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DOMENICA |
DI MILANO |
J. J. Rousseau.
ESTETICA.
IMITAZIONE
E PITTURA MUSICALE.
IMITAZIONE OBBIETTIVA.
CPedi i fogli 19, 22, 23, 24 e 30).
XXX. Distinguesi l’imitazione o pittura
musicale in obbiettiva e subbiettiva secondo
che si propone di rappresentare oggetti
o sentimenti, cioè secondo che sceglie per
tipo d’imitazione i suoni o movimenti di
oggetti quali sarebbero il fischio del ventò,
il romoreggiare del tuono, il cader della
pioggia, il grido di animali, i canti villerecci’
o marziali o nazionali, oppure dipingere
gli affetti dell’animo.
XXXI. L’imitazione obbiettiva che non
ha altro tipo che i suoni esistenti in natura
riesce sempre fredda e assai lontana
da quel carattere di evidenza che deve rendere
riconoscibile un’imitazione per poca
attenzione vi si presti, a meno si tratti
di canti caratteristici noti.
E<di è facile persuadersene se riflettasi
che 1 suoni prodotti da cause fisiche o
dalla voce di animali, essendo allatto stonati,
debbono necessariamente trovarsi travisati,
resi ciie siano con suoni intuonati.
Osservate il N.° 8 della Creazione del mondo
ed il N.° Ti verso il fine delle Quattro
Stagioni di Haydn, in cui si descrivono gli
animali e se ne imita il grido, e troverete
die, senza le parole, non s’intenderebbe
l’oggetto imitato; ed inteso non tocca chi
solo un poco sia avvezzo alle imitazioni
subbiettive.
Migliori riescono le imitazioni di movimenti
sensibili che al ritmo principalmente
spetta di riprodurre, e d’ordinario ancora
sono più calde perchè alla maggior parte
di esse si desta qualche idea non affatto
indifferente alla vita e ai sentimenti umani.
Se ricordiamo l’introduzione del coro
«Quanta roba, quanti schiavi» nell’Italiana
in Algeri, troviamo che quella musica,
staccatasi dalla parola e desunta piuttosto
dalla scena, rappresenta l’infrangersi
delie onde ancora agitate contro la riva
petrosa.
Il ritmo è quello che ordinariamente dà
forma ai canti caratteristici i quali non
sono mai privi di affetto. In fatti il ritmo
delle canzoni villerecce vi fa correre il pensiero
alla semplice e pura gioja della campestre
vita, il ritmo marziale scuote e rinvigorisce,
e quello delle arie di hallo invita
alla danza. A ben riflettervi il ritmo ha
sull’imitazione di semplici suoni il vantatfgio
di richiamare al pensiero un maggior
numero di idee; e dove nel primo
genere d’imitazione si stenta a indovinare
il soggetto, e non indovinandolo, l’effetto
è nullo, nel secondo se non si coglie nel
vero s’immagina però fàcilmente alcun che
di molto analogo. Cosi nella già citata Creazione
al N.° 5 anche senza la parola «DèlF
occhio al diletto La vasta pianura» il
ritmo pastorale basta a suscitare l’idea di
campagne ridenti; e nel N.° 4 se non indovinate
che trattasi di mare, di fiume,
di ruscello, immaginerete almeno alcun
che capace di un simile moto, e uòn potrete
non provarne interesse.
XXXII. Però non tutte le scene della natura
offrono all’arte imitazioni puramente
obbiettive, molte ve ne. sono le quali grandemente
interessando la nostra vitalità destano
in noi affetti anologhi, ai quali riflettendo
l’artista, e prendendoli a descrivere, giungerà
facilmente ad esprimere e a far indovinare
la scena che si propose. Tali sono,
ad esempio, una tempesta in cui oltre al
fischio del vènto, al romoreggiare del tuono,
al haglior de’lampi, al cadere della pioggia
dirotta l’artista trova il terrore delle vite
minacciate da tanta fùria d’avverse potenze,
‘da tanto disordine d’elementi. Fra
le tante che ne furono scritte bellissima
riputiamo quella di Haydn nelle Quattro
Stagioni trattata a vera fuga, N.l’14 in
principio.
La subitanea apparizione della luce nella
Creazione, il sorgere del sole, il misterioso
e taciturno corso della luna sono imitazioni
di questo genere, cioè piuttosto subbiettive
che obbiettive; e non sarà inutile farne
una breve disamina, onde si scorga il fino
artifizio dell’autore. In che consiste l’etìetto
della luce? In un accordo perfetto maggiore
eseguito da tutte le potenze dell’orchestra.
Ma come mai questo accordo tanto
spesso impiegato produce qui, e non altrove,
un simile effetto? Nel contrasto dei
precedenti: vediamolo. All’apparizione della
luce precede la sinfonia, ed un breve recitativo.
La sinfonia è intitolata il Caos,
e tale è il disordine delle idee melodiche
e della modulazione, che se più a lungo
durasse l’uditore sarebbe costretto o ad
involarsi, o a reagire con violenza contro la
cagione che destò in lui sì penose impressioni.
Mai un’idèa di tonica che non sia distrutta
appena nata, mai una melodia
chiara, un periodo che si compia quietamente,
un andamento che proceda con corrispondenza
di frasi; motivo per cui l’esimio
Àsioli raccomandava agli artisti novelli di
non proporsi mai un simile argomento.
Dopo quel Caos incomincia un recitativo
seguito da poche battute di coro, con una
modulazione sempre incerta che non fa che
crescere il bisogno di alcun che di dichiarato,
di intelligibile; ma l’ansietà è ancora
protratta da alcune sospensioni sulla sotto
denominante e dominante appena accennate
da’violini pizzicati, e dal canto; dopo
di che giunge pur finalmente il tanto sospirato
accordo di tonica, e vi giunge maggiore
ed eseguito dal ripieno di tutta l’orchestra,
e vi è confermato colla più sernpli
ce cadenza appunto per appagare un
tanto desiderio. E qui è da osservare come
a ben intendere il partito che si può trarre
da un tema conviene salire dalle forme
particolari alle generiche, dal concreto all’astratto,
tradurlo insomma quando non
presentasi suscettivo immediatamente di
suoni o di movimenti, tradurlo, dico, in
sentimenti analoghi, in potenze di cui l’arte
possa farsi rappresentatrice. Mi spiego. Il
caos è pressoché inimitabile coi semplici
suoni: meno lo sarebbe per sè medesima
la luce; ma il caos è compiuto disordine
delle cose, epperciò dovrebbe trovarsi privo
affatto di sicurezza chi in un simile disordine
venisse, ad esistere. Quindi il disordine
delle frasi, e la frequenza degli inganni
nella modulazione, col modo minore
dominante, sono attissimi a far nascere i
sentimenti medesimi che desterebbe la cosa
reale. E così la luce è qui una consolazione,
un punto di sicurezza che dopo
tanto travaglio rinfranca gli abbattuti spiriti,
onde quella tonica presagita clic tanto
più alleviala sofferta pena, quantochè annunziata
minore si fa sentire inopinatamente
maggiore.
Così adoperò il nostro autore nel descrivere
il sorgere del sole e il corso della
luna, guidato non so se da luce filosofica,
o da quello squisito sentire che è la prerogativa
del genio, nò l’uno nè l’altro di
questi temi somministrano suoni, ma sentimenti:
il primo il sentimento di sicurezza
e di forza che provasi sempre maggiore a
misura che il senso della vista può meglio
servirsi a giudicare della natura degli oggettilontani,
epperciò quell’armonia ascendente
in tono fnaggiore che a poco a poco
va determinandosi in un ritmo marziale, caratteristico
della forza tanto quanto in plastica
può esserlo un Ercole. Quanto poi alla
luna Haydn la tradusse per quiete stando
colla parola e solo vi aggiunse quel po’ di
mistero che sempre regna nella notte benché
rischiarata da quell’astro e serena, mistero
che si esprime con quei ritardi armo ilici, mentre i suoni sommessi e lenti,
tramandati dall’orchestra fanno accorgere
il silenzio delle cose, quasi accennandovi
di non turbarlo. Mirabile potenza dell’arte,
<g. che rompendolo può esprimere il silenzio.
Le due pitture musicali che abbiamo
accennate sono ristrette a poche battute
come quelle che precedono appena poche
parole di recitativo con cui si descrivono
di mano in mano gli oggetti e i fenomeni
della C/eazione. A chi desideri altri esempi
di scene notturne accenneremo il Duetto
della Rosa bianca e rosa rossa «E deserto
il bosco intorno» del celebre Simon Mayr,
il principio del finale pi-imo nella Straniera
di Bellini, il primo tempo del quintetto
Elisa e Claudio di Mercadante, ecc.
Non ci dipartiremo dalla Cr eazione senza
far osservare la bellezza del primo numero
che succede alla creazione della luce colle
parole «Al brillar degli almi rai» e a
ben analizzarlo vorremmo che se ne considerasse
la musica per sé sola senza la
dichiarazione della parola. Questo è il
primo luogo dell’Oratorio in cui si dichiara
una melodia, un ordine di modulazione e
di ritmo, e il tono maggiore, il ritmo
quieto, la melodia scorrente per lo più su
intervalli diatonici destano l’idea d’ordine,
conseguenza dell’elemento testé creato. Ma
ciò non dura, e alla oo.a battuta una transizione
minore seguita indi a poco da un
giro di scala cromatica annunzia un turbamento: sembra la minaccia di una tempesta
che venga a intorbidar quella pace.
Una cadenza armonica lungamente protratta
accresce il timore massimamente col carattere
di quell’inganno ripetuto e rinforzato
da stromenti che lo rendono vie più spaventevole.
E il presagio si avvera, la cadenza
si risolve in un coro di grida disperate
e sotto a queste un arrotolarsi d’orchestra
per accordi di settime diminuite
che fa più certa la disperazione di quelle
voci, le quali tessute essendo in imitazioni
dirette ed avvalorate dalla modulazione
incalzante, e dall’agitato ritmo sembrano
voler dire già travolto l’ordine testé stabilito
negli elementi. Cielo, qual rabbia è
questa mai!
Ma già scema l’agitazione, l’orizzonte
si rischiara, una nuova cadenza riconduce
il tono maggiore e con esso una quiete di
ritmo, una giocondità di melodia clic rassomiglia
al ritorno del sereno dopo la
tempesta.
Scopriamo ora le parole e vediamo ciò
che ne descrivono.
Senza qui tutte ripeterle, che lungo
sarebbe, basti accennare che dopo la prima
terzina si descrive la caduta degli Àngioli
ribelli dal Cielo, e quindi purgato l’aere
si descrive la bellezza del ritornato ordine
delle cose. E qui si scorge siccome il maestro
abbia non solo espressa ma ampliata
rclt
di molto l’idea del poeta dipingendo in
quell’imitazione «Lo spavento, l’alfanno,
lo sdegno «il cadere precipitevole dei fulminati
spiriti l’un sull’altro arrovesciati,
urlanti:, e rendendo sensibile la bellezza
dell’ordine ritornato. Se non è questo un
tratto caratteristico del genio non sapremmo
ove rinvenirne un migliore.
XXXIII. Appartengono all’imitazione
obbiettiva i canti caratteristici nazionali, i
quali, quando noti, servono alla musica
quasi di scena, trasportando il pensiero a
quei luoghi, a quei costumi di cui ritraggono
il carattere.
A ciò si aggiunga che tali canti nella loro
|H semplicità esprimono sempre qualche affetto
che l’artista può rendere più sensibile
e mettere a protitto, solo cli’ei voglia
attentamente studiarlo. Così adoperò Rossini
nel Guglielmo Teli, nel quale introdusse
molti di quei canti svizzeri detti
Rans des vaches, e non pochi ne fece di
simile carattere frammischiandovi ove erano
opportuni i canti nazionali austriaci ed
ungheresi.
Con tale artifizio fin dalla sinfonia l’uditore
trovasi trasportato in quéi monti,
in quelle valli ove da un momento all’altro
l’eco ripete o i suoni della cornamusa e
del flauto pastoreccio, o prolunga il muggito
de’ tuoni. Nel primo tempo la musica
vi trasporta in una solitudine in cui sembra
regnare un misterioso silenzio. Quindi
un uragano quasi vi sorprende e questo
cessato udite un pastore che già colla piva
intuona la patria canzone, e quindi un flauto
che lo direste accordarsi a quello solo per
caso, ma esserne adatto disgiunlo tanto le
due melodie appariscono l’una dall’altra indipendenti.
A compiere questo bellissimo
esordio dell’Opera subentra un’allegra marcia
austriaca quasi arrivo di numerosa
armata. Ecco una sinfonia veramente caratteristica
che con due parole, Svizzera ed
Austria, pastori e militi fa correre il pensiero
a indovinare la natura dei luoghi e
degli avvenimenti che stanno per essere
rappresentati sulla scena.
Ma questo genere d’imitazione perde il
suo effetto se i canti nazionali che prende
a riprodurre non sono noti. Farebbe pertanto
cosa utilissima chi imprendesse una
raccolta di tali canti, e a quel modo che
dotti viaggiatori ne fecero conoscere le particolari
produzioni naturali di questo e
quel paese, pubblicasse questa parte del
costume dei popoli, adornandola quanto
basti a favorirne la diffusione. Tale raccolta
arricchita della propria poesia abilmente
tradotta sarebbe doppiamente utile, poiché
porgerebbe mezzo all’artista di cogliere la
natura quasi sul fatto di esalare in suoni i
più intimi sentimenti, da cui forse siamo
noi già troppo lontani, come quelli che
assoggettato avendo la musica al calcolo
abbiani forse accordato troppa stima e importanza
a ciò, che più spesso parla dell’artista
anziché dell’affetto. (d)
R. Boucheron.
(t) Nell’articolo Carattere dei trioni dato nel N. 2-i,
alla riga 35 della pagina 109 leggi la bémolle maggiore
e non come per errore tipografico fu stampata fa bemolle
maggiore.
CRITICA TEATRALE.
BREVI PAROLE
Iu proposito ali 1111 lungo silenzio, eec.
Non ci recherebbe menomamente sorpresa,
che a taluno de’ nostri lontani lettori
sembrasse, o che da gran tempo i teatri
drammatici milanesi se ne stiano oziosi,
o che la Gazzetta Musicale abbia voluto
emanciparsi dal parlar degli spettacoli lirici
della giornata. Se non chela Gazzetta ha da
qualche mese a questa parte le sue buone
ragioni per tacersi su tutto o quasi tutto
che nella primavera scorsa hanno offerto le
nostre scene liriche, delle quali non meno
di tre eran aperte al culto di Euterpe.
D’altronde ci siam già spiegati abbastanza
a tempo debito non esser costume nostro
di tener conto di riproduzioni di vecchi
spartiti, quando qualche particolare circostanza
di rilievo non ne’spinga a fare un’eccezione.
Ma ci è giuoco forza affermare che
nè la Celeste degli Spadari. nè il Barbiere,
nè il Gonzak’o alla Scala, nè il Giuramento.
nè il Roberto, ecc.. al Carcano. nò
il Chi dura vince, o la Beatrice al Re,
nulla offrivano di tale rilievo da richiedere
dettagliati articoli, abbencliè qui e colà noi
•pure non isdegnassimo dividere alcuni degli
applausi, che il nostro gentil pubblico
profondeva, più che spesso non abbisognasse,
ai fortunati esecutori.
Bensì piuttosto, con intima convinzione
e con buona dose di ammirazione, avremmo
voluto tener discorso di madama Albert,
che intermezzava i Vaudevilles francesi, con
delle Canzoni o Ariette ch’ella cantava forse
come nessun’altra saprebbe cantare-, ariette
che oltre allò straordinario pregio dell’esecuzione,
vogliono essere in generale distinte anche
per impronta caratteristica ed eleganza
di composizione (*). Ma anche il talento di
un’artista drammatica, che non trattava la
musica che per sola incidenza, o come dicesi,
per un di più, poteva ben poco interessare
i serj cultori dell’arte musicale.
Però un tortoche ne si appone, e del quale
potremmo esser creduti colpevoli davvero, si
è che e la Scala e il Re ci regalarono, senza
che noi ne facessimo menzione, di tre spartiti
nuovissimi per Milano: vale a dire al maggior
teatro Ea Testa di Bronzo di Mercadante
e la Clemenza di Valois di Gahussi:, al
Re il Columella di ritorno dagli studj di
Padova di un Fioravanti che ne si dice
figlio del celebre autore delle Cantatrici
Villane. Ma noi ci scolpiamo del nostro
silenzio coll’osservare che la prima di queste
tre Opere nuove per Milano a malapena
si sostenne per troppo palese abuso di
forme antiquate, senza che mai rivelasse
a compenso qualche lampo di genio, qualche
tratto di vera invenzione; la seconda
fu giudicata a buon dritto un debole parto
di non originale fantasia, e si trovò quindi
al tutto mancante di vigoroso concetto e
di forti tinte, quali a tragico dramma convengousi,
mancanza che rendevasi viemaggiormente
palese nei troppo vasti spazii
della Scala. Però in parte almeno stanno
a scusa dei due summentovati spartiti, e
le solite riduzioni, e i soliti tagli e i cangiamenti
di tuono, e le parti per nulla adatte
agli esecutori e le solite manomissioni, alle
quali già da lungo tempo abbiamo dovuto
0 d amore o di forza avvezzarci. A tutto
ciò si aggiunga la poca importanza, anzi
1 assoluta noncuranza colla quale il pubblico
del nostro gran teatro riguarda solitamente
(e nel corrente anno forse più che
per lo innanzi) gli spettacoli musicali. Intanto
ecco quel che succede: per potere o
d un modo o dell altro farsi udire da una platea
che a tutt altro si interessa fuorché alla
musica, i poveri artisti son costretti a gridare
invece di cantare, persuasi di rendere
omaggio con questa singolare sostituzione
al noto proverbio «chi ha più voce ha più
ragione «.La giovine signora Abbadia, dotata
di ottimi elementi per una splendida
riuscita, si addimostrava in singoiar modo
persuasa di questo fatto, allorché dimenticando
al tutto i migliori precetti della buona
scuola, sforzavasi a meritar gli applausi di
coloro i quali misurano il valore de’ cantanti
in ragione della robustezza de’ polmoni
e della dilatabilità della gola. Però,
seguitando improvvidamente nell’infelice si(1)
L’editore Lucca pubblicò buon numero delle più
scelte di codeste Ariette; e noi raccomandiamo questa
pregevole Raccolta agli amatori della buona musica da ÌV
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stre ci stema adottato, la signora Abbadia potrebbe non tardi accorgersi che il voto degli schiamazzatori da platea non è quello che conferisce i migliori titoli ad una incontestabile celebrità...
Se male riuscirono alla Scala i nuovi spettacoli dati, al Re il modesto Columella trovò maggior fortuna specialmente ne’ pezzi comici. E a noi pure ne piace lodare il bizzarro coro de' pazzi; e molto più il bellissimo terzetto de' tre buffi, assai lodevole per un brioso ed intrecciato parlante e per l’ingegnosissimo contrasto delle parti cantanti, cui trovasi sottoposto, abbenchè non nuovo, un elegante e ben ragionato istromentale. Non esitiamo a dire che questo terzetto può bastare da sè solo a far chiaro il nome d'un autore.
Anche il teatro Carcano ne avea dato speranza di qualche novità musicale, ma le recite furono tronche anzi la fine, destino quasi consueto cui va soggetto questo teatro, che ha la disgrazia di essere o di sembrare troppo lontano dal centro della città; vera disgrazia, perchè esso sarebbe e per la sua limitata vastità, e per l’invidiabile sua sonorità, il migliore de’ teatri di Milano che alla musica vengono destinati.
Queste furono le fredde sorti del melodramma nella decorsa stagione.
Ora da poche sere si riaperse il Re con nuova schiera di cantanti. Nel vario numero de’ spartiti che ne si promettono pei mesi di Luglio e Agosto, giova rimarcare che ne avremo tre nuovissimi per Milano, come nuovissimi ci sono i loro autori. E di ciò dobbiam compiacerci.
Intanto si diede principio a questo corso di recite colla sempre fresca e cara Lucia di Donizetti, che offerse campo al tenore signor Pancani, di mostrarsi dotato di fina intelligenza nel canto e buon metodo. Il signor Bartolini è un buono e sonoro baritono, e la sua voce rinviensi con giusta scuola sviluppata in ispecial modo nelle note acute, cosa che ne spiacque di non aver potuto notare nel sullodato signor Pancani, il quale, se non ci inganniamo, potrebbe con non lungo studio trarre doppio partito da’ suoi mezzi vocali. L’altro basso sig. Catalano vuol esser pure nominato con lode, e sarebbe del pari a desiderarsi che i grandi teatri non perdessero di vista siffatti artisti, che con rara modestia si accontentano di sostenere le parti secondarie in tempi, ne’ quali ogni più meschino cantore tende a volersi arrogare il fastoso predicato di assoluto. La signora Tirelli canta ed agisce come ella sente di dover cantare ed agire. Se ella poi senta si o no rettamente, lascieremo giudici i nostri imparziali e colti dilettanti....
Quello però che anche al Re si fa a modo de' grandi esempii de' grandi artisti del giorno si è che si grida a tutta furia, non curandosi nulla nè del buon senso, nò meno ancora dell intonazione, nè quel che più importa del risparmio de’ mezzi vocali, che perduti una volta non si riacquistano più.
Del resto anche qui il pubblico batte a tutta forza-delle mani e de’ bastoni, e dopo codeste specie di schiamazzi è naturale che i signori artisti abbiano ben poca voglia di curarsi delle nostre prediche e delle nostre condanne.
A. M.
STABAT MATER
DEL CELEBRE ROSSINI
ESEGUITO IN FIRENZE.
(Diamo luogo in questa Gazzetta al seguente articolo comunicatoci da un nostro collaboratore corrispondente. Per le ragioni che il lettore saprà farsi da sè, crediamo necessario avvertire che alcune tra le opinioni manifestate, in esso articolo intorno allo Stabat rossiniano sono da considerarsi come al tutto speciali dell’autore dell' articolo stesso).
A colui che sul mezzogiorno del 26 giugno corr. entrava nel magnificò Salone di Palazzo-vecchio, grande ed imponente apparato si presentava. Un migliaio e mezzo di spettatori, tutti comodamente seduti in faccia a cinquecento musici schierati sopra il più alto ripiano della gran Sala, e simmetricamente disposti in un palco a spalliera espressamente erettovi, indicava esser quivi prossimo l’incominciamento di una gran solennità musicale. Era il Comune di Firenze che a maggior decoro delle annuali feste solite a celebrarsi in onore del Santo Battista, venerato protettore della città, ed a filantropico benefizio degli Asili infantili, offriva al pubblico questo grandioso trattenimento. Il già tanto famoso Stabat di Rossini doveasi quivi gustare per la prima volta nella sua integrità, ed insieme alla grande Sinfonia del Guglielmo Tell, formar dovea tutto il soggetto del trattenimento medesimo. Questa tranquilla ed oziosa assemblea die’ manifesti segni di allegrezza all’apparire dell’amatissimo Sovrano della Toscana, il quale in compagnia di varii membri dell’I. e R. Famiglia si degnò far parte dell’uditorio. Al triplice plauso universale reso ad onore dei reali Personaggi successe il più profondo silenzio, e fu in questo stato di moral concentrazione che si mossero dall’Orchestra quei primi suoni gravi, lenti e melanconici, con che ha principio quella bellissima opera dello Stabat.
Volendo in prima parlare della esecuzione musicale diremo che ella riesci ad un tal grado di perfezione da renderne quel pubblico pienamente soddisfatto; ed ognuno potè riconoscere, come incominciando dai principali capi fino all’ultimo corista, o all’ultimo sinfonista, tutti gli esecutori agivano col massimo impegno, non tanto per la venerazione che ognun risente pel gran compositore, quanto per sostener la gloria musicale italiana, e specialmente in questo caso la fiorentina. Non vi fu di notabile pei maggiori intendenti, che un qualche disequilibrio nei gran forte dell’Orchestra prodotto dalla sovrabbondanza degli stromenti in ottone. Le parti principali del primo e del secondo soprano furono sostenute dalle signore Teresa Brambilla e Carolina Sabatier-Ungher, e quelle del tenore e del basso dai signor maestro Ferdinando Ceccherini e Camillo Fedrighini. La direzion generale era affidata all’espertissimo maestro Pietro Romani, che volle anteriormente trasferirsi a Bologna per consultare l’illustre autore sui migliori modi di esecuzione di questa ultima sua famigerata opera; l’orchestra fu magistralmente condotta dal nostro benemerito Cavaliere Ferdinando Giorgetti. I nomi di tutti questi eccellenti artisti risplendono tanto chiari e sono ormai tanto noti nella repubblica musicale, da non abbisognare di ulteriori encomi. Ciascuno dei dieci tempi in cui è diviso lo Stabat fu al sommo gustato ed applaudito: ma ove nella udienza si risvegliò un maggiore entusiasmo si fu nel primo tempo (Stabat Mater, ecc.). nel quinto tempo senza stromenti (Eja Mater) che a soddisfazion generale per due volte ebbesi a ripetere, e nell’ottavo tempo (Inflammalus, ecc.) Sembra degno di esser notato un fatto che pare annunziare un progresso negli uditori. L’uso invalso di prorompere in applausi appena che il cantante compie l’ultima nota della sue parte in ogni pezzo ove egli abbia eccitato vive sensazioni, toglie sempre quell’effetto che debbe produrre un’aggiunta stromentale che il compositore per lo più vi unisce, o per render pienamente compita quella parte di composizione, o per legar questa con ciò che ne debbe succedere. In tutto il corso della esecuzione dello Stabat Mater, meno alcune poche volle di maggior trasporto, il pubblico attese sempre l’ultima nota dell’orchestra per esternare alla fine d’ogni tempo la sua interna soddisfazione.
Ma che diremo del lavoro del gran maestro compositore? Il gusto musicale così multiforme, così vario, così dipendente dallo stato fisico, dal grado di incivilimento, da mille abitudini individuali talvolta strane e ridicole può egli mai formularsi e ridursi ad una unità cosmopolitica? Rossini io ha tentato, e sembra esservi riuscito. La musica del suo Stabat è cosi variamente colorita nello stile, che a prima vista direbbesi opera fatta in varie epoche, o ritoccata a più riprese dall’autore istesso, se non lavoro di varii artefici, od è per questo appunto che ogni uditore ritrovando in tal composizione se non tutto almeno una parte del proprio tipo, non può ammeno di gustarla ed ammirarla; cosicché lo Stabat di Rossini in Firenze generalmente ha piaciuto a tutti.
La collezione degli scritti pubblicati fin qui sul rossiniano Stabat credo che già formar potrebbe un grosso volume. Ma tralasciando tutti quelli di niun significato per l’arte perché ristretti a pubblicar le lodi dell’autore, diremo che ci sembra rinvenire un difetto in quei pochi dettati da uno spirito di analisi e di critica, ed è quello di non aver preso a considerar quest’opera nel suo vero punto di vista. Alcuni, e specialmente gli oltramontani, opinano che la musica dello Stabat di Rossini non è musica da Chiesa, persuasi che quest’arte impiegata nel culto cattolico deliba costantemente ritenere le forme del medio evo, dimentichi forse che la musica nelle sue varie diramazioni è sempre la viva espressione dello spirito del secolo che ella percorre, il di cui progresso e variabilità non polendo arrestarsi, per conseguenza non può quella rimanersi stazionaria, senza divenir nulla ed insignificante. Egli è vero che il dotto artista scorge nelle opere del Palestrina un mistico e profondo sentimento espresso con un tal meccanismo d’arte da recar sorpresa ed ammirazione; ma queste forme musicali costituiscono un linguaggio incognito, e per conseguenza insignificante alla vivente cristianità d’oggi nel secolo XIX, perchè non conforme al comun modo di sentire e di pensare. Per tal ragione nello scorso secolo l’autorità dell illustre Padre Martini non valse a diminuire il pregio e la fama dello Stabat di Pergolesi da lui qualificato per lavoro di stile profano e teatrale, e molto discosto da quel tipo che egli stimava degno della Chiesa, e di cui ne offriva i precetti e gli esempii nella sua dottissima opera di contrappunto sul canto fermo.
Altri scrittori han detto esser bellissimo il componimento musicale di Rossini, ma mancante dello spirilo religioso. So questa semplice indicazione fosse stata pienamente sviluppala, credo al certo che si avrebbe fatto molto guadagno nella parte estetica dell’arte, astrazion fatta da ogni applicazione, a quest’ultimo lavoro di Rossini, giacché si sarebbe trattato 1.° di stabilir precisamente qual sia lo spirito religioso che domina attualmente le moltitudini cattoliche; 2.° di indicare quali forme musicali dovessero adoprarsi ad esprimere o rappresentare questo spirito medesimof 1. Ma a mio giudizio lo Stabat dell’immortal pesarese debbe sottoporsi ad altro esame, e parmi che giudicar si debba come lavoro non dedicato al servizio della Chiesa, ma appartenente alla classe degli Oratorio, vale a dire considerarsi come opera del genere misto che partecipar deve della vaghezza dello stile drammatico e della severità dello stile rigoroso. Ed in fatti ben si scorge che Rossini ha voluto piena libertà di concetto nelle sue creazioni, nè ha creduto in questo suo lavoro assoggettarsi in nissuna maniera alle esigenze del culto della Chiesa. Ciò si rileva dalle grandiose dimensioni delle forme musicali da esso quivi impiegate, le quali portano tutto il componimento ad occupare un lasso di tempo non comportabile, nelle nostre sacre cerimonie del cattolicismo. Di più il lusso e lo sfoggio della stromentazione, da cui effetti sorprendenti ritrae, non sarebbe sempre adattabile nelle nostre Chiese, nè le parti principali vi potrebbero esser, in quanto ai soprani, sostenute dallo vere voci per cui sono scritte, giacché in grazia di un maggiore incivilmento non abbiam più nella società di quegli esseri neutri una volta a ciò destinati, né alle donne è permesso prender parte nella musica che si eseguisce nelle Chiese cattoliche.
Considerato dunque lo Stabat Rossiniano come musica d’Oratorio spariscono all’atto quelle maggiori taccie in cui fin qui era incorso presso i suoi critici più ragionatori; nè certamente è da farsi conto alcuno di quelle piccole mende che taluni pretendono rinvenirvi. Queste in fine non son tali da recar disturbo al sentimento musicale degli uditori; l’esperimento ce ne accerta. - Ma vi siano pure - e qual è l’opera umana senza una macchia d’imperfezione? Ricordiamoci che all’uomo è negata la perfettibilità: il creder diversamente è stoltezza; anche il sole ha le sue macchie, nè per questo è meno risplendente1.
Luigi Picchianti.
VARIETÀ.
— Si sta apparecchiando a Brusselles una grande
pompa musicale che avrà luogo il dì 21 prossimo Luglio,
giorno anniversario dell’ entrata del re Leopoldo nella
sua capitale quando venne a prendere possesso del trono
che ollfferto gli avea la nazione, il sig. Fétis ha concepito
il piano di questa solennità; egli ha convocato le scuole
e le società di musica delle diverse città che hanno promesso
il loro concorso, e si riuniranno per questa circostanza
al Conservatorio di Brusselles. Dietro ciò che
si può prevedere, contando il numero degli interventori
che hanno già accettato l’invito, vi saranno incirca
trecento voci e un centosettanta strumenti. Si eseguiranno
brani di grandi compositori, fra i quali si citano varii
pezzi del Paulus, Oratorio di Mandelsshon: già sono state
distribuite le parti di canto affine di poter fino da questo
momento procedere agli studii e alle prove parziali. Il
concerto avrà luogo di sera in una Chiesa che dopo il
gran concerto dell’anno 1834 fu trasformata in un locale
ove si festeggiano tutte le grandi cerimonie nazionali.
Circa a tremila uditori possono essere commodamente
disposti in questo gran vaso. La commissione direttrice
della festa ha deciso che per richiamare il maggior numero
che si possa di spettatori intelligenti e capaci, di
gustare il genere della musica che si eseguirà, il prezzo
d’ingresso sia il solito degli altri concerti ordinarii. Questo
è un savio provvedimento. Siccome queste riunioni, che
del resto hanno luogo di rado per cagione dell’imbarazzo
e difficoltà che porta lo scioperarsi d’uomini abitualmente
occupati; siccome queste riunioni, dicevamo, sono intese a
popolarizzare il gusto dell’arte musicale, non si deve, per
una falsa mira di lucro, limitarsi ad attrarvi un pubblico eccessivamente ristretto a pochi. I cori saranno in parte
cantati dagli allievi del Conservatorio di Brussellcs e da
quelli delle altre scuole del paese, e in parte dai dilettanti
che hanno voluto prestarsi a questa bella intrapresa.
Il sig. Fétis è secondato da giovani che hanno pei primi
stabilito nel Belgio una società per l’esecuzione della
musica vocale senza accompagnamento, in sull’andare
delle numerose associazioni che ha la Germania. Questa
società clic ha assunto il nome di Riunione lirica si e
ordinata secondo che ha piaciuto al sig. Fétis. Si temeva
che le dame del gran mondo non si sarebbero senza
ditlicoltà piegate a mischiarsi agli artisti in questa circostanza.
Le piccole città (e Brusselles, come che avente
rango di capitale, rassomiglia in molte cose alle piccole
città ) sono teatri ove si agitano mille piccole passioni
vane e intrighi destati dall amor proprio. Bisogna però
dirlo, a lode delle dilettanti signore di Brusselles, elle
si sono mostrate a questo riguardo di assai miglior tempera
di quello che si aspettava. Esse meneranno dall’un
dei lati le loro schitiltosità per non pensare ad altro che
al bene dell’arte che amano e che coltivano con encomio.
Poche saranno le parti principali; ma forse si reclamerà
il concorso d’alcuno de’ nostri eccellenti artisti, de Beriot,
Hauman o Vieuxtemps; ma si eseguiranno principalmente
delle grandi composizioni vocali e stromcntali. Gli esecutori
che verranno dalle diverse città del paese saranno,
seguendo il costume di Germania, rintegrati delle loro
spese di viaggio e di soggiorno. Si farà fronte alle spese
col mezzo di sottoscrizioni che portano già una ragguardevole
cifra; l’avanzo sarà distribuito a’ poveri. Questa
sarà la seconda festa musicale che avrà avuta la capitale
del Belgio. La prima ebbe luogo nel 183-i, in occasione
delle feste commemorative della nostra rivoluzione. Soddisfacente
ne fu il risultato; ma se si consideri che allora il
sig. Fétis era solamente da un anno alla testa del Conservatorio,
c che egli in quest’ultimo tempo ha dato una
spinta straordinaria al gusto musicale, v’è luogo a credere
che la festa del 4842 sarà molto più ancor sontuosa.
(Dalla G. M. di Parigi^.
— Carlomagno era un distinto conoscitore di musica.
Egli fece una raccolta di tutti i canti gallici, che ingenerale
erano guerreschi, e narravano le gesta dei re franchi.
Egli sapeva tutte queste arie a mente. Egli stesso
componeva e manteneva delle scuole di musica a Parigi.
In Chiesa accompagnava sempre colla sua voce i cantici
dei sacerdoti, ed esercitò gli altri principi a fare lo
stesso; fece inoltre istruire nel canto le sue figlie.
— Il celebre pittore inglese Hogart dipinse un quadro
sul quale scrisse «thè enraged musicien» (Il Musicante
infuriato). Il gran violinista italiano Castrucci (che andò
a Londra nel 4714 ) gli somministrò senza saperselo il
soggetto del quadro. Hogart fece circondare la sua casa
da tutti i suonatori di stromcnti da strepito che potè
raccogliere c colse il momento in cui quel baccano fece
venire alla finestra il virtuoso per copiare da una casa
dirimpetto il volto del disperato Castrucci. A’ giorni
nostri basterebbe eseguire, in simili occasioni, certi pezzi
di musica drammatica tanto clamorosamente applauditi,
e si sarebbe certi di ottenere il medesimo effetto 1
NOTIZIE VARIE.
— Parigi. Alla Accademia reale di musica nella sala
in Via Lepellcticre si è data una nuova Opera in due atti,
parole del sig. T. Anne, musica del sig. Ambrogio Thomas.
La Gazzetta Musicale di Parigi piacevolmente fa
osservare come dovendosi dare un nuovo ballo pantomimico
intitolato Ce Jolie file de Gand con musica di
Adam, si c avuto ricorso al progetto di aggiungnervi quasi
come per un di più l’Opera suddetta che ha per titolo
Le Guerillero. Il soggetto del dramma riguarda l’epoca
in cui il Portogallo mosse guerra alla Spagna l’anno itl4U;
ed il sig. T. Anne che è uno de’ buoni critici ha fatto
prove di molta pratica del teatro c di molta intelligenza
drammatica, cose non nuove e sperimentate in lui altre
volte. Quanto alla musica, la sobria lode che ne porta
la Gazzetta Musicale di Parigi deve aversi in conto di
un meritato elogio, tanto più che il sig. Thomas è compositore
assai conosciuto e lodato per l’elevata gravità
del suo stile. Noi pensiamo che la musica di questo
Guerillero potrà in seguito avere buon luogo fra le belle
composizioni del teatro francese, massimamente perchè
il sig. Berlioz nel giudizio che ne dà nel giornale dei
Debats, encomiandone molti tratti, ci fa credere che
quella musica abbia il pregio di quel classico fondamento
tanto accetto a quel fantastico critico e compositore; del
qual fondamento è a lamentarsi che troppo vadano sprovvedute
oggidì non solo le recenti opere francesi ma ancora
le nostre. Pare che il sig. Berlioz faccia come un
rimprovero al sig. Thomas perchè la sinfonia del Guerillero
sia fatta ad imitazione di quella del Guglielmo
Teli. Noi, salve le debite convenienze, crediamo che
questo debba tornare a molta lode del francese compositore,
non essendo quello un modello da potersi ragionevolmente
imitare (come si dice abbia fatto il signor
Thomas ) senza gran meritò. La musica del ballo si dà
per degna di Adolfo Adam che è quanto dire dotta e
bella, ma alquanto fredda. Nè questa sarà la prima volta
che ciò che si dà per accessorio si porti il vanto e vinca il
prestigio della parte principale. Cotali miracoli sono in
ragione di quelle strane convenzioni dell’uso anzi dell’abuso,
per mezzo delle quali si fa in Italia alcuna
volta servire l’Opera alle cavatine e alle cabalette, e in
Francia (che è ancor peggio) servir l’Opera al ballo.
Nobile e leggiadra vendetta del buon senso! E coloro
che senza pudore proteggono sì fatti abusi, non se ne
vergognano ancora?
— Gli artisti dcTOpera tedesca che si era instituita a
Parigi, e della quale si è parlato altra volta, in seguito
de’ tristi successi ottenuti e dell’essersi dovuto chiudere
quel teatro, sono ora venuti tutti allo stremo di tanta
miseria da non aver modo di intraprendere il viaggio per
ricondursi in patria. La deplorabile condizione di questi
infelici ha mosso l’animo di molte persone benevole ed in
ispecial modo la magnificenza c generosità del sig. colonnello
Thorn e del grande pianista Liszt. Si è dunque stabilito
di dare a loro profitto un gran concerto o mattinata
musicale. 11 sig* Thorn presterà il suo levale, e Liszt suonerà
diversi pezzi, dappoiché si compiace ili esercitare
volonteroso la sua beneficenza pei poveri artisti come già
fece poco prima a profitto degli incendiati di Amburgo. Il
programma è come segue: 4.° Cori di Weber, eseguiti dai
coristi del Teatro tedesco; 2.° Reminiscenze del Don
Giovanni, eseguite da Liszt; 3.° Es lebt eine rati im
Jiellernest, coro di studenti, testo di Goethe (nel Fausto);
4.° Ave Maria, Der Erlkoeniug (il re degli Aulnes)
melodie di Schubert, di Liszt; 6.u Rheinweinlien, canzone
baccanale, eseguita dai coristi tedeschi: 9 Fantasia
sopra alcuni motivi del Roberto il Diavolo (valz infernale,
aria di ballo, e marcia) eseguita da Liszt. La santità
della causa, l’importanza del programma e il nome di
Liszt sarà certo per procurare un ragguardevole incasso
che servirà a ricondurre que’ poveri artisti alla patria loro.
— La Favorita, opera francese di Donizetli, è stata
molto applaudita al teatro di Breslaw. La Gazzetta di
quella città soggiugne che il sig. Kustner è stato nominato
direttore del teatro reale di Berlino. La prima
Opera che si darà sotto la sua direzione sarà la Favorita
di Donizetti; e poscia la Reine de Cypre stimata
capolavoro di Halevy, alla quale il sig. Kustner farà
molto bene a non preferire la Caterina Cornaro, di
Sachner che appena si è sostenuta a Monaco, e il cui libretto
molto è somigliante a quello della Regina di Cipro.
— Un bello esempio di riconoscenza ne porge S. M.
il re de’ Belgi ordinando grandi feste e solennità da
celebrarsi a Liegi in onore del celebre compositore Gretry,
per l’anniversario del 47 o 48 Luglio. La medesima
5. Mi ha incaricato il sig. Solomé, direttore del Gran
Teatro di Brusselles di ordinare e disporre tutta la parte
lirica di queste feste, e di tracciarne il programma. 11
Re e la Corte dimoreranno in questa occasione tre giorni
a Liegi. Saranno messe insieme orchestre sterminate,
o, come dicono, orchestre-mostri per eseguire le migliori
composizioni di Gretry, e al Teatro si rappresenterà il
Ricardo cuor di Leone. Il giorno 4 8 gli artisti di Brusscllcs
eseguiranno la Favorita di Donizetti. Sarà inviata
altresì a Liegi una deputazione di compositori e
artisti francesi per festeggiare l’autore di tante Òpere
raaravigliose.
— 11 concerto elvetico è stabilito a Losanna pei giorni
3 e 4 agosto. Saranno in esso eseguiti la quinta sinfonia di
Beethoven, opera 67, lo Slabat Mater di Rossini ed
una sinfonia cantabile di Felice Mendelssohn, opera 52,
messa a parole francesi. 11 numero de’coristi sarà di
5U0 c l’orchestra di *240 suonatori. Questo esercito sarà
capitanato dal sig. Marbeck di Praga, il quale ha mostrato
molta perizia l’anno passato a Lucerna, ove ebbe
luogo la medesima solennità musicale. Mendelssohn verrà
a Losanna; Donizetti ha colà scritto che spera di potervi
anch’egli intervenire, e certo non vi mancheranno
molti artisti ed amatori di Parigi. A proposito di queste
orchestre-mostri, noi crediamo lodevole consiglio quello
di procacciare al possibile sempre abbondante e compiuta
l’orchestra e sopra tutto proporzionata al luogo ove la
musica si eseguisce; ma lo stabilire come per massima
generale che ove sia sterminato numero di esecutori ivi
sia solennità musicale, e lo adattare questi mezzi spropositati
(come spesso si fa) alle musiche scritte un
secolo fa e non concepite così largamente dal compositore
e ideate sopra anzi sobrii c non compiuti mezzi d’istromcntazione,
sia un grave errore de’moderni zelanti.
Noi crediamo che le orchestre-mostri applicate alle semplici
musiche de’ tempi passati, rendano appunto quelle
composizioni mostruose, come mostruosa apparirebbe
un’imagine devota di Pietro Perugino o di Francesco
Francia a chi fosse tratto ad ammirarla ingrandita in
forme più che colossali.
— Il sig. conte di Castellane, divenuto celebre in Parigi
pc’suoi privati trattenimenti drammatici e musicali
che egli suol tenere in sua casa, ha testé acquistato dai
signori Boissclot e figlio regii fabbricatori di pianoforti
a Marsiglia, lo stromento di che si è servito Thalberg
ne’concerti da lui dati nelle diverse città del mezzogiorno
della Francia.
— Mcyerbcer è stato ora nominato direttore generale
della musica a Berlino. Oltre alla musica dei Teatri
egli dirigerà ancora i concerti della Corte. Cosi la Francia
perderà l’illustre compositore; ma vuoisi però applaudire
al nuovo omaggio che è reso nel suo paese
all’autore del Roberto e degli Ugonotti.
— Il monumento innalzato a Mebul da’suoi concittadini,
di Givet, è stato inaugurato il giorno 26 giugno.
Trecento musici del Belgio hanno preso parte a questa
solennità.
— Per mostrare che il numero de’ buoni pianisti va
aumentandosi presentemente ognor più, basta riferire
che del nuovo studio in la di Thalberg, certo malagevole
ad essere bene eseguito, sono stati venduti in Parigi
nello spazio di soli otto giorni ben 4 2nO esemplari.
— Lilla. Magnifico è stato il concerto dato dal signor
Bénard direttore d’orchestra del teatro di quella città.
Si sono eseguiti pezzi di Weber, di Halevy, di Rossini,
di Bellini e di Donizetti. La seconda parte si incominciò
con una sinfonia del sig. Baurnann che molto è stata
lodata per severità c sostenutezza di stile. Un Te
Deum del sig. Ferdinando Lavainnc fu pure eseguito
in questo concerto, il quale è stato stimato opera magnifica
nel suo genere.
— Cahlsruiik. Per le feste nuziali della granduchessa
Alessandrina si è rappresentata una nuova Opera di
T. Iloven intitolata Giovanna d’Arco che molto ha
piaciuto.
— Nel N.° 785 dell’Osservatore Triestino abbiamo
letto» Il valente maestro di musica sig. Vincenzo Colla
«piacentino, da qualche tempo stabilito in Trieste, è
«stato testé insignito del titolo di socio onorario della
«celebre Congregazione ed Accademia di Santa Cecilia
• in Roma, in qualità di maestro compositore. - Nel
• pubblicare questo annunzio, onde seco congratularce«ne, non possiamo che far plauso al merito che favo•
revolmente anche fra noi lo distingue-.
— 11 Monde Musicale riferisce il buon esito della
prima rappresentazione d’«Une Aventure de Scaramouche.
Opéra-bouffe en trois actes, par M. A. de Forges,
musique de Louis Ricci, arrangée pour la seene française
par M. de FulUrtv. • Attendiamo che questa notizia
sia confermata da altri più gravi giornali parigini
per parlarne con maggior asseveranza.
— Pesth. Nel Giornale di questa Città Lo Specchio
si legge:» Il secondo Concerto di Bazzini il giorno 2» corr. attirò, come lo avevamo predetto, un uditorio ancor» più numeroso. Il grand’artista destò questa volta (se ciò» è possibile) in tutti ancor maggior stupore della prima
• volta. Egli si fece sentire in una Fantasia da lui com»
posta sull’Opera Esmeralda del M.° Mazzueato, nella» celebre Elegia (senza accompagnamento) e finalmente in» una Fantasia drammatica di sua propria composizione;» ed in tutti questi pezzi sviluppò egli in quanto alla tec»
nica ed al maneggio del suo stromento delle cose inau»
dite ed insuperabili, e nello stesso tempo provò, partico»
lannente con un adagio pieno d’anima, ch’egli poten»
temente sa coinmovere le corde sentimentali dell’udi-
torio. Bazzini non teme più veruna difficoltà; tutti gli
• scogli che il violino oppone a’ suoi più valorosi mae»
stri non esistono per lui, o egli vi passa sopra come
• una silfide sopra le rose e le colline del Parnaso. Negli» intervalli udimmo per la prima volta una giovane ean»
tante Madamigella C. Miller che in un’aria di Ros•
sini, addimostrò un non comune ingegno. La sua voce» è robusta, e di una bella altezza, e se ella non rispar»
mierà diligenza e studii di perfezionamento potrà riu»
scire una buona cantante. Essa fu incoraggita allo» studio con ripetuto chiamate.
MiOYE PUBBLICAZIONI MUSICALI
DELL I. II. STABILIMENTO NAZIONALE PHIV1LEG.’
DI GIOVARSI RICORDI.
MmüMÎS BHDSlIlùyK
FABiTAISIES BIUU.AMCS
pour le Finno
SUR LES OPÉRAS NOUVEAUX
CHOTECK
Cahier i. - Anna Balena-, Belisario; Marino Faliero
Fr. 2 3U.
Cahier 3. - Lucrezia Bargia; Torquato Tasso
Fr. 2.
DE 002VUETTI
i* Petites Fantaisies faciles
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jponr le JPitttto
Op. 93. - Chaque Fr. 1 75.
iY. 40. Marino Faliero. N. 41. Parisina.
N. 42. Torquato Tasso.
Violino (o Flauto), Viola
e Violoncello
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COMPOSTE DA
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N. 1 e 2. Fr. 4 cadauna
«3 e 4. no n
eiovimi ricordi
EDITORE-PROPRIETARIO.
Dall’1. R. Stabilimento Sazionale Privilegiato
«li Calcografia, Copisteria e Tipografia Musicale di GIOVATIVI RICORDI.
Contrada degli Omenoni 1Y. 1750.
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corrispondente
- ↑ Fu per altro sempre lecito, anzi fu dovere degli osservatori diligenti il venir notandole queste macchie e additarle a coloro che troppo sarebbero inclinati a lasciarsi abbarbagliare dalle meravigliose splendidezza del grand’astro.
L’Estens.