< I Nibelunghi (1889)
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Anonimo - I Nibelunghi (XIII secolo)
Traduzione dal tedesco di Italo Pizzi (1889)
Avventura Prima
Introduzione Avventura Seconda

Avventura Prima

kriemhilde


     Nelle antiche leggende a noi ben molte
Cose si narran prodigiose, d’incliti
Eroi si parla e di gagliarde imprese
E di gioie e di feste e di lamenti
5E di pianti pur anco. Oh! voi dovrete
Udir cose ridir meravigliose
Di battaglie di prodi arditi e forti!
     In Borgogna crescea nobil donzella,
Tal, che cosa più vaga in ogni loco
10Essere non potea. Costei Kriemhilde
Era nomata; era costei leggiadra,
E per essa dovean molti gagliardi

Perder la vita. All’amorosa donna
Ben s’addicea l’essere amata, e lei
15Disïâr molti prodi e niuno a lei
Fu avverso mai. Leggiadra la gentile
Persona avea costei più che misura,
E ogni altra donna avrìa fregiata e adorna
Nobil virtù de la fanciulla. Intanto
20Aveanla in cura tre potenti regi,
Nobili, Gùnther e Gernòt, eroi
Degni di laude, e Giselhèr garzone,
Un prode eletto. Suora la fanciulla
Era di questi, e i principi l’avièno
25In lor custodia. Liberi in lor doni
Fûr questi re, d’inclita stirpe nati,
Eroi di gran possanza, elli, di tutti
I gagliardi gli eletti. E la lor terra
Borgogna si dicea. Ma poi ben grandi
30Meraviglie operâr là nella terra
D’Etzel un dì. Soggiorno in lor possanza
A Worms elli tenean prossimi al Reno,
E lor servian superbi cavalieri
Della lor terra, con pregiato onore,

35In fino al tempo de la morte. A morte
Elli ne andâr miseramente un giorno
Di due donne per l’odio, inclite e illustri.
     Donna Ute, ricchissima regina,
Lor madre si dicea, diceasi il padre
40Dancràt, che al fin di sua terrena vita
Lor lasciava il retaggio, egli magnanimo,
Che onor ben grande procacciossi al tempo
Di sua giovane età. Questi tre prenci
Eran, com’io già ’l dissi, di ben alta
45Forza e virtù. Soggetti anche si avièno
I gagliardi migliori, onde la gente
Molto parlò, forti e avveduti assai
E in fieri assalti intrepidi. Fra questi
Hàgen fu di Tronega, e il suo fratello,
50Dancwart veloce, e Ortwin da Metze, e i due
Margravi, Gère ed Ekkewàrt, Volkèro
D’Alzeia, adorni d’ogni pregio. Mastro
Alla cucina fu Rumòldo, un prode
Eletto, e v’era anche Sindòlto e Hunoldo,
55E questi prodi in cura avean la corte
E le feste e gli onori, ei di tre prenci

I fidi amici. Ed elli avean pur anco
Altri prodi con sè, ch’io qui non posso
Tutti nomar. Dancwarto era preposto
60A le stalle, e il nepote, Ortwin da Metze,
Era scalco del re; Sindòlt coppiero,
Il fior d’ogni gagliardo, e ciambellano
Era Hunòldo, e sapean nobili uffici
Tutti compir. Ma degli addetti a questa
65Inclita corte e della sua possanza,
Ampia all’intorno, e dell’alta virtude
E del valor de’ cavalieri, in tutta
La vita lor con molta gioia addetti
A questi re, nessun veracemente
70Al fin giunger potrìa de le novelle.
     In tanto onor, sognava Krïemhilde
Com’ella già nutrito aveasi un falco,
Fiero e leggiadro assai, cui due sbranavano
Aquile innanzi agli occhi suoi. Non mai
75Avvenir le potea più dolorosa
Cosa quaggiù! Ma il sogno ella narrava
Ad Ute madre sua, nè alla sua buona
Figlia esplicar potea meglio colei

Il sogno. Un nobil uom, disse, gli è il falco
80Quale allevasti; e se guardar nol vuole
Iddio signor, tu il perderai ben tosto.
     D’uom che parlate voi, dolce mia madre?
Senz’amor di guerrieri io vo’ pur sempre
Così restar. Bella così vogl’io
85Fino alla morte rimaner, perch’io
D’uom da l’amor non tocchi mai rancura.
     Ma la madre le disse: Oh! la tua fede
Non impegnar sì ratto! Ove tu debba
Sempre alla terra esser di cor beata,
90D’uom per l’amor ciò avviene. E tu sarai
Sposa leggiadra un dì, quando ti aggiunga
Al fianco Iddio gagliardo veramente
Un cavaliero. — O donna mia, rispose,
Questo detto lasciate! E ben sovente
95Manifesto si fece a donne assai
Che alfine alfine ricompensa amore
Con doglia acerba. Or io l’amor, la gioia,
Evitar bramo, onde avventura trista
Mai non m’incolga. — E Krïemhilde in core
100Si fè schiva d’amor; quindi ella visse,

Ella sì dolce, molti giorni assai
Lieti e sereni, sì che niuno in terra
Ella sapea cui porre amor volesse.
Eppur, d’un prode cavaliero un giorno
105Con molto onore ella fu sposa; e quello
Era il falco medesmo che nel sogno
Veduto già si avea, qual la sua madre
Annunziavale in pria. Sovra i congiunti
Più prossimi di lei che aveanlo ucciso,
110Ella deh! come il vendicò! Per quella
Sola morte di lui molti periro
Di madri dolorose incliti figli!




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