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L’iniziazione.
I.
Usciva da la scuola, per molt’ore
immoto e col pensier vagante in caccia
di sogni alati, e dentro l’ombra diaccia
sentiva aulire tutto il maggio in cuore.
Nella strada fra ’l giovenil clamore
un motto ardente gli avvampò la faccia;
un sorriso lo avvinse; e con terrore
si mise dietro a l’odorosa traccia.
Così l’impura dispogliò l’ignaro
de’ suoi tesori, come un giovin fusto
di sue tenere gemme appena schiuse.
E nella giovine anima s’infuse
della coppa d’amor tutto l’amaro
e in fondo inoblïabile il disgusto.
II.
Un altro maggio, e rinascean dai nocchi
le gemme e il grano rimettea la spica,
quand’ei rivide una figura amica
compagna già di fole e di balocchi.
Mutati, oh quanto! Ed ella con l’antica
letizia, ei con un fuoco acre negli occhi.
Ed ei non puro mise a la pudica
tutti i fior del suo cuore in sui ginocchi.
Un dì la giovinetta, a una parola
attesa, si piegò, come nei prati
fanno i narcisi sui fragili gambi.
E poi?... Oh, come allora! I baci dati,
come allora, ed i gesti, ahimè! d’entrambi!
E quel disgusto gli salì a la gola.
III.
Le verginelle vanno a capo chino
piangendo il fiore de’ loro anni lieti,
mentre i giovani cercano inquieti
l’amor lontano ch’hanno sì vicino!
Onde si fa deserto ogni giardino
e gli usignoli tacciono e i poeti;
mentre muoion tra l’erbe i fior segreti
e sfogliansi le rose anzi il mattino...
Sacrilego colui che a l’ugne ladre
delle impure abbandona i giovinetti
e le vergini bianche a l’oro immola:
e spegne l’ineffabile parola
che germina su labbri nuovi e schietti
inizïante la Natura Madre!