< Giambi ed epodi < Libro II
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XX.

IO TRIUMPHE!


Dice Furio — Facciam largo a i Camilli
Che vengon dopo un anno.
Io de le trombe galliche a gli squilli
4Ritorno, ei fuggiranno. —

E Mario — Spegner l’oste entro i confini
Patrii è barbara cosa.
Trionfo a i nuovi imperador latini,
8A i vinti di Custosa! —

E Duilio — Tre zattere di legno
Ed il valor romano
Bastava. Or fuggo: ci vuol troppo ingegno
12A essere Persano. —


E Virginio — Che far? Non ho figliuole
Altre da dare a gli Appi.
Questo mio ferro vecchio or niun lo vuole
16Né men per cavatappi. —

E Tullio — L’orazion mia per costoro
È troppo larga o stretta.
Lasciamo a Stanislao Pasquale il fòro,
20E il senato al Pancetta. —

E Tacito — O mie storie ispide e tese,
O mio duro latino,
Cediamo il posto a l’orvietan marchese
24Al Bianchi e a Pasqualino. —

E Bruto — Via da questa plebe stolta!
Mi faría com’ a un cane
Ne’ suoi circensi. Almeno ella una volta
28Voleva ancora il pane! —

E Marc’ Aurelio — Con questo po’ d’oro
Che avanza, io non son gonzo.1
Fuggiam, fuggiam, non aspettiam costoro,
32O mio caval di bronzo. —

Cosí gli spirti magni entro il latino
Ciel, di lor fuga mesto.
Trionfa la Suburra, urla Pasquino
36— Viva l’Italia! io resto. —


luglio 1871.



  1. [p. 534 modifica]Alludo ai vestigi di doratura che si scorgono ancora nella statua di Marco Aurelio, e non all’oro monetato di Pio ix che potesse esser rimasto nelle tasche de’ sudditi suoi. Ai quali la liberazione di Roma, qualunque si fosse, non costò, tutt’insieme, di molto: e, fosse costata anche piú, non sarebbe mai stata cara.

Note

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