Gesuiti, che allora era in molta voga nella
medesima sua città nativa. Il cavaliere
Guarducc! maestro di cappella nella Chiesa
de’Cappuccini, colpito, durante il canto
degli uIlici, dalla bellezza della voce del
giovinetto Paisiello, e dalla finezza del suo
orecchio, gli diè a cantare a memoria alcuni
solo nelle sue composizioni, e rimase
a tal punto soddisfatto della fina sua intelligenza
che non potè a meno di consigliare
vivamente i genitori di lui a mandarlo a
Napoli a studiar musica sotto qualche accreditato
maestro. Vinta, dopo non lievi
contrasti, la ritrosia del padre, cui sarebbe
piaciuto fare del suo Giovanni meglio un
legulejo che non un masticatore di crome,
(solo avvenire che per allora si allacciasse
alla modesta sua previsione) fu condotto
il giovine collegiale a Napoli ove gli venne
ottenuto un posto tra gli allievi del Conservatorio
di Sant’Onofrio, a quel tempo diretto
dal celebre Durante. Questo dotto
maestro, il qual toccava ormai al fine della sua
gloriosa carriera, e nel disimpegno de’ suoi
uflicii poneva pur sempre uno zelo illuminato
e una coscienziosa rettitudine, seppe
scorgere d’un tratto la felice organizzazione
del novello suo discepolo.
Dopo soli cinque anni di studio, di tanto
progredì Paisiello in questo che fu credulo
atto ad assumere gli uffici di primo ripetitore
fra gli allievi. Nel corso degli altri quattro anni
ch’ei rimase nel Conservatorio compose delle
messe, de’salmi, dei mottetti, degli pratorii,
e per solennizzare d fine de’suoi studii,
nel 17G3 compose un intermezzo che fu eseguito
da’suoi medesimi colleglli sul piccolo
teatro del Conservatorio stesso. Il vezzo melodico
e il fino disegno di questo primo saggio
melodrammatico procacciarono al giovinetto
suo autore non poca lode nel mondo musicale
italiano di quel tempo. Cotali pregi,
che furono poi sempre principali nelle composizioni
di Paisiello, gli ottennero di essere
chiamato a Bologna per iscrivervi due
Opere buffe al Teatro Marsigli, la Pupilla
e II Mondo a rovescio. Al dire del signor
conte Folchino Schizzi, al quale siamo
debitori di una molto elaborata dissertazione
biografica intorno al celebre compositore,
tre e non due sole furono le Opere
ch’egli ebbe a produrre a Bologna nel 17(>3,
e la terza intitolavasi i Francesi brillanti.
Il clamoroso esito di questi primi saggi
vantaggiarono di tanto la riputazione dell’esordiente
maestro, che perla intera penisola
in breve momento si estese il suo nome.
Modena, Parma, Venezia furono le prime
città, dopo Bologna, che a sè lo chiamarono.
La gloria sua, che sempre facevasi
maggiore ad ogni prova, gli ottenne di essere
chiamato a Roma che a quei tempi,
arbitra della rinomanza de’ musicanti italiani,
vi poneva il suggello, e tal fiata anche
la offuscava colla severità o col capriccio
de’ suoi giudizi!. Paisiello non fu
punto sgomentato del pericoloso onore che
gli si offeriva. Fi fu appunto a Roma ove
ebbe a scrivere il Marchese di Tulipano.
composizione mirabile per vezzo e per leggiadria
cui tutta Europa fece immenso
plauso.
Ma un’ultima più difficile prova riservavasi
a Paisiello chiamato a Napoli, ove erano
in gran voga i sommi compositori dei quali
doveva erigersi rivale. A capo di costoro
notavasi Piccini, a quel tempo il più illustre
autore melodrammatico d’Italia. Paisiello,
dice il signor Quatremère de Quincy,
nella sua notizia intorno a questo
maestro, stette ben in guardia dal lasciargli
sospettare la menoma pretesa a porsi
a confronto con lui. Egli non lo accostava
mai se non se colla finta sommissione di
un inferiore e con tutti i riguardi che usar
debite un docile allievo, lasciando alle proprie
sue Opere la cura di preparargli un
competitore pericoloso. Alcuni successi clamorosi,
tra’ quali va distinto quello ottenuto
da[’Idolo cinese, compirono la fortuna
di Paisiello, e lo collocarono alfine
nel novero de’compositori italiani di primo
ordine.
Venezia, Roma, Milano, Torino, chiamarono
a volta a volta e a più riprese l’autore
AeYIdolo cinese, la cui mirabile vena
non era minore dell’ingegno. La partenza
di Piccini per la Frància lo avrebbe lasciato
a Napoli senza rivali, se non era il
giovine Cimarosa a preparargli dei perigliosi
conflitti. Alcuni biografi, forse consigliati
dalla bontà del loro animo, ebbero
a dipingere Paisiello come uomo di
leale e nòbile carattere dotato. Riesce penoso
il dover riconoscere poco felici qualità
di cuore in coloro al cui alto ingegno
siamo costretti tributare la nostra ammirazione.
E questo fu veramente il caso di
Paisiello. Nell accennare alla rivalità ch’egli
ebbe con Cimarosa, il signor Fétis usa queste
precise parole, a Molto ne dispiace dover
confessare che non fu unicamente colle
armi dell’ingegno che Paisiello si misurò
con lui, ma che in molte occasioni ebbe
ricorso al raggiro, agli intrighi per impedire,
o almeno per attenuare i successi
del suo emulo. 1 mezzi medesimi furono
da lui usati contro Guglielmi, allorquando
costui tornò da Londra, dopo un’assenza
di quindici anni, dotato ancora di una
vena di fantasia che in vero era mirabile
in un uomo della sua età». Il conte Schizzi, all1 incontro, ci narra
nel pregevole suo opuscolo, che il principe
di San Severo, grande della Corte
di Napoli, invitasse un giorno i tre grandi
maestri a lauto pranzo, h riconciliasse in
maniera fra di loro che la stretta amicizia
non si disciolse mai, ed anzi convennero
tra essi sui bisogni che l’arte reclamava,
al loro tempo, e «si proposero di’esigere
esattamente e individualmente un medesimo
prezzo per ciascuna delle loro Opere.
che fu stabilito a seicento ducati».
Fino a qual punto quest’ultimo patto
che ebbero a stringere i tre insigni maestri
soddisfar potesse ai bisogni dell arte,
anziché alle mire di guadagno degli artisti.
egli è quanto noi non ci faremo qui
a discutere. E parimenti non piglieremo
ad esaminare se più o meno s apponga- al
giusto il sullodato egregio scrittore, ove
afferma che Paisiello, veduti allora i contrasti
che ferveano in Francia tra i Giudoisti
e i Piccinisti. si mettesse, per cosi dire,
in mezzo ai due campioni, e dando maggior
movimento alle parti d’orchestra,
moltiplicando gli accompagnamenti degli
stranienti da fiato, senza nuocere punto
alla semplicità della composizione, si meritasse
il suffragio de’due partiti che lo
stile de’suoi lavori avvicinava». Nella biografia
di Paisiello del sig. Fétis non troviamo
nulla accennato di tutto ciò; ma bensì
vediamo riferito come, per il grande favore
ottenuto a Roma nelle Due Contesse
e nella Disfatta di Dario, gli pervenissero
ad un tempo vantaggiose offèrte da
Vienna, da Londra e da Pietroburgo. Paisiello
accettò quelle della munifica Imperatrice
Caterina, e nel luglio del 1777 lasciò
Napoli per trasferirsi in Russia. Mutare
il magnifico cielo della più bella regione
di Italia coi geli e colle nebbie del
Settentrionenon riuscì punto grave alnostro
compositore, il quale trovar seppe un non
indifferente conforto a codesta specie di
esilio artistico negli splendidi emolumenti
assegnati al fecondo suo genio.
Nel corso degli otto anni clfiei dimorò
a Pietroburgo molte Opere ebbe a scrivere
Paisiello tra le quali alcune di quelle
che hanno buona fama, come il Barbiere
di Siviglia e i Filosofi immaginarli. Colmo
dei favori di Caterina, e forse soddisfatto
del pari di questi come della gloria mietuta
sulle rive della Neva, riprese Paisiello,
il cammino d’Italia, fermandosi da prima a
Varsavia, ove. d’ordine del re Poniatowski,
sulla bella e affettuosissima poesia di Metastasio
compose queirammirabile Oratorio
sacro, La Passione, che a giudizio d’ogni
persona dotata di squisito gusto vuol essere
riputato un capolavoro nel genere sacro
drammatico, tant’ò la semplicità dei
canti, la grazia delfiespressione, la purezza
delle armonie, e sì al vivo vi si dipinge,
col prestigio melodico il dolore di un anima
divina predestinata alla umana rigenerazione
(•).
Ma per ripigliare il filo della nostra narrazione
riferiremo che, lasciata Varsavia,
(I) Il pezzo estratto da questo Oratorio e dato ai
nostri associati per il i." numero deYAntologia Classica
Musicale non sarà mai abbastanza lodato per la
rara soavità colla quale le più affettuose e passionate
cantilene si svolgono e si intrecciano a formare una delie
più classiche composizioni concertate della vecchia scuola.
Questo pezzo fu da noi prodotto coll’intera strumentazione,
acciocché gli studiosi possano formarsi una giusta idea
del molto effetto rii colorito che il sommo tra gli antichi
maestri sapeva ottenere con pochi c sobrii mezzi,
insegnando così quanto sia biasimevole quel tanto abuso
dell’orchestra che alcuni mediocri compositori d’oggidì
chiamano con ridicola ostentazione il ijran genere moderno!
si recava Paisiello a Vienna, e in questa
gran capitale dettava sotto gli occhi deifi
augusto Giuseppe II. dodici sinfonie
concertate a grande orchestra, non che
1 Opera huffa il Ite Teodoro, piccantissima
caricatura drammatica dovuta ai raro ingegno
del Casti, e musicalmente ricca
d’un settimino diventato celebre in tutta
Europa, quale composizione a quel tempo
d’un genere al tulto nuovo, e al dire del
sig. Fétis, modello di soavità, di eleganza
e di estro comico. Insistiamo tanto più
vivamente su questi pregi caratteristici
della composizione di Paisiello, vogliam
dire la semplicità, la chiarezza del disegno,
la leggiadria dei canti, il vezzo e la
gajezza nei pezzi comici perchè ne pare
che appunto a1 tempi nostri, se lo stile musicale
lirico-drammatico si aggrandì nelle
forme, e si fece ricco di tali ardite ispirazioni
che ai tempi della classica scuola
italiana non poteansi neppur sospettare,
ella perdette molto dal lato della ingenuità
e della purezza spontanea delle melodie, ed
è venuta poi molto scadendo nelle doti
propriamente caratteristiche della musica
bufla. In questa Paisiello. Ira gli antichi, fu
sommo; Rossini, per esuberanza di genio
inventivo lo superò senza forse tra moderni;
ma dopo i portenti del Turco in Italia,
dell1 Italiana in Algeri ^ della Cenerentola
e del Barbiere rossiniano, libere e felici
derivazioni de’ Filosofi immaginari, del
Mondo della Luna e del Ite Teodoro. ben
può dirsi che la musa dell’Opera buffa
si è addormentata sui suoi allori, nè bastarono
a scuoterla dal suo sonno i non al
tutto poveri saggi de1 due Ricci e l’Elisir
d Amore, che tuttavia è il solo spartito
comico de1 nostri giorni in cui le migliori
tradizioni delle vecchia scuola italiana non
sieno pienamente trasandate.
(Sarà continuato).
B.
ESTETICA.
ARTICOLO IV.
(Vedi i N. -19, 22 e 2o di r/uesta Gazzetta).
CARATTERE SELLE VOCI
e dki mi: gexeri
DI CAUTO DUCI. ADATO E IDEALE.
XVIII. Dal carattere degli stranienti (*)
passando a quello delle voci noi entriamo
in un argomento di cui nulla si può dire
di assai preciso e particolarizzato. La voce
umana oltre al carattere individuale è destinata
a servire all’espressione di ogni affetto, perlocchè ogni voce, oltreché è varia
come varii sono i volti, debbe pur anche
essere suscettibile di infinite modificazioni.
Egli è fuor di dubbio pertanto che la
cognizione delle voci di cui deve servirsi
lo scrittore musicale conviene acquistarla
studiandola negli individui per cui scrive.
Nè i soli maestri dovrebbono avere riguardo,
ma i poeti drammatici e gli appaltatori
i quali non alla sola voce, ma a tutta
la persona dovrebbero por mente onde
adattarvi i drammi. Perchè se un pittore non
(!) Abbiamo ommessodi dare tulto il Capitolo del Trattato
di estetica, del sig. Boucberon, ove si parla della
natura, dei pregi, e dell’uso particolare ql quale possono
essere adoperati nella musica drammatica c pittoresca i
varii ’stranienti dell’orchestra, per la ragione che un simile
tema è già più che abbastanza sviluppato nella serie
d’articoli del sig. Bcrlioz intorno alla stromentazicne
che abbiamo preso a pubblicare in questo giornale.
| darebbe prova di buon giudizio effigiando
) un Ercole con corpo magro e sciancato,
| cosi pure disdirebbe sulla scena una smilza; donnuccia alla parte di Norma,"Vii quella! donna che detta la pace o la guerra ad
una nazion feroce; o un’attempalella alla
parte di Adalgisa o di Amina.
j Ciò che crediamo più utile di osservare: intorno alle voci si è che molte si prestano
assai bene al canto declamato; e sono per
10 più le voci piene e molto sonore, mentre
alcune ve ne sono che mal riescono
nella declamazione, ed assai bene nel canto
ideale, le quali per lo più sono senza corpo
e delicate benché sensibili perfettamente
a considerevole distanza.
Di tali voci ne troviamo in ogni chiave,
ma specialmente nei soprani adolescenti e
nei tenori molto acuti. Gli adolescenti anche
contralti, benché dotati di voce robusta,
di rado declamano perchè in quell1 età le
passioni sono appena nascenti.
Il carattere di queste voci, sia per propria
natura, sia per 1 idea che se ne ha
comunemente, è assai proprio a rappresentare
la voce degli angioli, epperciò riescono
di buon effetto nella musica di Chiesa
purché siano a cori numerosi. Sarebbe ciò
nullameno desiderabile che come Io sono in
Francia, vi si ammettessero anche in Italia
i cori di donna e si risparmiassero tante
disposizioni al canto che si rendono ora
adatto inutili guastandone l’organo con un
esercizio prematuro. Per fi opposto la maggior
parte dei tenori non molto sfogati o
dei bassi o baritoni ama meglio il cauto
declamato che l’ideale di cui ora ci faremo
a dimostrare le differenze incominciando
dal dare un esempio dell’uno e dell’altro.
XIX. Pel canto declamato luminoso è
11 duetto fra Norma e Pollione «In mia
mano alfin tu sei» cui puossi aggiungere
il finale dell1 atto primo Straniera. u Un
grido io sento», e nel Pii ala «Nel furor
delle tempeste» e fi aria di Percy nél1
Anna. Balena u Vivi tu, te ne scongiuro». Da questi esempi fàcilmente si scorge,
che uno dei principali caratteri del canto
declamato è 1 essere tronco siccome la vera
declamazione di cui è una copia, talché
richiede non di rado che il cantante sagrifichi
il bel canto alla verità di espressione.
quando cioè la declamazione musicale
sia meri vera ed evidente della naturale.
Sempre poi richiede un1 esecuzione
decisa e schietta, una chiara articolazione
della parola, e rifugge da qualsivoglia ornamento.
Il canto ideale è più continuato porgendo
modo al cantante di spiegare la propria
voce, ed obbligandolo in pari tempo a ben
modularla; ammette, ed anzi richiede, le
grazie della melodia e del sentimento, un
periodare perfetto, e una tal quale flessibilità
di modi, un1 armonia di frasi che è
più facile sentire che descrivere.
Il primo segue passo passo la parola e
ritrae la sua espressione più dalla rassomiglianza
colle inflessioni della voce nel commi
parlare, che da ogni altro elemento,
e non conviene perciò che alla voce umana,
straniera affatto agli stranienti. Il secondo
dipinge l’intimo sentimento incluso
nel senso totale di un periodo, che talora
o da una sola o da nessuna parola è espresso,
ma emerge dall1 insieme:, ritraendo la
espressione dal carattere del tono e degli
intervalli maggiori o minori, eccedenti o
diminuiti, e da tutti insieme gli elementi
musicali; epperciò si addice egualmente
alla voce umana-e a quella degli stranienti. Per Fordinario questi due generi si trovano
insieme commisti o alternati, sia perchè
non sempre 1"affetto è tanto vibrato,
o si forti le parole da spingere la voce a
tal grado di declamazione da potersi tradurre
in musica, sia per adattare lo stile
al cantante, e finalmente per una particolare
tendenza dello scrittore dipendente dal
modo proprio di sentire.
Cosi la Pasta e la Malibran figuravano
meglio nel genere misto che nel puro
ideale; la Lalande nel declamato; Rubini.
Tamburini, la Orisi nell’ideale; Donzelli,
Lablache e Cartagenova nel declamato. Cosi
Bellini è o fortemente declamato, o sommamente
ideale; Rossini, Donizetti e Mercadante
tendono al misto; Meyerbeer aifi
ideale. Il compositore che avrà studiato
la declamazione parlante procurerà far suo
ogni genere per servirsene ove meglio lo
esigeranno e gli affetti che deve trattare,
e gli attori pei quali scrive.
CARATTERE BE’ TOSI.
Qui cade in acconcio di far parola del
carattere dei toni, il quale certamente non
si può trascurare da chi voglia trar partito
di tutti i mezzi che 1 arte fornisce.
XX. Noi siamo soliti a non far altra
distinzione di toni fuorché quella di maggiori
o minori; pure chi è che iniziato appena
nell’arte non distingue un tono dall’altro se non pel nome della tonica, per
un’indefinibile diversità di carattere!
Ma da che trae origine tale differenza
fra toni lutti costrutti su di un modulo e
ai quali convengono le medesime modulazioni,
le stesse regole armoniche? Nè si
può dire che il diverso carattere sia poco
sensibile, essendo non pochi gli esempi
di persone che ignare allatto di musica
risentono in particolar modo alcuni toni
ed agli altri li preferiscono, il che si è
pure osservato in infermi e maniaci.
Nell’orchestra sembra potersi attribuire
lo strepito maggiore che vi fanno ì toni di
ì-e, di sol, di la maggiore alla quantità
di suoni ripercossi dalle corde vuote sol,
re, la. comuni a tutti gli strumenti da arco.
Infatti il tono di /-e, che più d’ogni altro
è squillante, trova tutti i suoni della sua
scala rinforzati dalla risuonanza simultanea
di qualche corda vuota; e così gli altri
toni perdono di vivezza a misura che hanno
minori suoni ripercossi e divengono di mano
in mano più cupi. Aggiungi l’influenza che
vi può avere la maggior chiarezza con cui
negli strumenti ad arco rispondono le corde
vuote.
Tutto ciò però non è applicabile agli
stranienti a fiato, i quali divengono più
squillanti quanto più sono acuti, perlochè,
siccome ai toni men vivi degli stranienti
a corda vengono a corrispondere toni più
squillanti in quelli a fiato, dovrebbe trovarsi
una specie di compenso scemante non
poco le diversità dei toni. Ma questo è
incontrastabile, ed esiste non solo nell’orchestra
ma nel cembalo e nell’organo sebbene,
non così marcata, e siccome qui la
risonanza simultanea non ha influenza, si
è creduto esserne cagione il temperamento.
Ma questo temperamento altri lo vuole
equabile, altri ineguale; ed un’accurata
osservazione ci dimostra che un medesimo
accordatore non tempera sempre egualmente
tutti i toni, ma or l’uno or l’altro
altera più o meno secondo si trova più
o meno disposto l’orecchio senza che per-
109
ciò sia men buono l’accordo totale 0),
Dalchè siamo tentati a credere che naturalmente
il nostro orecchio si formi una
specie di corista il quale ci serva come di
punto a cui riferire non i soli toni musicali,
ma ancora le voci parlanti, e dedurne
i caratteri particolari. Per modo che troviamo
poi fra queste e quelli una tal quale
indefinibile analogia. Corista che forse a
principio non è che il tuon di voce della nutrice
e del babbo, e che pel conversare con
più persone viene a fissarsi ad un punto
medio, e si fa sempre più determinato
coll’uso dell’arte e di un costante corista
musicale a cui veniamo ad abituarci.
Tale ipotesi spiegherebbe meglio d’ogni
altra la facilità con cui gli iniziati nell’arte
giungono non solo a riconoscere, dal suono
che dà, il tasto del cembalo e dell’organo
senza vederlo, ma pur anche ad intonare
colla propria voce a preciso corista
qual siasi tuono senza aver duopo di prendere
l’intuonazione da un istromento.
Che che ne sia delle cause, il fatto si è
che sono specialmente rimarchevoli i caratteri
dei toni:
Ile maggiore, fragoroso
Re minore, mite
Mi maggiore, penetrante
Mi minore, sentimentale
Do maggiore, tranquillo
I)o minore, terribile
Mi bemolle maggiore, maestoso
Fa bemolle maggiore, grave
Sol maggiore, gaio
Sol minore, patetico
Fa maggiore, dolce
Fa minore, cupo
La maggiore, robusto
La minore, soave,
e simili clic l’osservazione fa sentir meglio
di quanto possa esprimersi con parole.
Importa dunque moltissimo la scelta del
tono alla verità dell’espressione, e vi influisce
a quel modo istesso che nel parlar
comune e nel dramma recitato si riconoscono
voci più analoghe ad alcuni che ad
altri affetti.
XXL Ma quando il concetto ritmico,
melodico, ed armonico sia pieno di verità,
ma o per motivo dell’estensione, o per qualche
particolorità meccanica della voce o
stromento più atto ad esprimerlo, non si
possa assegnarlo al tono più analogo, dovrassi
per questo solo rinunciarvi e perderlo?
No: m tal caso l’accordo degli elementi
principali coprir può il difetto del
tono, di che non ne son rari gli esempi.
Se però nel momento dell’ispirazione, o
meglio prima, il compositore avrà cura di
mettersi nel tono conveniente, ideando la
sua melodia per quella voce o stromento
che meglio si addice, difficilmente gli accadrà
di dover traslatare il concetto in tono
meno analogo.
Gli antichi fino a Rossini si facevano
dovere di terminare ogni pezzo di musica
nel tono in cui si era incominciato; Bellini.
e quelli che da lui presero le mosse,
molte volte usarono diversamente; costume
in vero comodo pei principianti, ma che
conviene esaminare se ragionevole o no,
ed in quali circostanze.
XXII. La legge che prescrive di terminare
nello stesso tono del principio è fondata
sulla ragione dell’unita necessaria a
tutte le belle arti, ma tanto più alla muti)
Ciò può sembrate un assurdo od un paradosso;
ma si troverà vero se si fanno accordare due cembali
separatamente l’uno dall’altro, sebbene al medesimo
preciso corista. In tal caso-sia uno l’accordatore o sian
due si troveranno difficilmente a perfetto accordo i due; stromenti presi insieme, sebbene lo saranno isolatamente.
sica quanto più sfuggevole e indeteminato
è il suo linguaggio come si ragionerà in
appresso. Egli è infatti osservato che un
pezzo di musica in cui si passasse a sempre
nuove idèe, a sempre nuovi toni, nulI
altro sarebbe che una confusione, un
discorso senza scopo, senza argomento ecc.
Se è vero che in un discorso ben ordinalo
il fine debb’essere conseguente al principio;
se è vero che i toni abbiano un
carattere, sarà vero altresì che l’ultimo
tono debb essere eguale al primo, ammesso
tutto al più il cambio di natura dal minore
al maggiore.
Ora, quando sarà trasgredibile tal legge?
Nella sola musica drammatica, ed in
quei casi in cui durante un medesimo pezzo,
il progresso dell’azione viene a mutare l’affetto
che a principio dominava. Cessa allora
la ragione assoluta dell’unità, e dà luogo
a quella più forte della verità drammatica,
la quale esige il più perfetto accordo delle
arti ausiliari colla poesia che ne è la principale.
(Sarà continuato).
II. Boucheuox.
FRENOLOGIA
APPLICATA AEEA MUSICA
Click e Russivi.
La fisonomia e il cranio umano offrono
essi certi segnali infallibili per precisare
le disposizioni, le facoltà, il grado d’intelligenza
degli individui, e specialmente
di quelli che sono dati alle arti dèli immaginazione?
E egli vero che le osservazioni
accumulate da Gali e da Lavater costituiscono
una scienza positiva? Su questo
punto i moderni sapienti sono in dubbio,
in contraddizione, in incertezza; nè questo
è problema da sciogliersi senza che passi
ancor molto tempo. Checché ne sia i due
seguenti aneddoti, che si sono riferiti per
autentici, e che riguardano uomini versati
nell’arte musicale, sono un argomento di
più in favore del sistema fisionomico e frenologico.
Quando Gluck incominciò la sua carriera
di compositore drammatico ebbe opportunità
di fare un viaggio a Zurigo ove si
T 1 ^ II
trovava Lavater che cominciava allora a
gettare le fondamenta della sua scuola divenuta
dappoi tanto celebre. Il tedesco
compositore aveva sentito in vario modo
ragionare de’ lavori frenologici di Lavater,
e, senza credere ciecamente per infallibile
la sua dottrina, senza abbandonarsi àU’animirazione
delle sue osservazioni ede’suoi piionostici,
della sua immaginazione vaga del maraviglioso.
e del suo spirito irrequieto e
ardente, s’era nondimeno molto invaghito
per quanto ei ravvisava d’elevato, di nuovo,
di ardito, e di piacevole nelle ipotesi
di questo sapiente nuovatore. Cosi egli
profittò del suo soggiorno in Zurigo per
fare una visita a Lavater.
Il fondatore della scuola fisionomica era
allora nel suo studio, vero museo ove le
teste di tutti gli uomini celebri dell’epoca
erano cercate ed esaminate in ogni loro
tratto e sembianza con gran diligenza per
compiere così la voluminosa corrispondenza
alla quale ogni giorno egli molte ore
consacrava. Lavater parve che neppur s’accorgesse
dell’entrare dell’artista, e occupato
nelle sue idee proseguì a scrivere le sue lettere.
senza nenimanco volgere la testa verso %
di Gluck. Passò intanto una buona mez- ( z’ora, e il maestro cominciava a noiarsi
del troppo aspettare, quando tutt’a un
tratto Lavater, fissando su lui que’ suoi
occhi cilestri, perspicaci, e spiranti bontà:
55 Signore, gli disse, a chi ho io l’onor
di parlare?
- Signor mio, scusate, rispose l’artista
sorridendo, se io non rispondo alla domanda
che mi fate, e se a voi lascio il carico
di risolverne la questione. Non v’ha
dubbio che colla vostra penetrazione e
salacità non ne veniate bene a capo. Lasciate
dunque che io domandi a voi chi mi
sono io, e che cosa io —
Gìuck voleva cosi mettere in imbarazzo
l’illustre dotto; ma costui, al quale non
giugnevano nuove simili scene, e s era già
più volte tratto felicemente d’impaccio in
queste difficili prove, senza punto mostrarsi
maravigliato della risposta del maestro,
si pose attentamente a ragguardare e speculare
i suoi lineamenti e la sua fisonomia,
e dopo alcuni minuti, proruppe in
questa esclamazione:» No, non m’inganno; voi siete un musico...
n Gli è vero, rispose l’artista; ma questa
è una assai vaga particolarità; sapretemi voi
dire a qual parte della musica io specialmente
attendo?
A questa nuova questione Lavater stette
alquanto sopra sè, mostrando di profondamente
meditare, poi riscuotendosi incontanente:
55 Si, disse egli, voi siete compositore, e
compositore drammatico... Le qualità che vi
rendono celebre nell’arte sono: il vigore,
l’energia, l’ardire, la nobiltà de’sentimenti, la
grandezza delle idee e, tenete, continuò
traendo da uno scaffale della sua libreria
un bel volume magnificamente ricoperto,
io giurerei che voi siete l’autore di questa
partizione... ■
Gluck corse subito coll’occhio sull’Opera,
e riconobbe unode’suoi drammi: La guerra
de’ Giganti, che pur allora aveva avuto gran
successo per tutta Germania. Egli rimase
maravigliato e stupito alla prodigiosa sagacità
di quel dotto.
55 Egli ci è ancora di più, segui Lavater,
raggiando dalla fronte l’inspirazione,
e dando ognor più un suono solenne alle
sue parole, v’è ancora di più Grandi
e gloriosi destini vi attendono. Voi lascierete
un gran nome, una fama immortale...
Sarete il fondatore d’una grande scuola;
poiché voi possedete grande potenza di
creazione, e quell’ardore nella lotta e nel
combattimento che rende sicuro della vittoria
Passati tre anni da questa raccontata visita,
Giudi si trovava in Francia a far rappresentare
la sua Ifigenia in Tauride. capolavoro
di nerbo armonico e d’inspirazione
che portò nuove forme al dramma
lirico: in quell’occasione il mondo musicale
era diviso in due partiti; ma il nome
di Giudi, prevalendo nella contenzione è
giunto sino a noi rispettato e glorioso. Così
abbiam veduto interamente verificarsi i vaticinii
di Lavater sul celebre compositore
alemanno.
Oltre al nome del dottore di Zurigo,
quello di Gali e di Spurzheim hanno grande
celebrità nel mondo scientifico, e la frenologia
non presta punto meno di rnaraviglioso
che la scienza di Lavater. Noi racconteremo
ancora a nostri lettori a questo
proposito un altro aneddoto singolare (0.
(1) Della verità di questo non ci facciamo punto garanti.
jl’Estens.
- 110 Niuno
ignora che Gali, l’illustre fondatore
della scuola frenologica, non esciva mai
di una conversazione senza avere esaminato
al minuto il cranio e le protuberanze
caratteristiche di tutti coloro che vi si trovavano
uniti. Ciascuno si prestava volentieri
a questa operazione, e per fissarne
i risultati, il celebre frenologo seco sempre
recava un portafoglio ove annotava i nomi
di tutti quelli eh ei sottometteva alle sue
sperienze, e quanto aveva su ciascuno rilevato.
Ora nel soggiorno di qualche mese
che fece a Milano incirca trentacinque anni
fa, egli aveva particolarmente notalo in una
società un musicante assai giovane, che era
la delizia di tutti pel suo spirito e per le
sue arguzie. Ecco ciò che Gali scriveva a
proposito di questo giovane; ciò abbiamo
da un intimo amico dell’illustre scienziato.
Occhio sfavillante - Sorriso fino e intelligente
- fronte prominente e spaziosa - inspirazione-genio
creatore - energia - grazia
- fecondità Il
nome del giovane musicante era Rossini, nome a quell’epoca al tutto sconosciuto;
eppure come poteva farsi una enumerazione
più accurata e completa di tutte
le qualità che hanno poscia risplenduto
nelle produzioni del gran maestro!
Questi due fatti raccontali troveranno
per certo molti increduli. Chi vorrebbe
però sostenere che la scienza non possa
aver la chiave delle facoltà dell’uomo’?
Senza dichiararci difensori del sistema di
Gali, o della dottrina di Lavater, noi
desideriamo che le esperienze sieno continuate,
e ciò pel bene dell’arte musicale,
e di coloro che vi si consacrano. In grazia
delle rivelazioni della scienza fisionomica
e frenologica, ognuno sarebbe avvertito;
chi è veramente chiamato, e chi ha la
forza de’ mezzi naturali potrebbe seguire
la strada a cui è disposto, e gli ingegni
mediocri farebbero a meno di mettersi in
una carriera ove sarebbe loro appena dato
di poter vegetare. R. e G. IH.
NOTIZIE VARIE.
| — PmiGi. La Commissione per l’erezione di un monumcnto
alla memoria di Cherubini, ha diretto una circolare
a tutte le Società inarmoniche della Francia e
straniere, onde sollecitare il loro concorso. Si darà una
grande rappresentazione dall’Accademia reale di musica
e dell’Opera Comica unite a prolitto della sottoscrizione
che continua ad esser sempre aperta al Conservatorio e
presso gli editori di musica Troupenas e Sehiessinger.
— I musicali concepimenti di cui il maestro de’maestri
fregiò lo Stabat Mater hanno stimolato molti compositori
istromentisti a comporre alcune fantasie che non
mancheranno di riuscire assai interessanti agli amatori.
Già comparvero presso Troupenas: Souvenirs clu Stabat,
deux suites par Adam; Grande Fantaisie par
Kalkbrenner; e Grand Cuprico par Woif: questi tre
pezzi per solo pianoforte. Labarrc e De Bériot hanno
pure pubblicato due duettini per violino e pianoforte
sopra vari temi dello Stabat. Rignault inline presentò
a’ violoncellisti le sue Meditazioni Religiose sull’ultimo
lavoro di Rossini, il quale si spera vorrà proseguire a
dotare l’Italia di concetti, che ogni nazione ci deve invidiare.
— L’Accademia delle belle Arti il giorno 21 maggio,
ha aggiudicato il concorso della grande composizione musicale.
Eranvi sei concorrenti. II primo premio venne
accordato a Roger, allievo di Halevy e Cara ira, ed il secondo
a Gauthier c Masse. Devesi notare che i quattro
musicanti presenti ( Spontini essendo assente e Cherubini
morto ) aveano dato il loro giudizio in questi termini:
Auber e Halevy, non v’è luogo di assegnar un
primo premio,• Berton e Caraffa, noi siamo di opinione
che si possa dare il secondo premio a Roger.
Ciò nullameno i signori membri scultori, pittori e architetti
che formavano la grande maggioranza, hanno
dichiarato Roger degno del primo premio. - La cantata
composta da Roger, sebbene alquanto monotona, non
troppo originale, distinguesi per melodie semplici, sostenute,
spontanee e ben adatte alle voci. Aella maniera
di Masse avvi minor esperienza e sicurezza ma più distinzione
ed eleganza. La cantata di Gauthier non ò
meno notevole di quella di Massé. Il soggetto del concorso
era intitolato: La Beine Flore legende des rives
du Mein, mise en action et dramatisée par M. lemarquis
de Fastoret: certamente i giovani compositori di
musica non avevano molto a lodarsi delle situazioni
poetiche.
— Altre Solennità musicali e rappresentazioni a benefizio
degli incendiali di Amburgo. La Germania musicale
non si dimostrò mai tanto animata da spirito di
filantropia patriottica come nell’occasione de’ disastri di
Amburgo: le più piccole città vi prendono parte. A >Veimar
il celebre violinista Ernst diede un concerto in cui
s’introitarono 2,500 franchi. Il grande artista per sovrappiù
generosamente prese egli stesso due viglietti pel suo
concerto e li pagò 240 franchi. — A Fulda dal 2.° reggimento
d’infanteria si organizzò una serata musicale:
la compagnia addetta al teatro di Francoforte si produsse
successivamente in alcune rappresentazioni a Magonza,
Hanau, OtTenbach. - 11 comitato del Festival di
Dusseldorf Sotto la direzione di Mendelsson ivi già arrivato
ed accolto con gran distinzione, decise che il prodotto
netto di quella solennità musicale sarebbe rimasto
agli incendiati di Amburgo. - A Lipsia la rinomata pianista
Clara Sehumann Yiek colse meritati applausi in
un concerto il cui prodotto era destinato ad uno stesso
benefico scopo. - L’accademia di canto di Berlino ha
eseguito la musica che il principe Radziwill compose
pel Fausto di Goethe, ecc., ecc.
— Il monumento di Mozart verrà inaugurato solennemente
il 4 settembre p. v. a Salisburgo, sua città natìd.
La solennità sarà magnificata con analoghe feste musicali.
Fino ad ora si destinarono aH’esecuzione: L° una
Messa solenne, 2.° il Bequiem di Mozart, 3.° un gran
coro festivo, 4.° due concerti. Tutti i filarmonici e veneratori
di Mozart sono invitati ad intervenirvi. Le prove
incomincieranno li 29 agosto, c le prove generali avranno
luogo ili, 2 c 3 settembre.
ERRATA-CORRIGE.
IVegli or passati fogli sono occorsi alcuni sbagli di
stampa che è duopo avvertire.
EBIt.tT.l
Foglio 22, col. La pag. 97,
linea 30 «La sospensione
a mezzo riposo»
Col. 2.a, lin. 16, del p.° IX
- Analoghi •
Foglio 23, pag. 104, col. l.a
linea 9 ■ Maggiore •
Linea 10 • Minore •»
Linea 28 • Men forte segno
di gioia»
Col. 3.a linea 1G «ImodiCORRIGE
■ La sospensione, o mezzo
riposo»
- Omologhi *
Minore» > Maggiore» «Men forte segno. II correre da segno di fretta come la danza è segno di gioia ® «I moti» NUOVE PUBBLICAZIONI MUSICALI DELL I. R. STABILIMENTO NAZIONALE PRIVILEG.’»1 CIOVAVVI RICORDI. â 11 & ¥à pour te Violoncelle AVEC ACCOMP.t DE DEUX VIOLONS. ALTO ET VIOLONCELLE PAR MAX. BOHRER Fr. 3. TBS FAHTASIB per Flauto e Pianoforte CONCERTANTI SOPRA MOTIVI DELL^OPERA SAFFO di PACIAI COMPOSTE DA Cadauna Fr. 6. Fantaisies pour Piano et Violon CONCERTANTS SUR DES MOT1FS FÀVORIS PAR zzmvr ET L, HERS If. i. Gemma di l’eryy. IV. 5. L’Elisir d‘Amore. Chaque Fr. 3. CIOI tVM RICORDI EDITORE-PROPRIETARIO. Dall’I. R. Stabilimento Nazionale Privilegiato di Calcografia, Copisteria e Tipografia ÌTIusieale di GIOVANNI RICORDI. Contrada degli Omenoni N, 1720’.