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Il perfetto amante (Massimo Dias)
L'imperfetto amante (Giustino Morelli) Il perfettissimo amante (Luigi Caracciolo)

IL PERFETTO AMANTE

(Massimo Dias).

Teresa così racconta il suo amore per Massimo Dias:

Nessun uomo mai ha saputo, nessun uomo saprà mai chi sia e che cosa sia Massimo Dias. Per conoscerlo, per intenderlo, per apprezzarlo in quel che è, in quel che vale, ci vuole una donna: e una donna che lo abbia avuto per amante come me, o che, almeno, sia stata amata da lui. Già, sempre e dappertutto, soltanto la donna ha il diritto di giudicare un uomo e, giudicandolo, può dire la verità, poichè ella solamente lo vede e lo misura nella gran prova umana, che è l'amore. Il giudizio di un uomo sovra un altro uomo o quello di mille uomini sovra un sol uomo, ha un carattere originario di menzogna innocente talvolta, conscia e interessata spesso: mentre la più piccola confessione di una donna sul conto del suo amante, ha la limpidità, la lucentezza, la schiettezza del cristallo. Notate, per Massimo Dias. Che dicono gli uomini di lui? Lo trattano, dal punto di vista dell’amore, con un esagerato disprezzo che ha per base l’ignoranza e l’invidia: si meravigliano che possa piacere alle donne: negano una quantità dei suoi amori più certi e più evidenti, lo trovano insignificante, comune, talvolta insopportabile: e concludono col dire che se Massimo Dias fa qualche conquista, è perchè la donna è una creatura depravata, è perchè la donna, in amore, è capace di tutto. Codesta è l’opinione di quanti uomini, giovani e vecchi, galanti o misantropi, dediti all’amore e indifferenti, abbia io mai incontrato: e Massimo Dias non la ignora, questa volgare e spregevole opinione che hanno i suoi fratelli di lui, in quanto riguarda l’amore, e non la confuta mai, questa opinione, anche quando un fratello più audace glie la dichiara in volto, e lascia correre tutte le voci, e rimane indifeso e incurante di difendersi contro quest'onda di antipatia, d'invidia, di disdegno. Anzi, io ho udito, qualche volta, Massimo Dias, con la freddezza più mirabile, sostenere il parere dei suoi avversari e proclamare la sua inettitudine in amore, e le rare conquiste, più rare di quelle degli uomini meno fortunati in amore, e il non possedere lui nessun ricordo inebbriante, tanto i suoi amori erano stati mediocri e limitati. Invece, tutto il contrario è il vero. Quanti sono uomini, s'ingannano sul conto di Massimo Dias; forse vogliono ingannarsi; egli li inganna, certo, quando si dichiara inetto, e questo inganno è uno dei metodi più semplici per rassicurare il pubblico. La verità vera è che Massimo Dias ha avuto ed avrà molte amanti. E se ve lo dico io, che l'ho amato, che l'amo, che l'amerò sempre, se ve lo dice una donna che è stata amata, che sarà sempre amata da lui, potete crederlo. Egli avrà sempre delle donne; poichè egli è un perfetto amante.

Voi volete apprendere il come e il perchè Massimo Dias sia un perfetto amante? Vi dirò la ragione e il modo come l’ho amato io, e indovinerete, così, come se ne sono innamorate e come, ancora, se ne innamoreranno le altre donne. Anzi tutto, quando una di noi, la più casta, la più semplice, incontra un uomo giovane, ella calcola subito se l’amerebbe o se non l’amerebbe: e così gli uomini sono immediatamente divisi, nella mente femminile, in due categorie, quelli che si amerebbero e quelli che non si amerebbero mai. Coloro che appartengono a questa seconda categoria, non esistono più, per la donna: possono essere belli, ricchi, galanti, non serve, sono creature morte, sono larve che l’occhio muliebre non discerne neppure più. Massimo Dias appartiene alla prima categoria; vedendolo, si pensa che, in certo tempo, in certe condizioni, forse, se Dio volesse o se volesse il diavolo, lo si amerebbe. Beninteso che la donna, con tale pensiero, non si concede, non si dà; il pensiero è profondo, è tenue, è condizionato, svanisce subito, non ha l’aria di lasciar traccia, non riappare ..., infine, è nulla, ma è un filo che si lega, sottilissimo, capillare, fra la donna e l’uomo. Questo filo si annodò fra me e lui, la prima volta che ci vedemmo; e passando il tempo, rivedendoci senza nessuna volontà apparente, mia o sua, altri fili si legavano e si riavvicinavano, indistintamente. Egli non mi faceva la corte, ma si interessava di me, senza troppa ostinazione: e aveva nei modi, con me, una certa dolcezza costante, simile al primo albore di una tenerezza. Questa dolcezza primordiale che non fu mai guasta da una parola troppo sensuale, che non rasentò mai il contegno solito verso le altre donne, che era una cosa diversa, infine, rassicurò e fece schiudere il mio cuore. Nulla che di tenero, io sentiva in me: ma in presenza di Massimo Dias mi era impossibile pensare ad altro che all’amore. Emanava dai suoi occhi, trapelava dalla sua voce, parlava da ogni sua parola, anche la più gelida, come un mite color vivo, come una suggestione giovanile, come quel soffio che fra l’aprile e il maggio dà tante rose ai giardini e alle colline. Compresi, poi, più tardi, che egli era un uomo fatto assolutamente per l’amore e solamente dell’amore occupato e preoccupato, essendo egli materiato e spiritualizzato d’amore; tutto questo non era che la manifestazione del suo temperamento e del suo carattere. Negli occhi, nella voce, nelle parole degli altri uomini può scintillare, vibrare, parlare ogni passione umana, nobile e ignobile: in lui null’altro che l’amore. La sua seduzione, quindi, lenta e fine, aveva anche qualche cosa d’inconscio: e la conquista del mio cuore come della mia persona, non subito, più tardi, fu fatta da lui senza violente richieste, senza drammatiche tristezze, senza fughe improvvise, senz’abbandoni che paiono inconsulti e sono meditati — mezzi, questi, che appartengono al comune degli uomini, a coloro che debbono conquistare le donne con gravi sforzi. Massimo Dias fu naturale: e fu amoroso, perchè la sua natura fu amorosa e perchè bastava che vi si abbandonasse, per essere efficace e attraente, per prendere possesso di tutta la mia volontà e di tutta la mia forza. Semplicemente, come un esercizio della vita, egli adoperava tutte le arti più squisite, per essere più amato, egli sapeva attendere: egli sapeva apparire al momento opportuno, egli sapeva andarsene. Mirabilmente, per quella felice intuizione amorosa, il suo amore si equilibrava col mio, senza che nessuna causa esterna li armonizzasse, e, nelle ore tristi, io trovava accanto a me l’uomo che seguiva tutte le indefinite malinconie della mia anima inquieta, come nelle ore brillanti, sfavillanti, io vedeva in lui l’eco della giocondità giovanile, io sentiva il suo cuore balzare per la gioia di vivere. Ma il suo gran segreto, quello che egli chiama il segreto di Pulcinella, dicendolo a chi vuole saperlo, mentre nessuno ne sa fare o ne vuol fare suo pro, il segreto era nell’amore che mi portava, vivo, continuo, costante, che mi giungeva da tutte le parti, che mi avvolgeva come in un’atmosfera di passione, che invadeva il mio ambiente e me, che mi chiudeva in un roveto ardente, come quello delle bibliche storie. L’amore sgorgava da l’animo di quell’uomo così e sempre, che egli non si affidò che a questo, per avermi sua. Chi ama, chi molto ama, chi ama bene, possiede il motto d’ordine della conquista: è come colui che possiede la fede e che arriva alla grazia: è come il mistico che a furia di evocazione e di ardore, ottiene la visione del suo Dio. Nè io spiegai altrimenti il mio consenso all’amore di Massimo Dias che l’amor suo: e sentii che solo coloro hanno ragione, che dànno passione per passione, e che sanzionano il vile peccato con la suprema legge del premio. Ebbene, fu allora che io cominciai a misurare lucidamente la perfezione di Massimo Dias. Mi amava, mi adorava, e io amava lui, con tutta me stessa, ed ero sua, ed egli non mi ebbe subito, egli aspettò qualche giorno, qualche settimana, perchè l’abbandono più profondo e più completo dell’anima rendesse più alto e più impetuoso l’amore della persona. Egli aspettò! Egli soffriva, la passione lo torturava, ma ebbe la sublime pazienza di aspettare, perchè l’amore nostro raggiungesse quella magnifica maturità che riempie i cuori di ebbrezza. Quanto gli fui grata, io, di quest’aspettazione che doveva essere insopportabile e che era piena di delicatezza, come sentii in lui il rispetto della donna, dell’amore, di sè stesso, come intesi che, in lui, l’amore aveva un tempio e che le feste che vi si celebravano avevano tutta la squisitezza delle grandi aspettazioni, delle grandi purificazioni, delle grandi preghiere!

Un perfetto amante, sì. Naturale, cioè disuguale. L’un giorno di nostro amore non rassomigliava all’altro, e i convegni avevano la più bizzarra varietà, e la curiosità dello spirito raddoppiava il tumulto dell’amore. Disuguale: io l’ho visto, ai miei piedi, piangere come un fanciullo, per una tristezza improvvisa, capitatagli nel momento più lieto del nostro amore, domandare a me la consolazione di questo indefinito e infinito dolore che gli saliva dal cuore agli occhi: io l’ho visto, innanzi a me, pallido d’ira gelosa, fremente, indomabile, soffocare e non poter dire i motti ingiuriosi che gli si affollavano sulle labbra, e fuggire, e ritornare, sempre furibondo, in tali impeti, che io aveva di essi una paura mortale: io l’ho visto, accanto a me, in una confidenza fraterna, in una famigliarità deliziosa, aprirmi tutto il cuor suo, come a una sorella, a una madre: io l’ho visto trascorrere delle ore, chiuso, tetro, senza risponder verbo alle mie domande, senza muoversi alle mie scosse, vinto da una inerzia e da un accasciamento, che non sapeva spiegare: e tutte le faccie del suo spirito amoroso mi apparivano e mi sparivano, innanzi agli occhi, come una visione, e mi stringevano a lui, così indissolubilmente! Disuguale: talvolta così vinto da una crisi di amor passionato che egli non conosceva, non vedeva, non sapeva e non voleva altro che me, che la mia presenza, che la mia persona, come se io dovessi sfuggirgli l’indomani, come se avesse bisogno del continuo possesso, per esser certo dell’amore, con tale un’ardente sete di me che mi sgomentava: talvolta, preso da un eccesso così strano di sentimentalismo, come se l’anima sua fosse partita per i paesi dove solamente di pensiero e di sentimento si vive, come se tutte le cose di questo basso mondo gli fossero perfettamente estranee: talvolta, nei peggiori momenti, assalito dal demone del sarcasmo, per cui il mio cuore era trafitto ed egli aveva l’aria, il mio amante, di godere delle mie trafitture, e non ristava neppure quando vedeva i miei occhi pieni di lacrime, e aveva come la voluttà feroce dei miei e dei suoi tormenti. Frivolo e profondo, geloso e indifferente, scherzoso e tetro, appassionato e sprezzante, il mio amante non era un sol uomo, ma dieci uomini presi insieme, e tutti nuovi, tutti attraenti, tutti affascinanti: e a ogni nuovo colloquio io mi domandava, irrequieta, diffidente,

ansiosa, che avrei trovato, in lui, e ciò dava un sapore immenso a tutti i nostri convegni, e ciò metteva il mio cuore in uno stato di continua veglia. Vi erano minuti così intensi in cui io era certa della sua adorazione, poichè io vedevo la verità dell’amore nei suoi occhi ardenti, perchè la udivo nel balbettio della sua voce, perchè io sentivo, con orgoglio e con tenerezza, che quell’uomo mi apparteneva completamente: ma il minuto dopo io ricadeva nel dubbio, tanto le parvenze di Massimo Dias erano singolari, e il dubbio suscitava in me tutte le forme della passione. Vi erano dei periodi in cui sembrava che egli mi sfuggisse intieramente: neri periodi di desolazione, di disperazione: e, forse, forse, in quei tempi egli più mi amava, e io non intendeva l’enigma. Tanto che, a poco a poco, tutta la mia esistenza morale e materiale appartenne al mio amante: io sentii assolutamente che solo il suo amore mi rendeva importante e cara la vita, e che egli era il solo uomo che io potevo amare.

Perfetto amante e traditore, anche. Mi sembra inutile di descrivervi quello che io abbia sofferto, di atroce, la prima volta in cui il suo tradimento mi fu palese come la luce del sole. Io ho creduto di morire. Gli ero stata così lealmente fedele, ero così innamorata di lui, ero così saldamente legata a lui, che tutti i sentimenti in me erano crudelmente offesi, e palpitavano di angoscia e le loro ferite gemevano sangue. Amore, amor proprio, vanità, sincerità, non una cosa che non avesse la sua tortura, in quel tradimento. Egli negò sempre, continuamente, anche innanzi alle prove: e la sua negazione che mi parve una sfrontatezza, irritò maggiormente il mio furore geloso. Compresi, più tardi, quanta tenerezza e quanto rispetto vi era in quella negazione del tradimento. Ma in quella scena terribile, io aveva smarrita la testa. Lo lasciai, così. Non volli più vederlo; lo fuggii. Indescrivibili tormenti! Ero innamoratissima di lui e tutta la mia anima come la mia persona gli apparteneva: figuratevi, dunque, quale violenza io doveva fare a me stessa per non vederlo, per non scrivergli, per non pronunziare neppure il suo nome. L’ambiente del suo amore perdurava, intorno a me. Egli continuava ad apparire, dovunque potesse credere che io andassi, e dovetti, man mano, quasi chiudermi in casa, o uscire per vie deserte e lontane, abbandonando tutti i comuni ritrovi. Egli continuava a scrivermi e io non aveva modo d’impedirglielo, mentre m’imponevo delle pene atroci per non aprire le sue lettere che erano intatte in un cassetto. Tutte le vie, tutte le case, tutte le cose mi ripetevano un episodio del nostro amore: egli aveva messo il suo amore dappertutto: egli seguitava a farmi giungere l’eco della sua passione, come se mai mi avesse tradita infamemente, vigliaccamente. E tutto, senza lui, mi sembrava ombra e silenzio: inutile ogni dolcezza della vita; inutile il lieto trascorrere del tempo; inutile la mia esistenza istessa. La vista di qualunque uomo mi disgustava: Massimo Dias, il mio perfetto amante, mi aveva divisa dal resto dell’umanità e mi teneva per sè, tutta per sè, senza che mai, mai, fino a che avessi sangue nelle vene, un altr’uomo potesse esistere, come amante, per me.

Ebbene, io gli perdonai il suo tradimento. Per quali illusioni, io mi convinsi, non so bene: per quale ineluttabile bisogno di amore e dell’amore di Massimo Dias fui così debole, io so bene, ma non vi debbo spiegare. So che ridivenni l’amante di Massimo Dias, un giorno, così, naturalmente, in cui egli m’incontrò e io non ebbi la forza di evitarlo, in cui eravamo soli e non ebbi la forza di fuggirlo: un giorno in cui egli mi apparve così triste e così innamorato che io dissi a me stessa la gran parola, se non era un errore e una colpa rinunziare alla propria parte di felicità, comunque essa sia, questa felicità. Massimo Dias mi amava, me ne convinsi: il segreto della sua rinnovellata seduzione era sempre nell’amore, di cui era fatta l’essenza della sua anima e dei suoi nervi. Noi avemmo, in questa ripresa, dei grandi giorni, indimenticabili: nell’ora della morte io potrò tutto scordare, ma quelle giornate mi saranno in mente, nelle confuse visioni dell’agonia! Egli mi giurò che non mi avrebbe tradita mai, mai più, che se un errore aveva commesso — non poteva più negare, gli era impossibile — era stato così, senza che lui neppure lo sapesse. Così! Parola strana, è vero? Egli mi volle far credere che il tradimento era stato un fatto istintivo, di cui era inconscio, fuori della sua volontà, anzi, forse, contro: certamente, contro, poichè mi amava. Così!

Che dirvi? Massimo Dias mi tradì una seconda volta e anche più gravemente: e se questa seconda volta il colpo fu meno forte, la mia dignità fu più resistente. Egli negò ancora: diceva di no, di no a tutto, come un bimbo; alle mie ingiurie impallidiva e negava, sempre. Dopo questo secondo dolore, afflittissima, ma meno furente, io ebbi la cura dolorosa di analizzare tutta la mia sventura. Posatamente, io misurai tutto l’amore che avevo portato e che portavo a Massimo Dias: misurai il suo tradimento e il tempo e le circostanze. Freddamente, scesi in fondo al mio cuore e tastai la catena che mi serrava a Massimo Dias: mi parve incrollabile. Gelidamente, pensai che solo partendo, espatriando, non rivedendolo mai più, avrei potuto spezzare questa catena; ma che se restavo dove egli era, mi sarebbe bastato di rivedere il mio perfetto amante per esser sua, di nuovo. E, partendo, non sarei forse ritornata da me a rimettermi nelle sue mani? Con la massima glacialità, di fronte a così assoluta necessità, decisi di perdonargli novellamente, e sempre, e di esser sempre la sua amante, malgrado ogni tradimento. Più tardi, conoscendolo meglio, sono stata e sono anche più giusta con lui. Se si vuole un amante perfetto, bisogna subire il tradimento, soffrendo in silenzio. Il tradimento è uno dei caratteri della perfezione, in amore. Sarà una verità crudele, ma è così. Dalla sua stessa perfetta natura amorosa Massimo Dias trae questo istinto della mutabilità e, in fondo, egli non inganna nessuna donna, neppur me, anzi, me molto meno delle altre. Giacchè egli è sempre innamoratissimo della donna cui dice di amare, come ad ogni perfetto amante si conviene. Fedele all’amore, fatto di amore, egli non mente mai, parlando della sua passione. Fedele, incostante e perfetto.

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