< Gazzetta Musicale di Milano, 1842
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N. 26 - 26 giugno 1842
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GAZZETTA MUSICALE

N. 26

DOMENICA
26 Giugno 1842.

DI MILANO
Si pubblica ogni domenica. — Nel corso dell’anno si danno ai signori Associati dodici pezzi di scelta musica classica antica e moderna, destinati a comporre un volume in 4.° di centocinquanta pagine circa, il quale in apposito elegante frontespizio figurato si intitolerà Antologia classica musicale.
La musique, par des inflexions vives, accentuées. et. pour ainsi dire. parlantes, exprimè toutes les passions, peint tous les tableaux, rend tous les objets, soumet la nature entière à ses savantes imitations, et porte ainsi jusqu’au coeur de l’homme des sentiments propres à l’émouvoir.

J. J. Rousseau.

Il prezzo dell’associazione annua alla Gazzetta e all’Antologia classica musicale è di Aust. lire. 24 anticipate. Pel semestre e pel trimestre in proporzione. L’affrancazione postale della sola Gazzetta per l’interno della Monarchia e per l’estero fino a confini è stabilita ad annue lire 4. — La spedizione dei pezzi di musica viene fatta mensilmente e franca di porto ai diversi corrispondenti dello Studio Ricordi, nel modo indicato nel Manifesto — Le associazioni si ricevono in Milano presso l’Ufficio della Gazzetta in casa Ricordi, contrada degli Omenoni N.° 1720; all’estero presso i principali negozianti di musica e presso gli Uffici postali. Le lettere, i gruppi, ec. vorranno essere mandati franchi di porto.


AVVERTIMENTO AI SIGXORI ASSOCIATI. A; I Signori Associali alia Gazzetta Musicale sono avvertiti che col presente numero ha fine la pubblicazione del 1° Semestre. Ricevendo essi il primo foglio del 2° Semestre che si distribuirà domenica prossima, saranno ritenuti come iscritti per tutto il corrente annd, salvo che non diano in tempo altro [avviso in contrario. B) Nell’Antologia Musicale si accoglieranno come pei’ io addietro quei s’oli squarci di composizioni classiche che parranno i più atti a dar idea delie varie scuole di musica e dei diversi stadii di progresso percorsi dall arie. Con questo proposito venne ideata /’Antologia Musicale, e al medesimo sarà essa attenuta inalterabilmente. Però, a Jiir tacere il lamento di coloro tra’ signori Associati ai quali, non sappiamo con quanta ragione, sembra increscere che la scelta, dei pezzi di. musica destinati a. comporre la. detta Antologia sia dettata da troppa austerità e da. special predilezione, ai maestri cosi delti antichi, si pubblicheranno alternativamente altre più brevi composizioni di gusto al tutto moderno e di genere tuli altro che severo. Queste non entreranno a far parte delV Antologia classica, ma verranno date gratis dal sottoscritto Editore proprietario della Gazzetta, il quale si propone di corrispondere così al molto favore accordato alla sua intrapresa. Col presente foglio della Gazzetta, che è l’ultimo del suo primo semestre, si unisce il pezzo di Clementi ’intitolato Due Capricci per Pianoforte, Opera 55 che forma il N.° 6 dell’Antologia Classica. Congiuntamente al foglio della Gazzetta che darà principio al secondo semestre e che verrà pubblicato la Domenica prossima, si darà il primo d.ei pezzi di musica di gusto moderno che il sottoscritto editore destina in dono ’ai signori Associati Milano il 25 Giugno -1842. <. E O V W! 11111)111)1 HtUtove-Proprletario. m 8 LETTERATURA MUSICALE. DI ALCI) IME STORIE OEIA.A RISICA Consigli ai nostri Artisti Rusicali. )<XAeJ(?na tra le precipue mire avute ila TÈ- dii si propose la fondazione di J&g’uuesto giornale, fu veramente ‘Sì Mfì 1 eccitare i nostri virtuosi, professori, maestri,dilettanti e tutti genere coloro che all’arte musicale più o meno seriamente si dedicano, ad occuparsi anche della parte letteraria dell’arte stessa, e principalmente di quella che riguarda la sua storia presso gli antichi e presso i moderili popoli. Non è qui luogo, nè ora noi ci proponiamo di far chiaro quanto contribuisca allo sviluppo e all elevazione dell’ingegno artistico la educazione letteraria, quella educazione cioè che aiutando lo spirito a spaziare fuori dei limitati confini della parte tecnica di un arte qualunque, lo avvezza a vedere i più alti rapporti eli’essa ha colle altre arti sorelle, non che i legami pei quali ella s attiene ai grandi principj filosofici, vera e prima fonte (f ogni miglior perfezione degli umani studii. Ove entrar volessimo in simile argomento troppe cose avremmo a dire, e troppi lamenti dovremmo far intendere, che per verità nella Italia nostra, tanto vanamente adulata da chi non sa che ingannarla sulle vere condizioni del suo grado di coltura e di civiltà è grave torto di bugiardo patriottismo; nell’Italia nostra, dicevamo, in ispecie nel fatto della musica, vi è troppa povertà di buone istituzioni destinate al sopraccennalo scopo, e troppo debole vi arde la fiamma per la quale gli intelletti si accendono del più puro amore del sapere. - (Immettiamo adunque di venir facendo il tristo quadro della poca coltura letteraria a cui sono limitati la maggior parte de’ nostri Artisti musicali, ommettiamo, almeno per adesso, di lamentare il debolissimo amore che essi hanno agli studii della parte speculativa e filosofica della musica, non che di quella che riguarda le sue storie, le sue biografie, e procuriamo in vece di additar loro sommariamente alcune delle fonti a cui potrebbero attingere ove mai per un caso fortunato, taluni di essi dalla lettura di questo articolo si sentissero invogliati a procacciarsi un po’ di dottrina in codesto sì trascurato ramo della loro alta educazione artistica. Cominciamo dal dichiarare di non voler qui riferire che alcuni cenni intorno alle principali opere risguardanti la storia generale della mùsica, non che le più accreditate raccolte biografiche. Troppo lungo lavoro e difficile assunto sarebbe quello di voler offrire un quadro, pei’ quanto incompleto e sommario, degli scritti si antichi che moderni risguardanti la letteratura storica della musica. Ma i libri che noi verremo qui nominando, non senza spendervi intorno qualche parola a forma di giudizio, saranno almeno i pochi che noi vorremmo vedere nella piccola biblioteca ili ciascuno de1 nostri maestri c professori, artisti di musica in genere, per poter formarci di essi un’opinione che valga a sceverarli dalla turba dei semidìoti masticatori di crome. In Francia la letteratura storica della musica è rimasta in uno stato di nullità quasi fino al presènte; solo da alcuni anni in qua alcuni colti Artisti ed eruditi di quella nazione si sono dedicali allo studio dei monuménti dèlia stòria di quest’Arte, con una perseveranza di vedute e di indagini che promette per l’avvenire non poche buone opere su questo importante soggetto. Fin dal 1715 l’illustre Bonnet scrisse una Storia della musica e dei suoi effetti, dalla sua origine, fino al presente; ma questa opera non mantiene tutto quello che sembra annunziare il titolo, poiché non si occupa che di Lulli. Blainville scrisse una Storia generale e filologica della musica, che si pubblicò nel ’17(17. E questa per verità concepita su più vasto disegno, ma vi abbondano le erronee citazioni, e la dottrina di che si fregia, non è sempre la più sicura. Il voluminoso trattato sulla musica, di Laborde, non è che un ammasso indigesto di materiali attinti a tutte le fonti senza discernimento e senza gusto. Il Saggio sulla Musica antica e moderna, di Kalbrenner, è quasi per intero consecrato alla musica dei Greci e degli Ebrei, sulla quale egli sparse ben poca luce. Noi quindi non consigliamo i nostri Artisti a ricorrere a questi vecchi autori francesi per procurarsi delle buone nozioni storiche intorno alla musica. - Riportandoci a’serittori più moderni cominciamo dal raccomandar loro l’attenta lettura se non lo studio deU’applauditissimo Riassunto filosofico della storia della musica, che l’illustre signor Fétis premise alla sua grande Riogrcfui universale dei musicanti. E questo riassunto un lavoro pregevolissimo, e dal lato dell’erudizione e da quello della critica. Sono in esso offerti sotto i suoi più luminosi punti di vista i diversi periodi dei progressi dell’arte presso le varie naIli: rf zioni; e con rapida narrativa e ordinato disegno l’autore li viene seguendo dai primi esperimenti di essa presso gli antichissimi popoli fino alla splendida epoca del più grande fra i compositori. Arrivato al periodo moderno il sig. Fétis, nel suo grande quadro storico, abbandona saviamente la narrazione sviluppata, per attenersi a più rapidi cenni sommarii e per le più ampie notizie si riporta alle estese biografie che dei singoli artisti ei viene offrendo nel corpo della vasta sua opera.

La lettura di questo Riassunto Storico riuscirà di grandissimo profitto agli amatori della erudizione musicale, e noi saremmo molto più meravigliati ch’esso non sia stato per anco volgarizzato, se non sapessimo come i libri di véra importanza ottengono tra noi pochissima fortuna.

Anche le Curiosità storiche sulla musica del medesimo signor Fétis sono un’operetta che di buon grado vedremmo fra le mani di quei nostri signori artisti cui dovrebbe almeno piacere procacciarsi le più superficiali notizie intorno alle più piccanti vicende della musica e gli aneddoti più curiosi relativi al grado vario di importanza in che essa è avuta presso le diverse nazioni.

La storia compendiata della Musica, del sig. Stafford, che dall’inglese tradusse in francese la signora Adele Fétis, con note, correzioni ed aggiunte del sig. Fétis, è essa pure un’opera di molto pregio; l’originale inglese fu pubblicato ad Edimburgo nel 1830 ed i giornali vi riconobbero i pregi che si convengono ad un’opera destinata alle persone desiderose di procacciarsi delle nozioni intorno alla storia musicale attenendosi ai soli fatti generali. Ad imitazione della più parte degli scrittori inglesi sulla storia della Musica che succedettero a Burney ed a Hawkins, il signor Stafford attinse dagli importanti scritti di questi due eruditi, materiali pel suo Compendio Storico. Però questo sarebbe riuscito imperfetto e non al tutto acconcio ai bisogni dei lettori francesi se la traduttrice, coll’assistenza del dotto suo consorte, non adoperava a migliorarlo con notevoli rettificazioni ed aggiunte. Aggiustato a questo modo il Compendio Storico del sig. Stafford è libro ottimo la cui lettura riuscirà utilissima ed anche gradevole alle persone cui simile studio debbe essere, non che di giovamento, necessario.

I tedeschi hanno con molto amore coltivato lo studio della storia della musica. Fra le molte opere in questo genere scritte in lingua tedesca sono molto pregevoli i due volumi del dottor Forkel intitolati Allgemeine Geschichte der Musik, e stampati a Lipsia nel 1788. Senza potersi dire superiore alla critica, questa storia contiene nondimeno molte notizie utili: se la morte non avesse colpito il suo autore al momento di pubblicare il 3.° volume, è cosa probabile ch'egli avrebbe dissipata in parte l’oscurità in che ora è avvolta la storia della musica alemanna.

Ma egli è certo che i nostri artisti saranno sempre meglio consigliati ad aver ricorso ad opere italiane anziché straniere, e fra le prime sarà principalmente da menzionare la tanto nota Storia della Musica del padre Martini. Noi non lascieremo però di osservare, col dovuto rispetto alla memoria dell'insigne antiquario, che il grande quadro ch’ei delinea delle vicende della musica presso gli antichi Greci è privo di bell’ordine, e da molto povera filosofia animato. Una sovverchia pretesa all’erudizione storica, o dirò anzi archeologica, ne rende piuttosto noiosa la lettura, e simili libri, checché si pensasse negli andati tempi, vogliono essere stesi con gusto, con vivezza di stile, con novità e garbo di vedute, acciocché gli studiosi sieno invogliati a meditarli ed eccitati da un tal qual diletto a procacciarsi l’istruzione cui sono destinati.

Un’opera scritta con molto maggior spirito e con vedute estetiche d’alquanto più elevate è dovuta alla penna vivace dello spagnuolo Arteaga. E qui è facile comprendere che intendiamo parlare delle Rivoluzioni del teatro musicale Italiano, di questo libro che ameremmo vedere nelle mani di tutti i nostri signori compositori, virtuosi e maestri di canto, professori in genere di musica. Le Rivoluzioni del teatro italiano dell’Arteaga furono scritte in italiano, e narrano con bell’ordine e con sottili riflessioni le vicende per le quali questa grandiosa forma dell’ingegno umano, l'Opera in musica, che tanto onore arrecò allo spirito artistico dell’Italia, sorse pressoché dal nulla, e ingrandita dalla potenza d’imaginazione e dai nobili studii di alcuni insigni, si sparse in breve tempo per tutto il mondo e diventò il più desiderato, il più acclamato, il più maraviglioso tra gli spettacoli destinati a ricreare le società civili e con savio indirizzo a ingentilire i costumi. Eppure chi il crederebbe? -In Italia, ove si pretende che tanto sia avuto in onore il teatro musicale, in Italia ove il melodramma è oggetto delle speranze, dei timori, delle avide brame e dei sospiri di tanta e tanta gente che si aggrappa alle diverse professioni per le quali esso vive, come il naufrago alla sola tavola di salvezza a lui lasciata dalla procella, in Italia, questa pregevolissima opera che ne svolge tutta la storia e ne ritrae i mirabili progressi, e ne addimostra la somma artistica importanza; in Italia non solo non è letta che da pochissimi eruditi, ma neppure si sospetta dalla moltitudine de’ musicanti ch’ella esista! «L’opera dell’Arteaga, dice il sig. Fétis, è la più importante sulle rivoluzioni del teatro musicale; è la sola nella quale si trovi l’erudizione, senza pedantismo delle fine vedute senza pretensione, gusto, eleganza di stile e non spirito di parte».

Noi ci lusinghiamo che il giudizio di questo dotto critico oltremontano varrà ad indurre i nostri signori artisti a procacciarsi un sì riputato libro, onde colla lettura di esso far acquisto di quelle generali nozioni intorno alla musica che con loro non poca vergogna la maggior parte di essi al presente non posseggono.

B.


ESTETICA MUSICALE.

ARTICOLO V1

ANALISI.

Di alcuni artifizi del Contrappunto.

Abbiamo osservato l’armonia determinare il carattere dei suoni melodici, e rendere l’orchestra non solo il sostegno delle voci, ma il compimento dell’espressione musicale che squarcia a così dire il velo onde l'animo è ricoperto, e ne palesa tutta l'interna commozione. Rimane ancora ad osservarla nei quadri in cui più personaggi, o un intero popolo sono rappresentati, vogliam dire, nelle combinazioni di più melodie contemporanee, nei grandi unisoni, nei canti per terza o sesta, nelle imitazioni, e nella fuga, onde scoprire qual parte possano prendere nell'espressione musicale questi massimi artifizi del nostro contrappunto.

XXIII. Ai vantaggi che l’armonia reca alla musica già prima contemplati è da aggiungersi quello di potere in un medesimo punto rappresentare gli affetti, ancorché opposti di più individui colla riunione di più melodie contemporanee. Ora da questo accoppiamento di melodie debbono risultarne necessariamente i tre moti comparativi, cioè il moto retto, l’obbliquo ed il contrario, non potendo a meno di progredire l’una rispetto all’altra o nella medesima direzione e con ritmo eguale, o con direzione diversa e con ritmo eguale o vario. Vediamo la cosa in grande.

XXIV. Il moto retto non può praticarsi che all’ottava o unisono, alla terza o sesta. Fra stromenti di forza presso che pari, ma di diverso carattere, l’unisono produce un carattere misto e nulla più.

XXV. Fra voci indica un sentimento che spinge e modifica con assoluto impero le volontà, o le dirige ad un sol punto.

Siccome però tali tratti non presentano una varietà proporzionata ai mezzi, raro e che riescano interessanti, se non trattisi di un pieno coro che dia loro una forza materiale di suoni sufficiente e a dimostrare la grandezza di quel sentimento e a trascinare irrevocabilmente in quello anche, l’uditore.

A intendere come un sentimento ingigantisca allorché si scorge dominare la volontà di più individui in proporzione del loro nùmero, si ricordi l’introduzione della Norma alla musica «Dell’aura, tua profetica, spiegantesi in una melodia semplicissima all’unisono, e l’effetto che ne risultava al Teatro alla Scala eseguita da un coro di trenta individui rappresentante quasi un intiero popolo perchè riempiva il vano della scena.

Un sentimento che ha dominato tante volontà non diventa egli grande, inponente? In questo caso più che in ogni altro si addice una melodia semplice e chiara, sia perchè più facile ad eseguirsi da molti, sia perché semplice e chiara è sempre la natura di tali sentimenti.

L'unisono di poche voci non potendo assumere siffatta grandezza fa sentire la mancanza di varietà e diviene una parola troppo debole, una tinta troppo sbiadata; epperciò il ricorrere ai canti per terza e doppii sarà miglior partito, ove il sentimento che muove gli attori non urti col senso di tali canti che ora spiegheremo.

XXVI. Delle due parti che eseguiscono una melodia per terza o sesta l’una ha sempre l’apparenza di primeggiare sull'altra, onde anche il volgo dice, fare il secondo ogni volta che nella canzone intuonata da alcuno, un altro aggiunge la terza o sesta. Nè tale priminenza è già esclusiva della parte più acuta, ma sì di quella che trascorre sui suoni più caratteristici del tono, e che più dell’altra potrebbe reggersi da sola. In queste melodie vi è dunque l’immagine di una potenza che agisce di proprio impulso, e di un’altra che da quella prende norma. E siccome, se il tratto è di qualche attenzione, accade spesso che or l'una, or l’altra alternamente primeggi, quell'immagine si fa più viva, e rappresenta quell’union di voleri che amore si appella. Dal che sembra potersi conchiudere, cotesti canti mal convenire a quegli a due in cui i personaggi rappresentano potenza reciprocamente avversa, ben inteso che qui trattasi non di qualche frammento di frase sparso qua e colà, ma di intieri periodi così tessuti. L’unità di affetto delle melodie per terza è tale che eseguite a pieno coro acquistano la forza dei grandi unisoni, come il vediamo nel coro "Guerra, guerra" della citata Opera Norma.

XXVII. Ma nelle situazioni drammatiche non sempre i personaggi di una scena sono commossi da un medesimo affetto, o la medesima causa agisce su tutti ad un modo e con eguale intensità, escludendo quelle modificazioni che i diversi temperamenti, interessi e passioni possono produrvi. In tali casi l’unisono o le terze non possono convenire che a quelli che possiamo supporre nell’egual situazione d’animo; per gli altri si dovrà ricorrere a canti totalmente diversi, o ai giuochi d’imitazione rette o inverse, secondo la differenza più o men sentita degli effetti.

Nè da ciò vuolsi argomentare che i cauti doppj in cui primeggiano i moti obbliquo e contrario sconvengano a quelle situazioni in cui due personaggi sono commossi da eguale affetto, che anzi ancorché fosse l’espansione deliziosa del più tenero amore, li riputiamo sommamente acconci a rilevarne l’effetto a quel modo che il pittore atteggia diversamente le figure del suo quadro benché egualmente commosse; perché infatti così veggiamo succedere nelle naturali espressioni, le quali, benché d'un carattere affatto simile, sono infinitamente svariate. Il senso della parola, e 1'accento oratorio unitamente al carattere delle singole melodie determinano l’espressione indipendentemente dall’idea destata dal moto contrario e obbliquo, e questo accoppiamento non ha più altro ufficio che di interessare a maggior attenzione e rendere più profonda l’impressione voluta dall’artista. Fin qui di pochi personaggi.

XXVIII. Se poi una medesima melodia viene a dominare nelle varie parti di un gran coro successivamente ripetendosi in ben disposte imitazioni e secondo le norme della vera fuga, l’espressione di un affetto unico diversamente modificato sarà tanto evidente da non aver bisogno di parola a rischiararla.

La difficoltà meccanica della fuga ha fatto credere che mal si possa colla medesima esprimere qualche situazione drammatica; che questo genere di composizione mal si confaccia col gusto comune tendente al semplice ideale, per la qual cosa (in Italia) più non si scrivono fughe che da qualche Maestro di chiesa zelatore di vecchie usanze; mentre dai più si reputa un avanzo di barbarismo scolastico, da cui tormentati un tempo ora fuggono come dal letto di Procuste.

Ma tale non debb’essere l’opinione dell’artista che ragiona, e vuole arricchirsi di tutti i mezzi che l’arte gli fornisce, non si ristando per fatiche e studio.

Egli è falso che la fuga non possa piacere al pubblico, od essere nulla più d’un noioso capolavoro dell'Arte, come piacque a Rousseau di chiamarla; e il volerlo asserire sarebbe come dire non poter esservi bellezza nel Giudizio di Michelangelo, nella Scuola d’Atene di Raffaello, e in tanti altri grandiosi dipinti perciò solo che contengono molte figure. E la fuga è appunto un quadro di molte figure che qui sono rappresentate dall’incontro simultaneo di più idee melodiche le quali non ponno render difetto ove siano disposte con bell’ordine e senza confusione: possiamo anzi osservarvi lo stesso magistero che in un bel dipinto, nel quale le [sic] bella disposizione fa immaginare ancor più figure di quante in fatti vi sono effigiate. Del pari è falso il credere che non si possa costrurre la fuga con melodie moderne ed espressive, ma solo con cauti e modi antiquati. I canti della fuga vogliono essere semplici e schietti onde vi si possano contrapporre senza confusione altri canti secondarj, e i canti semplici e schietti sono appunto i più espressivi e belli in ogni tempo.

Ma ciò che deve renderla accetta al pubblico (tanto in chiesa che sulla scena) si è che venga adoperata quando e come il sentimento lo esige; e allora sarà intesa ed apprezzata, che costituirà la vera parola espressiva dell’Arte.

Così il pittore non trasceglie già quei soli colori che son belli a vedersi separatamente, ma quelli che possono meglio imitare ciò ch’ei vuole, e quando al giudizio immediato dell’occhio sfuggano le tinte adoperate e si presenti naturale l’obbietto imitato ogni colore diventa bello.

Il vero effetto della fuga, come già si è detto, si ottiene dal pieno coro così come l’effetto dell'unisono, essendo entrambi riferibili ai sentimenti di un intero popolo, epperciò se trattandosi di poche parti, all’unisono sono preferibili! canti per terza, alla fuga del pari potremo anteporre l’imitazione libera ideale, o i canti doppj con bell’intreccio combinati.


Conclusione dell'Analisi.

Ecco decomposta l’Arte ne’ suoi elementi, e trovato siccome non si dà suono di cui non si conosca la causa materiale senza che siamo portati ad ascriverlo ad un essere vivente; che il tono è l'immagine della forza morale; che il ritmo ha rapporto con tutti i movimenti epperciò si riferisce allo stato, all'azione della forza fisica; che la melodia sta invece dell’accento, e delle inflessioni della voce nell’espressione degli affetti, mentre l’armonia rappresenta le potenze urtanti, o per meglio dire, il sentimento dell’urto che una vitalità riceve dalle potenze esterne o dalle proprie passioni. Abbiamo veduto di più che questo elemento produce in noi un misto di memorie di prove piacevoli o dolorose, di previdenze e di sorprese, vere immagini dei sentimenti di cui s'intesse l’umana vita; che perciò ne porge il mezzo di far conoscere quasi riflessa in uno specchio l’interna commozione della vitalità annunciantesi colla melodia; e di descrivere contemporaneamente l’affetto di più vite, o personificare i più intimi sentimenti. Abbiamo ravvisato del pari come ogni istromento musicale ha relazione con sensi diversi ed un'altitudine particolare a particolari espressioni; per la qual cosa l'orchestra ha una vera potenza pittrice, e concorre all’espressione colle voci.

Dalle quali cose ci sembra poter conchiudere essere la musica vera arte d’imitazione il cui tipo, meno che nelle circostanze che naturalmente rendono suono, è riposto nel più intimo fonte della sensibilità e dell’affetto.

XXIX. Egli è perciò che il vero bello musicale consiste nell’evidenza dell’espressione, così come accade nella pittura. Che se si voglia opporre esservi moltissime Opere dal comun sentimento riputate bellissime senza che perciò dirsi possano vere imitazioni, come un motivo, una sinfonia, un concerto e simili, e vogliasi conchiudere, la musica essere più spesso e per propria natura produttrice di un bello sui generis astratto, ideale, che al solo senso dell’udito, si può riferire, risponderemo col far osservare 1.° Che il linguaggio musicale è rappresentazione di sentimenti sommamente generici, non già della causa individuale che li produce, epperciò stesso comuni a molte circostanze della vita in apparenza disparatissime. 2.° Che perciò ove la musica è divisa dalla parola che ne individua il senso (e lo è non solo quando non vi è canto, ma ogni volta che la poesia non parla di sentimenti o circostanze imitabili) difficile riesce tradurre in parole il vero effetto musicale, benché non perciò meno provato, ed è questo il caso di un bel motivo, di una bella sinfonia, e simili. Dal che nasce che tanto prevale il gusto per la musica drammatica, e la si vuole ridotta in ogni maniera da chi, poco avvezzo a giudicare della natura delle proprie sensazioni, o poco sensibile al bello musicale, ha duopo del sussidio della parola letta, o sentita, o ricordata per diffinirle. Risponderemo per ultimo non essere vero bello in quelle opere, in cui solo si cerca di abbagliare coll’idea di bravura e di difficoltà vinta, se a queste non si associ lo scopo di commovere; ammirarsi in tali casi l’ingegno e la insistenza di chi ha superata la difficoltà ma con cuore freddo, ozioso.

Ma se noi non siamo dell’avviso di quell'autore che pose 1'espressione musicale au grès des chiméres, non pensiamo neppure come colui che disse, Donnez mo la Gazette d’Hollande, et je la metterai en musique. Tutte le arti sono circoscritte da limiti fissati irrevocabilmente dalla natura dei loro mezzi ed elementi, ed ogni tentativo per oltrepassarli o dilatarli non può altro produrre che mostruose ed oscure goffaggini. Così la pittura, essendo assolutamente immobile, non può di ogni fatto che imprende a rappresentare esprimere che un punto unico; e se ella volesse esprimere alcuna di quelle mosse che si possono naturalmente supporre ripetibili o durevoli, sarebbe lo stesso che avvertire il risguardante non essere colore ciò ch’ei vede sulla tela. Tale effetto facevano nel celebre quadro di Bruloff: L’ultimo giorno di Pompei le due statue squilibrate e cadenti dall’alto, pericoloso disinganno che ne toglie a quei sentimenti che il dipinto pieno di interesse e condotto con somma perizia doveva destarci di compassione e di terrore. Le mosse di un essere animato così come il ripiegarsi di una pianta per impeto di vento si possono benissimo rendere dalle arti immobili appunto perché ripetibili, e costituiscono anzi un fonte principalissimo di bellezza. Questa mobilità di alcune Arti e immobilità di alcune altre è poi il gran motivo per cui tante bellissime descrizioni poetiche non offrono al pittore che soggetti meschini.

Ci si perdoni se poniamo piede nell’altrui terreno in qualche digressione. Esiste fra le Belle Arti un tale legame, che le massime radicali dell’una sono presso chè tutte applicabili alle altre. Né altrimenti può essere, non avendo esse di diverso che il mezzo materiale, ma tutte avendo l’uomo per tipo primitivo ed ultimo scopo.

(Sarà, continuato).

R. Boucheron.

DELL'ISTROMENTAZIONE. ARTICOLO V. (Vsdi i fogli 5, 8, iO, -19, 24 e 2ò). Nelle composizioni che debbono generalmente avere carattere melanconico, l’uso frequente del corno inglese collocato nel centro della massa istromentale, perfettamente conviene. Allora si può scrivere una sol parte d’oboe e supplire alla seconda con quella del corno inglese. Gluck ha impiegato questo stromento nella sua Opera italiana Telemaco, ma senza speciale intenzione, e senza cavarne grande partito; egli non lo usò mai ne’suoi spartiti francesi. Io non so perchè Mozart, nè Beethoven, nè Weber mai se ne sieno serviti. La maggior parte dei corni inglesi sono di cuoio ("•), e se ne fanno ancora di legno; i primi mi paiono da preferirsi, poiché il timbro loro è d’un carattere più deciso. Il fagotto è il basso dell’oboe. La sua considerevole estensione, che abbraccia per 10 meno tre ottave, lo rende in moltissime occasioni di grande utilità. La sonorità non ne è molto forte, e il suo timbro privo al tutto di viva risonanza e di nobile sostenutezza, propende al grottesco; del che bisogna saper far conto a luogo opportuno. Le sue gravi note forniscono bassi eccellenti al gruppo intero degli stromenli da fiato di legno. Si scrivono comunemente i fagotti a due parti, ma siccome le grandi orchestre sono sovente provvedute di quattro fagotti, si ponno allora scrivere senza inconveniente a quattro parti reali, e meglio ancora, a tre; essendo la parte grave raddoppiata all’ottava inferiore, per dare maggior forza al basso. Il carattere delle sue note acute esprime l’angoscia e il soffrire, dirci quasi, di chi è oppresso, a talché si può-questo stromento collocare qualche volta sotto una lenta melodia, o in un disegno d’accompagnamento con effetto sorprendente. Laonde il sommesso chiocciare (,gloussement) che si ode nello scherzo della sinfonia in do minore di Beethoven, verso la fine del decrescendo, è unicamente da ascriversi al suono un poco sforzato del la bemolle e del sol acuto de’ fagotti all’unisono. Quando il sig. Meyerbeer, nella sua resurrezione delle monache, nel Roberto 11 Diavolo, ha voluto trovare una sonorità pallida, fredda, cadaverica, s’è servito delle note estremamente acute de’fagotti, e ha ottenuto l’effetto. I gruppetti rapidi a note legate possono impiegarsi con successo; essi riescono felici quando sono scritti nei tuoni che l’istromento desidera. Il Fagotto per quinta, diminutivo del precedente, il cui diapason è più alto d’una quinta, più non ha luogo nelle nostre orchestre, e il corno inglese vantaggiosamente ne fa le veci. Esso ha però più forza del corno inglese, e il suo timbro è di buon effetto nella musica militare. E poi da dolersi che sia stato quasi del tutto proscritto dalle orchestre di stranienti da fiato, nelle quali i fagotti grandi e piccoli servir potrebbero ad addolcirne l’aspra sonorità. Il contraffagotto, il suo nome il dice, è al fagotto quale al violoncello è il contrabbasso. La profondissima gravità del suo diapason lo rende prezioso, non solo pelle musiche militari, ma per le grandi orti) Questo è un errore che il medesimo sig. Bcrlioz ebbe a correggere ne! susseguente suo articolo1 Non vi è specie alcuna di corno inglese di cuojo; vi è bensì il corno inglese ricurvo il quale si copre di pelle perchè meglio sieno uniti i pezzi di- legno dei quali è formato. chestre ordinarie, specialmente ne’ pezzi di carattere energico e grandioso. Beethoven l’ha posto nel fanale della sinfonia in do minore, e in quello della sinfonia con cori. Ma nessuno lo suona a Parigi, nè s’insegna in questo Conservatorio. Si tenta qualche volta di rimpiazzarlo coll’officleide, il cui suono non ha egual gravità, poiché esso è all’unisono del fagotto ordinario e non all’ottava bassa. Il timbro dell’officleide non ha niente che fare con quello del contraffagotto. Io credo pertanto che meglio si farebbe senza questo stromento, di quello che rimpiazzarlo a questo modo. Gli stranienti a semplice ancia, come i clarini e i claroni costituiscono una famiglia non tanto attenente di parentado a quella degli oboe come si potrebbe credere. Sopra tutto v’è grande differenza nella natura del suono. I clarini di fatto hanno le voci mezzane più limpide, più piene, più pure e più dolci di quelle degli stranienti a doppia ancia, il cui suono è sempre acre e in certo modo aspretto, che può però essere raddolcito per mezzo dell’abilità degli esecutori. Gli acuti suoni dell’ultima ottava, togliendosi dal do in terzo spazio, tengono alcun po’ dell’agrezza de’ forti suoni dell’oboe, mentre che il grave e risentito carattere delle note basse si assomiglia, solamente però per la sua rubesta vibrazione, a quello di certe note del fagotto. Per conseguente il clarino ha tre timbri distinti: quello del registro sopracuto, che vuole senza più essere impiegato nel fortissimo delPorchestra (alcune note sopracute possono nondimeno essere tenute piano quando l’attacco del suono siastatoacconciamente preparato), o negli arditi tratti d’un solo brillatilo; quello di mezzo, che si affa alle melodie, agli arpeggi e ai passaggi; e il grave proprio a quegli effetti Jreddamente minacciosi, a que’ neri accenti di pertinace rabbia, de’quali fu Weber 1 ingegnoso inventore. Quando si voglia dare grande rilievo agli stridi penetranti delle acute note, e se si teme dall’esecutore il pericolo d’un cattivo attacco dell ardua nota, bisogna nascondere questa entrata del clarino sotto un forte accordo di tutta l’orchestra, il quale interrompendosi quando il suono abbia avuto campo di rapprendersi e spiegarsi, lo lascia allora impunemente alla scoperta. Il destro di collocare opportunamente queste tenute sopracute capita assai di rado. 11 carattere de’ suoni di mezzo spiranti una certa fierezza che rattempera uria nobile dolcezza, li rende all’incontra acconci all’espressione dei sentimenti e delle idee più poetiche. La frivola gajezza e del pari la ingenua gioja sole paiono punto non convenire a questo timbro. 11 clarino è uno strumento poco acconcio all’iddio, ma si conviene meglio al carattere epico, come i corni, le trombe e i tromboni. La sua voce, quella è dell’amore eroico, e se le masse degli stranienti metallici, nelle grandi sinfonie militari, risvegliano l’idea d’un guerresco esercito ricoperto di luccicanti armature, che va incontro alla gloria e alla morte, i molteplici unisoni de’clarini, sentiti nel tempo medesimo, sembrano rappresentare le amate donne, le amanti dal fiero sguardo, dalla profonda passione, che il rumore tlell’armi esalta, che in combattendo pur cantano, che coronano i vincitori o muoiono insieme coi vinti. Io non ho mai potuto di lontano sentire una musica militare senza essere vivamente commosso da questo timbro femmineo de’clarini, e preso da imagini di questo genere, come dopo la lettura delle antiche epopee. Questo bel soprano istromentale, così sonoro, sì ricco di penetranti accenti, quando è posto in opera per masse, acquista nel solo quel tanto di delicatezza e di misteriosa affettuosità che perde in forza e in islancio. Niente di più verginale, niente di più puro del colorito dato a certe melodie dal timbro di un clarino adoperato ne’suoi suoni mezzani da un valente virtuoso. Tra tutti gli stranienti da fiato il clarino è il più atto ad imprendere, rafforzare, diminuire e sfumare il suono. Quindi la preziosa facilità di produrre il lontano, reco, Ceco dell’eco, e il suono crepuscolare. Quale esempio più mirabile potrei io qui citare dell’applicazione di qualcuna eli queste impressioni, se non la mistica frase del clarino, accompagnata da un tremolo degli stranienti da corda, nel mezzo dell’allegro della sinfonia del Freyschùtz non è questa la voce della vergine derelitta, la bionda sposa promessa del cacciatore, che, levati gli occhi al cielo, mesce il suo tenero pianto al fracasso delle alte quercie agitate e squassale dal turbine? O Weber!!! Io potrei del pari citare l’effetto se non somigliante, almeno analogo d’un canto di clarino, i cui frammenti interrotti con pause sono egualmente accompagnati da un tremulo d’una parte degli stranienti a corda, mentre che i contrabbassi sforzano di tratto in tratto una grave nota che produce sull’armonia una pesante pulsazione. Ma in questo caso l’autore, per dare al suono un accento il più possibile vago e lontano, volle che l’istromento fosse ravvolto in un sacco di pelle che dovea far l’officio della sordina. Il risultato di questa sperienza e la sonorità per metà scomparsa di questo solo di clarino hanno sempre l’alto grande impressione su gli uditori. Quest’ombra di musica fa nascere un tristo sentimento che sforza al pianto, lo che non sarebbe dato di ottenere agli accenti più dolorosi; un suono di simil genere desta nell’animo una tristezza qual si prova all’udire le tremolanti vibrazioni dell’arpa eolia <-*-). (Sarà continuato). Bkulioz. (*) Ripetiamo quel che abbiamo detto in altra nota; è peccato eh» in questa sua analisi dell’indole e mezzi di effetto dei varii stromenli il sig. Ilerlioz trascenda a sovverchio abuso di poetiche interpretazioni 1 L’Esimi. INDUSTRIA. I. €K!IIBALO M OTTO OTTAVE Di fabbricazione ilei signor Paph di Parigi. La manifattura degli «stranienti di musica s’è arricchita da alcuni anni in qua di preziose scoperte. Ampliandosi sempre più il dominio dell’armonia, non poteva rimanere stazionaria l’industria che presiede alla fabbricazione istromentale. L’fisti-omento poi di cui più particolarmente si doveva cercare di aumentare le risorse era il cembalo, come quello che meglio rappresenta le voci numerose dell orchestre. Di certo non si è dimenticata la prodigiosa quantità di cembali che vennero posti in mostra all’ultima esposizione degli oggetti di industria in Parigi, e le invenzioni anche più numerose ond’erano raccomandati. Fra tutti i fabbricatori di Parigi, il sig. Pape si distinse per la varietà e la novità delle sue produzioni. Da quell’epoca, questo valente artefice ha fatto ancora altre innovazioni, ma la più importante è senza dubbio quella della quale stiamo occupandoci. Il pianoforte di cui si parla è di otto ottave compiute, il suono è d una sorprendente bellezza e d una forza non comune; i sette semi-tuoni aggiunti ai bassi sono cosi pieni, così puri come nelle ottave che seguono. Quanto alle note acute sono tutte sonore fino all’ultima; però questa parte dello stromento non tocca la perfezione dei bassi. Ciò che in esso più ci colpisce si è che coll’enorme quantità di suoni che possiede, pare più corto, e in tutto meno voluminoso che non sieno i cembali a coda di forma ordinaria. Affrettiamoci ad aggiungere che questa riduzione di formato è tino dei perfezionamenti di cui il sig. Pape si è specialmente occupato in questi ultimi anni. Sciolto una volta questo problema, l’applicazione ne diventa facile. Il chiavicemlialo ad otto ottave ne offre una prova irrefragabile; perchè col sistema ordinario, per ottenere dei suoni simili a quelli di questo istrumento sarebbe abbisognato una cassa di grandezza smisurata. Ora, lo scopo del sig. Pape, fabbricando questo cembalo, è stato sopra tutto di mostrare i vantaggi che si possono ottenere col suo sistema ili costruzione. Noi crediamo che questo fabbricatore sia il primo a desiderare che i pianisti vogliano pur contentarsi dell’estensione ordinaria della tastiera. Checché ne sia, il sig. Pape pare stia facendo in questo momento un nuovo esperimento che consisterebbe a impiegare per questa ottava, aggiunta alle ordinarie, delle lamine metalliche simili i a quelle dei cembali senza corde i quali producono dei suoni più robusti di quelli delle corde. Insomma questo fabbricatore, a non dubitarne, caverà un gran partito da questa nuova estensione, e a tale riguardo il passato è garante dell" avvenire. Da trent1 anni il sig. Pape non ha cessato di portare i suoi continuati perfezionamenti sopra tutte le parti dell arte sua, e noi conosciamo più di cinquanta invenzioni } patentate dovute al suo ingegno. Invitati a esaminare il nuovo cembalo di otto ottave, abbiamo potuto convincerci che, sebbene a tutta prima paja esagerata quell’immensa estensione della tastiera, presenta ciò nulla meno un interesse reale per le innumerevoli risorse che offrono le note supplenti, sopra tutto quelle del basso, che contribuiscono potentemente alla ricchezza e alla pienezza del suono; cosicché siamo d avviso che bisognerebbe piuttosto sopprimere un ottava alta che levare una sola nota dei basso, e se il chiavicembalo è destinato’ a limitarsi a sette ottave, la tastiera si estenderebbe dopo questo risultato, non dal do al do, ma dal sol al sol. Punto non dubitiamo che tutti i compositori che si occuperanno di osservare questo istromenlo saranno del nostro parere. F.e M.e Essenziale perfezionamento del eia» rinetto fatto dal sig;. Fingerliut, fabbricatore di stromenti, a Cassel. Per quanto il clarinetto, fino dalla sua invenzione (nel 1690 da Gio. Cristiano Denj.ner a Norimberga) ai tempi attuali sia stato migliorato ’da parecchi fabbricatóri di stromenti, nominatamente dal rinomato sonatore di clarinetto ‘Iwan Mùller, lasciava pur sempre desiderare varie cose riguardo alla sua costruzione e al suo meccanismo. Tra le altre cose non si poteva tuttora eseguire un perfetto trillo dal mi alJ’a diesis (quarto spazio, quinta riga), e sul si (sotto le righe), giacché coll’aprire la sesta chiave, la nota ausiliare do si fa troppo acuta. Tanto più devesi èssere riconoscente al fabbricatore d" istromenti sig. Fingerhut a Assia-IIassel, al quale dopo lunga meditazione è riuscito di dare un altro meccanismo alla sesta chiave, a guisa del flauto di Bulini, per cui non solo si eseguiscono i suddetti trilli perfettamente e colla maggior facilità, ma ancora l’accordo di mi minore occorrente su e giù sul mi nella seconda ottava sotto il rigo. Questo meccanismo è di eguale vantaggioso effetto sul mi sopracuto e sul sol acuto, e garantisce la loro giustezza. Gli stromenti del sig. Fingerhut si distinguono in oltre per la loro bellezza, e lavoro pieno di gusto. Questo suo perfezionamento fu confermato in iscritto, in data di Cassel 1 maggio 18-12, dal celebre maestro di cappella Spohr. BIBLIOGRAFIA MISICALE. A.) Opere ili Thalberg e IAml recentemente in Milano pubblicate. Nella gerarchia musicale trovatisi alcuni uomini il cui soiu nume e un talismano contro I indifferenza del punDuco ed un mlaliiDne garanzia di successo. Aiiorcue essi ìiinangoiisi inoperosi, ua ogni parie sorgono lamenti, e coniimiuaiente vengono sollecitati a produrre alcun che di nuovo: quando poi annunziano qualche inedito lavoro tutti aspettano ansiosamente il giorno della pubblicazione per acquistarlo e cosi deliziarsi col novello parto della ceìeontà prediletta dalla moda. iuaioerg e Liszt, gli imperanti pianisti della giornata, a preferenza degli altri vanno annoverati fra codesti esseri privilegiali: ogni apparir di una loro nuova opera, sia essa di breve sviluppo e perciò non di rado con immagini proprie, oppure di lunga portata, cd allora con molivi ed andamenti tolti a maestri in voga, e un avvenimento che mette in moto tutti 1 dilettanti e professori ui pianoforte, che sono o si credono innoltrati d assai neu arte esecutiva meccanica, ormai spinta ad un eccesso veramente strabocchevole. Prima di inoltrarci a far bree cenno delie composizioni di Liszt e Tnalberg or ora fra noi comparse, ci si permetta esternar nuovamente una nostra opinione in rapporto al genere da queste sommità più specialmente nei comporre adottato, genere cne, tranne ben poche differenze parziali, presso a poco c quasi sempre io stesso e si può uir che non varj se non per le maggiori o minori complicazioni e per le cantilene piuttosto di Rossini o di Donizetti, che ui Meyerbeer e odimi. l’halberg e Listz, forniti come sono di un raro e forte ingegno, ed ii cui esempio esercita grande influenza sulia massa Uegii artisti, a nostro credere, almeno ui quando in quando, dovrebbero immaginare alcune composizioni cne’ pei loro merito intrinsico, per la forma e per»a condotta avessero a riuscire ammirate dalla posterità. Le fantasia opolpourrisowo altrui motivi non ponilo sopravvivere di moito all epoca in cui furono accozzate. Le soie opere basate sopra i felici risultati di una ierace immaginativa, di caldo sentire o di scientifica sicurezza ponno aspirare ad una fama duratura. Infatti chi fra ì giovani sanatori d’oggidì si e mai esercitato colle Fantasie miliari, navali, funebri e colle Opere l’ò e si di Steiheit (!), eolie minute Variazioni ai Gelinoli e di VVanhal, oppure colle arie del Sansone e dell Orfeo variale da Lramer, ecc. ecc.: pezzi che nella loro novità vennero ad entusiasmo ricercati ed applauditi nelle società musicali? i ra ie creazioni di Clementi, Mozart, Beethoven, Weber e Kummel, quali vengono tuttavia apprezzate ed eseguite dagli intelligenti? le poche sopra pensieri altrui o le nioite magnifiche Sonale a solo o concertate? Le prime forse troveransi per caso presso qualche bihlomane musicale, nel mentre le seconde, dichiarate splendidi monumenti delFartc, dal vero esecutore vengono sempre con molto vantaggio consultate. L poi se ne vuole una prova anche fra gu autori viventi? Le Fantasie o variazioni sopra melodie teatrali tempo là pubblicate da Czerny e da lierz ora non vengono forse apertamente ripudiate da coloro che pochi anni sono le vantavano come il non plus ultra della musica brillante? Da tutto questo vorremmo che Thalberg e Liszt de’ ducessero esser di assoluta necessità ricondurre la mu. sica di pianoforte ad un genere in cui l’invenzione possa..signoreggiare, lo stile e la fattura possa» valere, cd in cui il meccanismo più non sia la scapo dell’arte, ma bensì il mezzo.-Chopin, che non tardò a comprendere -una cosi savia massima, meritossi il titolo di pianista-com(1) Il chiarissimo Félis asserisce che Steiheit ò stato l’inventore delie fantasie sopra temi favoriti, il che fu cagione di non poco danno alla musica di pianoforte. positore eccezionale. Moschelcs, Iialkbrenncr, Mcndelsohn, Berlini, Pixis, e poehi altri ci hanno dato anche de’ pezzi severi, ma questi egregi autori sono da tenersi.quali emanazioni della vecchia classica scuola. 1 lettori lei perdonino se alla sfuggita abbiamo toccato un imporItantissimo argomento a svolgere il quale non basterebbero più fogli: le verità che ponno riuscire d’incremento all arte ed agli artisti non sono mai abbastanza proj pagate, e il farsi bandilricc di esse è la principale de» stillazione di questa nostra Gazzetta. Al capolavoro di Donizetti, all’insinuante musica della Lucia, che tanto spesso ed in tante guise ha servito a virtuosi compositori ed a’ riduttori di ogni genere, ricorse anche lhalberg; al pari del despota pianista ungherese sul magnifico andante del finale secondo, il pianista-tipo ha portato le sicure sue mani, ammantandolo di tutti i seducenti capricci del nuovo suo sistema, sviluppandolo fra un vaghissimo intreccio di accordi, di trilli, di terze, di ottave, di arpeggi, di tremoli ed in line di velocissime scale, senza che In melodia cessi un sol momento di sentirsi distinta ed etlicace in ogni sua parte. Il lavoro di Liszt sullo stesso tema, da varj anni edito dal Ricordi, per forza e robustezza è da porsi al di sopra di quello dell’autore della fantasia sul Motèl le pagine di questi vincono quelle del trascrittore di Schubert per delicatezza, grazia ed elegante espressione. In quanto ad effetto noi incliniamo pel primo. L Andante della Lucia variato da Thalberg fu pubblicato dal Lucca presso il quale vide pure la luce anche il Tema e studio in la minore che [ter la incantevole sua bellezza, tanto di concepimento, quanto di chiaro artifizio, assai notevole in ispccie, allorché le note ribattute si uniscono al soggetto melodico, non che pel meraviglioso modo con cui nelle varie capitali di Europa venne dallo stesso Thalberg eseguita, già si acquistò un’illimitata fama e venne perfino scelto da Adams pel prossimo concorso al Conservatorio di l’angi. — ÌNelle Licder o canzonette di Schubert, il compositore, di musica intima, troppo presto rapito all’arte, trovatisi inspirazioni per tutte le fasi dell’esistenza privata, sorrisi per tutte le gioje, lagrime per qualunque dolore, preghiere per ogni supplicante: l’anima lasciasi signoreggiare dalla patetica espressione de’ suoi canti pieni di melanconia e li accoglie con un’emozione inesprimibile. Ecco il magico potere delle Licder di Schubert con tanto fervore amate in Germania ed in Francia, e che forse a noi sarebbero del tutto sconosciute se Liszt non avesse rese famigliar! colle impareggiabili trascrizioni presso i nostri coltivatori del pianoforte l’eòlia Serenata, il toccante Desiderio, la Barcarola colle sue ondulazioni voluttuose, il misterioso Boi des Aulnes, la fidante Religiosa che prega fra l’imperversar della procella, 1 originale Posta, la commoventissima Ave Maria e molte altre composizioncelle tolte a Schubert, che figurano sul Catalogo del Ricordi, il quale fece pure tradurre le migliori in lingua italiana. Listz ora scelse quattro fra le melodie sacre del creatore di una nuova poetica musica di canto per camera, e da uomo intelligente e coscienzioso seppe rispettale r individualità caratteristica del grande modello e conservarne le primitive grazie, trasportando dalle voci al pianoforte quei mistici e dignitosi concetti in taluno quasi senza cambiare od aggiungere nota, ciò che per vero dire non sempre fece in altre trascrizioni. Affinchè poi le Melodie Sacre di Schubert potessero avere un degno riscontro, a Beethoven ebbe ricorso l’imaginoso pianista, e dalle creazioni sfuggite all’incomparabile genio in un momento di penetrazione religiosa, trasse sei pezzetti di una difficoltà piuttosto moderata, i quali riesciranno assai interessanti anche senza il soccorso della parola, e per essi si potrà giudicare quanto il grande alemanno sinfonista fosse semplice e vero allorché egli voleva esserlo. Beethoven anche in queste sue Melodie sacre lascia travedere l’autore del Cristo al monte Oliveto e della famosa Messa Solenne’, Listz. nel trascriverle, si meritò gli elogj a cui è accostumato; in esse non operò meno bene cne nelle Serale Musicali di Rossini, Donizetti e Merendante, nelle Romanze di Mendelsohn, nelle Sinfonie di Bcrlioz, di Beethoven, e del Guglielmo Teli, a più di tutto negli Studj trascendentali di Paganini e nelle Licder di Schubert. — Il riduttore mettendo alla portata degli istroincntisti le composizioni vocali, adopera nella stessa guisa di un incisore con un dipinto; perciò il riduttore per pianoforte, da uno scrittore di cui ora non mi sovviene il nome, viene qualificato pel più determinato propagatore dell9 arte musicale, come l’incisore o il litografo lo sono di quella della pittura. Ma (piai enorme differenza passa dal ridurre come fanno Listz e Thalberg, a coloro che un tanto al foglio colla maggior traseuranza alterano e dilaniano in cento guise le Opere teatrali per smania o bisogno di far presto! Alla pubblicazione degli or accennati lavori di Liszt, l’editore Ricordi fece succedere la Grande Fantasia sulla Sonnambula dell’istesso autore, importante opera di una condotta analoga alle già precedentemente applaudite sopra motivi della Fiabe, de’ Puritani, della’ Lucrezia Iiorgia e dei Roberto il Diavolo. La nuova fantasia principia con una introduzione a movimenta moderato ed a passi arditi, nella quale di quando in quando si odono alcuni brani di un coro nel finale primo che in progresso vie» tre o quattro volte replicato variandone il tuono, ciò che serve a dare al componimento una certa qual tinta di unità. La bella melodia dell’andante dell’aria del tenore è quindi posta con malto discernimento e le espressive intenzioni di Bellini sono riprodotte, colorite e modulate con buon gusto e maestria in ispecie agli arpeggi segnati a tic righi. Una cadenza ad libitum precede ii tema - Ah non giunge uman pensiero, col quale Liszt volle imitare i corni staccandosi però alquanto dal carattere prescritto dall’illustre autore; poscia dopo dodici battute interviene nel rigo del violino fa cabaletta del! aria del tenore si meravigliosamente unendosi al tema finale dell Opera, che i due motivi appaiono sempre distinti col loro accompagnamento, a cui in seguito per sovrappiù aggiungasi un pedale u trillo sul si bemolle, le mani scambiandosi i tema: questo’straordinario squarcio in r/ri bemolle a tempo giusto e uno de’ più notevoli die possa offrire la moderna musica per pianoforte. La fantasia sulla Sonnambula die grandiosamente termina coli-adagio concertato nel finale primo ci sembra dover essere suscettibile di un delizioso risultato. Sebbene non abbiamo potuto parlare di questa ultima produzione di Liszt (4) se non appoggiali ad una semplice lettura di essa, pure crediamo che non sia eccedere il vero presagendole un esito popolare per quanto lo possan comportare le difficoltà che Liszt non può a meno di profondere ne’suoi lavori, ad attenuare le quali difficoltà non sono sempre sufficienti gli ossia messi a facilitazione di qualche diabolico passo. 53.) AMewni altri jpezzi per pianoforte solo, aliti d€il Mticoriti. Ij Impromptu di Carlo Lickl ha tutti i pregi delle difficili composizioni alla moda, più i pensieri che appartengono.al modesto autorete cui Opere in generale non sono apprezzate quanto valgono: al vero merito però tardi o tosto vico resa la debita giustizia. 11 intorno della Villeggiatura è uno scherzo in tempo di valtz da Fauna tratto da un coro del Brano che potrebbe piacere a chi si diletta di motivi ballabili. Gambini, il compositore pianista italiano di grandi speranze, ne diede un Sogno, o Melodia di Merendante tradotta pel pianoforte; parafrasare così può chiamarsi creare, che con ornamenti render effettiva una cantilena monotona che si protrae per ben otto pagine è uno sforzo d’ingegno conceduto a ben pochi. C.) Annetti per pianoforte e violino, pato&licati dal saddetto. Productions de Saloli: Fantaisies sur des motifs favoris de VElixir et de. la Gemma di IVergy de Donizetti par Czerny et Leon IJerz. - Tutti conoscono Czerny dalle cento opere all’anno. Il nome del violinista Leone Herz non è nuovo nel mondo musicale; la sua individualità artistica è stata determinata coi brillantissimi duetti con Lichl sul Marino Fallerò e sulla Giulietta e liomeo di Vaccaj, opere che ponno stare al paro delle più riputate del loro genere. Altre volte Czerny ed Herz si unirono e produssero tre aggradevoli Fantasie sul Belisario e sulla Lucrezia Borgia pezzi che ottennero non volgar favóre nelle nostre società avanti ogni cosa desiderose di vaghi effetti, il clic sarà certo ottenuto anche dai pezzi che ora annunziamo. Tanto il pianista quanto il suonatore di violino in essi figureranno senza troppo affaticarsi. Due Fantasie sopra motivi della Favorita composte da Pietro Tonassi. — Questo valente professore di musica, clic non ha guari occupava il posto di primo violoncello al teatro della Fenice in Venezia, ed ora si stabilì nella nostra capitale, nelle due fantasie teatrali per violino c pianoforte, o meglio con accompagnamento di questo stromcnto, percorse una via propria, non affastellando motivi gli uni dietro gli altri scnz’alcun scopo come troppo spesso fanno i moderni autori istromentisti: due o al più tic motivi a Tonassi bastano. E inoltre da rimarcarsi che nella prima fantasia la parte di violino deve intieramente eseguirsi sulla quarta corda accordata una terza minore più alta. Tre Fantasie sulla Saffo di Pacini di Antonio Buzzi ni. — De’ pregi c dello stile delle composizioni delràcelamato violonisla Bazzini da persona autorevole già si ragionò nei N. 7 e 9 di questo stesso giornale; noi qui non faremo che indicare nelle fantasie o pot-pourri sulla Saffo non ravvisarsi quell’accuratezza posta dall’autore nel primo suo duetto per pianoforte e violino. In ogni caso sonvi sempre le piacevoli cantilene paciniane. /. C. (I) Abbiamo dimenticato di aggiungere che insieme alla fantasia della Sonnambula co’ tipi Bicordi venne reso di pubblica ragione anche il famoso Settimino Op. 20 di Beethoven transcritto per pianoforte solo da Liszt, il quale cercò di riprodurre fedelmente non solo ciascuna frase, ma bensì ogni movimento ed accompagnamento de’ vari istromcnti notandovi anche l’entrata di essi. La trascrizione nelle singole sue parti è degna della sublimità dell originale. - L’istesso editore pubblicò la Romanesca di Thalberg, pezzo breve e non difficile, e due Fantasie sullo Stabat Mater di Bossini una di Iialbrenner e l’altra di TVolff. NOTIZIE TARIE. — Milano. II celebre basso-cantante Filippo Galli si è ora stabilito nella nostra capitale onde aprirvi una scuola di canto e di declamazione. Una tale notizia deve riuscir sommamente grata a tutti quelli che amano e coltivano la musica: in qualunque ramo di essa scarsi sono i precettori, ma nel canto più generalmente fassi sentire la necessità di maestri che a sodi e giusti principi aggiungano anche una sicura pratica. Dalla scuola di Filippo Galli l’arte del bel canto in Milano si può aspettare non ordinario incremento; chi sa che essa possa porre qualche freno al gridare! — Roma. Qui diedesi un gran concetto a benefizio de’ socj bisognosi addetti all’accademia di santa Cecilia, che fruttò ingente introito e clamorose acclamazioni a distinti esecutori che generosamente i presero parte. Fra gli stromentisti si comprendevano un Grassi, il rinomato violinista italiano dalla perfetta scuola, ed Hiller compositore pianista di non comune merito ed il cui nome suona riverito in molte capitali d’Europa. — - Praga. Oltre un Conservatorio di musica, Praga possiede una riunione filarmonica di S7 membri ed una società speciale pel canto o per la musica da Chiesa. — Parigi. Un distinto artista di Bruxelles, il sig. Sax figlio, da qualche giorno è a Parigi. Egli fece sentire al Conservatorio., alla presenza del Direttore Auber e di varj professori tre istromcnti di cui è inventore. Il primo c un clarinetto col quale si può suonar in tulli i tuoni. Sax, ch’è un eccellente clarinettista, ne cava il più gran partito. Il secondo è un clarinetto basso in si bemol discendendo al re della quarta corda del violoncello, assai notevole per la sonorità ed eguaglianza di suono. La terza sua invenzione c destinata a rimpiazzare l oilicleide. L* istromento in ottone si suona con un becco di clarinetto, c la sua estensione è pressoché di due ottave c mezzo, cominciando dal si bemol del fagotto. ÌNon si può farsi una idea della bellezza di suono e della potenza delle note dell’ottava bassa. Compiuta giustizia venne resa alla bontà di questi istromcnti da fiato, ai quali nessun altro potrebbe paragonarsi per l’estensione, la forza c l’infinita varietà delie gradazioni di cui sono suscettibili. — SaintESj 2G maggio. La Società filarmonica di questa città merita onorevole menzione per aver fatto celebrare un ufficio funebre ad onore di Cherubini, col concorso di alcuni amatori delle città vicine, e di musicanti del quarantacinquesimo reggimento di linea. Era naturale che per una tale solennità si avesse a scegliere il primo Bequiem dell’illustre trapassato, e merce lo zelo con cui si fecero le prove, l’esecuzione è stata mollo al di sopra di tutto quanto quella Società aveva fatto sentire da che è stata organizzata. Il mottetto Ecce panis cantato alla Comunione, ed il Pater noster eseguilo in fine, (ammirabili pezzi dell’istessò Cherubini) resero musicalmente completa quella funebre festa. Gli amatori di Saintes possono pertanto rallegrarsi di aver reso un degno omaggio alla memoria del sommo maestro, la cui perdita affligge il mondo musicale. Se Cherubini mentre viveva ha goduto di una parte della sua gloria, ora è facile presentire che la posterità lo collocherà ad un posto più elevato, di quello che gli assegnarono i suoi contemporanci. La felice esecuzione del Bequiem del 49 maggio non mancherà di produrre de’ buoni effetti fra gli amatori di Saintes. Tutti hanno compreso quanto quella musica sì severa nelle forme, sì notevole per colorito, distinguasi dalle composizioni effimere che ciascun giorno nascono, c quanto si è ricompensati delle cure allorché si studia accuratamente queste grandi opere spesso mal giudicate da sedicenti conoscitori, che criticano senza nulla comprendere. — Londka. L’impresa dell’Opera tedesca non va meglio a Londra di quello clic a Parigi: Eppure la compagnia è composta di artisti di vaglia come Staudigl, mad. Stòckel-Hcinefetter, Schodei, Gucd, ecc. — Berlino. Mad. Sehroeder-Dcvrient ha sollecitato ed ottenuto dal ministero dell interno l’autorizzazione di dare sul teatro dell Opera della nostra capitale, una rappresentazione a benefizio del monumento da erigersi a Cherubini. Questa rappresentazione si comporrà dell’Opera intitolata Deux Journées e di diversi frammenti delle principali messe del gran maestro. In quest’opera mad. Schroeder-Devrient eseguirà la parte di Costanza, ch’è una delle sue parti favorite, e che ha cominciato a stabilire la sua riputazione e come cantante e come attrice. NUOVE PÜBBLICAZIOM MUSICALI DELL I. II. STABILIMENTO NAZIONALE PllIVILEG. Di OIOYAillil RICORDI* FANTAISIE sull DES MOTIFS FAVORIS DE L OPERA IiA «(MUI II 11. A»»: BEUJIVI composée pone le Piano PAR a*B jRaaaSfSHgB» Fr. 5. powv le IPiano PAH E. 111111 Op. 24. Pour Piano seul Fr. 2 Le même arrangé pour Piano à 4 mains PAR CZERNY Fr. 2 75. Lh ROMANESCA FAMEUX AIR DE DANSE DI XVI SIÈCLE ti’fmscvit pttnv l^iatto PAR.1, Fr. 1 50. investissement ponr Piano SLR DA’ CHOEUR»»: JS. ü(’l RAMEEEI Oh I«I CEI Op. 2G - Fr. 4. pont’le Piano SI’ES IÆ STABAT. I!I) KOSSIM ü» W(D!W Op. 65. - Fr. o 25. wnm mmmm Wte I8®8WJS8 Cl 56 A HT î> E F AjVTAISIE pouv le Piano Op. 160 - Fr. 5 75. Drainiun lirico <11 Si. Sapeliéra MUSICA DEL MAESTRO mm Sono pubblicati i migliori pezzi ridotti per Canto con accompagnamento di Pianoforte. 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  1. (1) Vedi i fogli di questa Gazzetta N.° 19, 22, 23 24).
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