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v. — rugiada, brina, nebbia, nubi.
82. Se il cielo è sereno dopo il tramonto, voi trovate le erbe cosperse di rugiada. Al mattino la nebbia ingombra le basse pianure, i laghi, le valli; e quando fa molto freddo, la brina imbianca le erbe, gli alberi, i tetti delle case. Col sorgere del sole la rugiada, la brina, la nebbia a poco a poco scompajono. In ogni stagione voi vedete le nubi formarsi, svanire, ed apparir di nuovo, cambiando luogo e figura, erranti come fantasmi nelle regioni dell’atmosfera. Ecco altrettanti esempî della condensazione dei vapori. Osserviamo come hanno luogo i citati fenomeni.
83. Noi sappiamo (§ 76) che la condensazione avviene pel raffreddamento dell’aria. Quando il vapore si condensa, non si cambia ad un tratto in vera acqua scorrente, come vedemmo aver luogo quando piove. Il vetro freddo, portato entro la camera calda, si è coperto dapprima quasi d’una vernice di rugiada, e più tardi soltanto apparvero alla sua superficie gocce d’acqua. Però la differenza tra la rugiada e l’acqua consiste in questo soltanto, che la prima è formata da goccioline minutissime, aderenti alla superficie del vetro, mentre la seconda risulta dalla riunione delle suddette goccioline in gocce molto più grosse, e perciò scorrevole. Ciò che si osserva sul vetro freddo entro una camera calda, avviene in natura, a grande scala, quando si condensano i vapori atmosferici sulle porzioni fredde della superficie terrestre.
84. Rugiada e brina. — Così nasce, pel raffreddamento dell’aria, la rugiada, col qual nome si indica appunto quello strato di umidità che a sera e durante la notte riveste le erbe, le foglie, le pietre e fino i nostri capelli. La mattina grosse gocce di rugiada, nate dalla confluenza di moltissime goccioline, sono sparse sul fogliame, e pendenti dai ragnateli. Le foglie, i sassi, i vostri capelli, non son essi certamente che hanno prodotto la rugiada. Essa è venuta, per effetto della condensazione, dall’aria, precisamente come abbiam visto l’aria umida e calda di quella camera deporre uno strato di umidità sul vetro freddo della tazza. Quello strato non era infine altro che rugiada, ed ogni rugiada è formata al modo stesso di quella.
85. Durante la notte, quando il cielo è sereno, la terra irradia rapidamente il suo calore; essa cioè disperde negli spazî un gran quantità del calore che ha ricevuto dal sole durante il giorno (§ 59). Per conseguenza la sua superficie si raffredda, come voi potete persuadervene, ponendo la mano di notte sulle foglie e sulle pietre. Lo strato d’aria, a contatto col freddo suolo, si raffredda oltre il punto di condensazione, e l’eccesso di vapore è deposto, come rugiada, sulle erbe, sulle fronde, sulle pietre, sugli oggetti d’ogni natura. Perciò il punto, in cui l’aria ha raggiunto quella temperatura ove cominciò ad operarsi la condensazione dei vapori, si chiama il punto di rugiada (§ 76). Nelle notti d’inverno, quando la temperatura cade al disotto dello zero del termometro centigrado, la rugiada si congela, e copre le erbe, le foglie, gli oggetti d’ogni specie, quasi di una fioritura di cristalli di ghiaccio. La rugiada allora si è cambiata in brina.
86. La nebbia. — Vi ha un’altra forma sotto la quale appare la condensazione dei vapori per l’influenza del raffreddamento della superficie terrestre. Questa forma si mostra sulle montagne, e più spesso nelle basse pianure e sul fondo delle valli. Raffreddandosi l’aria, il vapore sospeso ancora negli strati più bassi dell’atmosfera, si rende visibile sotto la forma di nebbia. Sovente, soprattutto al mattino, vedrete questa nebbia mostrarsi sotto la forma di una nube solitaria, ovvero distendersi come alta e soffice copertura sul piano, o riempire a guisa di lago l’incavo della valle, o addossarsi a guisa di grigia gualdrappa sulla groppa del monte. Coll’avanzarsi del giorno, il suolo, riscaldato mano mano dal sole, non può più oltre raffreddare l’aria, e la nebbia facilmente è grado grado riassorbita dall’atmosfera. Ma a poco a poco, col venir della notte, il suolo è di nuovo raffreddato dall’evaporazione, e, se vi è sufficiente quantità di vapori nell’aria, riappare la nebbia, coprendo di nuovo il monte e il piano.
87. L’aria fredda, del pari che il freddo suolo, condensa il vapore disciolto nell’aria più calda. Stando lungo i fiumi ad osservare, vi accadrà sovente di assistere a questa nuova maniera di condensazione. Le due sponde, caduto il sole, irradiano il loro calore più prontamente che il fiume tra loro scorrente, e per conseguenza raffreddano l’aria, a contatto con esse, più presto che questo non faccia. L’aria fredda delle due sponde, venendo a contatto, e mescolandosi coll’aria più calda e più vaporosa che riposa sull’acqua della corrente, vi forma e v’intrattiene quella nebbia che vedesi così sovente di notte e al mattino quasi fluttuante sull’onde.
88. Nubi. — Non è però alla superficie del suolo, ma nelle alte regioni dell’atmosfera, che ha luogo specialmente la condensazione dei vapori. Non vi ha fenomeno più comune da noi che la formazione delle nubi, per effetto visibile della suddetta condensazione. La nube non è altro che una nebbia, con questa sola differenza, che essa ha luogo nelle regioni libere dell’atmosfera, pel raffreddamento dell’aria calda ed umida, dovuta ad una causa qualunque, quale può essere tanto la semplice sua espansione durante l'ascensione dal basso all’alto, quanto il contatto con correnti di aria fredda. Nulla di più facile che sorprendere le nubi all’atto che si formano. Appare dapprima una piccola macchia bianca: poco a poco si allarga, mentre altre nubi, formantisi all’ingiro, si allargano del pari e si fondono colla prima; sicchè talora, in brevissimo tempo, tutto il cielo scompare dietro un gran velo di nubi, e comincia a piovere. Quel vapore, che si condensa anche nelle regioni più elevate dell’aria, trae pur sempre la sua origine dalla evaporazione delle acque sulla superficie della terra. È l’aria calda che, ascendendo, lo trasporta lassù, dove, venendo essa a contatto cogli strati d’aria più fredda, perde del suo calore, e, divenuta impossente a mantenere disciolto tutto il suo vapore, se ne libera, lasciando che si condensi in nubi.
89. Nelle mattine d’estate il cielo è affatto sereno. Col crescere del giorno, riscaldandosi la terra, l’aria calda ascende carica di vapore. Arrivata dove l’aria è più fredda, abbandona quel vapore che voi vedete rendersi visibile sotto forma di nubi verso mezzogiorno o sulla bass’ora. Venuta la sera, l’evaporazione si diminuisce d’assai; l’aria che ascende è meno umida e meno calda: perciò non ha più luogo il formarsi delle nubi; anzi, le già formate si diradano, svaniscono, sicché la notte è serena come il mattino. Questo svanire delle nubi dipende dalla loro discesa verso terra, dove si pongono in contatto coll’aria più calda che si leva ancora nelle regioni alla terra più vicine. Talora invece voi vedete le nubi camminare attraverso il cielo: sono le correnti d’aria superiori che le trasportano, e il loro moto è tanto più veloce, quanto il vento è più forte. Così il cielo è talvolta oscurato da nubi venute da lontano. Questo continuo andirivieni di nubi sotto la vôlta del cielo, vi dice quanto sia variabile lo stato dell’atmosfera, dove il vapore alternatamente si condensa o si scioglie, per cui l’aria è alternatamente nubilosa o serena.