< I Nibelunghi (1889)
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Anonimo - I Nibelunghi (XIII secolo)
Traduzione dal tedesco di Italo Pizzi (1889)
Avventura Ventiquattresima
Avventura Ventitreesima Avventura Venticinquesima

Avventura Ventiquattresima

In che modo Wärbel e Swämmel eseguirono il messaggio


     Quand’Ètzel invïò suoi messi al Reno,
Di terra in terra andarono volando
Queste novelle. Ei sì pregava e fea,
Per que’ messi veloci, alla sua festa
5Invito; e molti n’ebber poi la morte.
     Dalla terra degli Unni ivano i messi
Là fra i Burgundi; elli erano a que’ nobili
Tre monarchi inviati e a’ lor famigli,
Perchè cotesti ne venisser poi
10A re Ètzel da presso. Or, fean principio

I messaggieri a camminar. Scendeano
A Bechelara cavalcando, e quivi
Lor fe’ servigi volentier la gente;
Anche Rüedgero e Gotelinde (tinto
15Evitar non potean), quella lor figlia
Con essi ancora, offrîr pei messaggieri
A chi stavasi al Reno, i lor servigi.
Nè soffrîr già che senza donativi
Andasser quelli, onde per miglior guisa
20D’Ètzel, per quella terra, andasser
                                                      gli uomini.
Volle Rüedgèr che ad Ute e a’ figli suoi
Ciò si dicesse, che nessun margravio
Elli si avean di lui più fido. Ancora
25A Brünhilde elli offrìan servigi e doni,
E fede salda e pronto core. Tosto
Ch’essi intendean queste parole, vollero
Partirsi i messi, e la margravia Iddio
Pregò, perchè dal ciclo ei li guardasse.
     30Pria che venuti fossero que’ messi
De’ Bavari alla terra, andò quel molto
Agile Wärbelin dove rinvenne

Il buon vescovo. A me non è ben noto
Ciò ch’egli indisse a que’ congiunti suoi
35D’annunzïar sul Reno. Ei, per ricordo,
Dell’oro suo lucente ai messaggieri
Parte dar volle, e fe’ ch’ei cavalcassero.
     Vescovo Pellegrin diceva allora:
Dolce al cor mi sarà se di mia suora
40I figli qui vedrò, chè raro assai
Cred’io di andarne in fino ad essi al Reno.
     Io non so dir qual strada elli correano
Là fino al Reno. E niuno osò frattanto
Rapir lor vesti e lor danaro. Tutti
45Del lor prence e signor temean lo sdegno,
Chè forte era d’assai quel sire illustre.
D’alto lignaggio.1 Di Worms alla terra,
Là sul Reno, Wärbèl e Swämmelino
Vennero in giorni dodici, e novella
50Tosto al re ne fu detta e a’ suoi famigli,
Venir stranieri messi. Incominciava
A dimandar Gunthero. Egli, signore

Del Reno, disse allor: Chi ci fa noto
Donde mai cavalcarono in la terra
55Questi stranieri? — E niun sapea cotesto
Fino a che il disse e favellò a Gunthero
Hàgene di Tronèga: Or nuove cose
Vengono a noi, cotesto io vi confermo.
D’Ètzel son quelli che qui or or vid’io,
60Suonatori di giga, e vostra suora
Al Reno gl’invïò. Pel lor signore
Egli esser dènno i benvenuti assai.
     Al palagio dinanzi, allora appunto,
Venìano quelli cavalcando, e mai
65Suonatori di prenci in più pomposa
Guisa innanzi non vennero. I famigli
Del re li accolser prontamente, e alloggi
Fûro assegnati ancora, anche fu ingiunto
Ch’ei tenesser lor vesti. E quelle vesti
70Tanto eran ricche e di tal guisa adorne,
Ben che lor date al vïaggiar, che innanzi
Con onor si potean recare al prence.
Eppur, già non volean portarle in corte
I messaggieri, e feano attorno dire

75Se alcun volea l’acquisto farne. In questa
Medesma guisa gente si rinvenne
Che volentieri le acquistò d’assai,
E quelle tosto le fûr date. Allora
Vesti migliori assai gli ospiti assunsero,
80Quali s’addice per gran pompa ai messi
Di monarca indossar. La compagnia
D’Ètzel così, dato l’assenso, andava
Là ’ve il prence sedea. Balzava in piedi
Incontro ai messi con un atto onesto
85Hàgene allora e li accogliea cortese,
E grazie intanto glien rendean gli alunni.2
     Novella certa per udir, principio
Ei fece a dimandar come si stava
Ètzel co’ suoi consorti, e il suonatore
90Di giga rispondea: La terra sua
Meglio non stette mai, nè così lieta
Fu mai la gente. In verità cotesto
Per voi si sappia. — Andavano dal sire,

Ed era pieno quel palagio, e gli ospiti
95Altri in foggia accogliea quale si addice
Onestamente a salutar gli estrani
In terra d’altri re. Wärbel intanto
Rinvenne appo Gunthèr molti gagliardi.
     E grazïosamente incominciava
100A salutarli il re: Voi, suonatori
Fra gli Unni, ambo mi siete i benvenuti!
Ètzel possente alla burgundia terra
Adunque v’invïò? — Dinanzi al prence
Elli inchinârsi, e Wärbelin dicea:
     105Il signor mio diletto offrevi suoi
Servigi onesti, e con lui vostra suora
Kriemhilde, in questa terra. Elli invïati
Ne hanno, o guerrieri, a voi, con leal fede.
     Disse il ricco signor: Lieto son io
110Di tal novella. — E come sta, soggiunse
Il prence ancora, Ètzel sovrano, e quella
Sorella mia, degli Unni ne la terra,
Kriemhilde? — Noto a voi farò cotesto,
Rispose ratto il suonator di giga.
     115Che gente mai non ebbe di que’ due

Stato miglior, saper v’è d’uopo; ancora
Lor cavalieri tutti, ed i congiunti
E i famigli pur anco. Ei del vïaggio
Forte gioîr, quando partimmo noi.
     120Grazie de’ suoi servigi; onde egli offerta
Mi fa, di quelli ancor della mia suora,
Poichè ciò accade che in diletto ei vivono.
Il prence ed i famigli! E mi credea
Di tal novella far dimando a voi
125Con ansia e cura.3 — Intanto, eran venuti
Anche i due prenci giovinetti.4 Allora,
Allora appunto avean cotesta nuova
Udita, e per l’amor de la sirocchia
Giselhèr giovinetto i messaggieri
130Volentier vide, e favellò in cortese
Atto così: Voi sête, o messaggieri,
Benvenuti d’assai, quando più spesso
Voleste voi discender fino al Reno

In cavalcando. E qui gli amici ancora
135Voi trovereste che d’assai potranno
Di gran cor rivedervi. In questa terra
Piccolo assai potrà toccarvi cruccio.5
     Noi confidiamo in voi per tutto onore,
Swemmelìn disse. E dirvi non poss’io
140Col vigor di quest’alma in qual mai guisa
Di vero amor cortese Ètzel, e quella
Nobil vostra sirocchia, a voi per noi
Accomandansi. In grado alto d’onore
Cotesto ora si sta. Ben si ricorda
145Di vostro amor, di vostra grazia, quella
Donna del sire, che le furon sempre
Vostra persona e vostro cor propizi.
E, pria che ad altri, a re Gunthèr siam noi
Inviati così, perchè vi piaccia
150D’Ètzel a le contrade, in cavalcando,
Scendere. E perchè noi sì vi pregassimo,
Fermo assai fe’ comando Ètzel possente.
Che se non vista la sorella vostra

Lasciar vorrete, ei volentier desìa
155Questo saper da voi che mai vi fece,
Perchè estrani cotanto a lui restiate
E alla sua terra. Se da voi si obblia
La vostra suora, ei però merto reca
Perchè vi piaccia rivederlo. Quando
160Cotesto avvenga, ciò gli fia ben grato.
     Re Gunthero dicea: Di là da queste
Sette notti vicine io la novella
Vi farò nota in ciò che con gli amici
pensato avrò. Ma intanto, a’ vostri alberghi
165Andar v’è d’uopo, e dolce, ivi, riposo
Vi si addice toccar. — Ma Wärbel disse:
     Forse che questo esser potrìa che noi,
Pria di tanto, vedessimo la nostra
Ute, potente assai, pria che il riposo
170Ci procacciamo? — In un atto gentile
Il nobile Gislhèr così rispose:
     Niuno cotesto vi tôrrà. Se andarne
A lei bramate, della madre mia
Farete voi la volontà, chè assai
175Volentieri sarà ch’ella vi vegga

Per la sorella mia, donna Kriemhilde.
Oh sì! voi le sarete i benvenuti.
     E Giselhèr li addusse ove la donna
Ei ritrovò. Degli Unni de la terra
180Di gran core ella vide i messaggieri,
E con atto gentil, per quella sua
Anima ricca di virtù, lor fece
Anche un saluto. In cortese atto e dolce
Le diêr l’annunzio i messaggieri. A voi
185Offre la donna mia, Swemmelin disse,
Fede e servigi. Che potesse mai
Questo avvenir che più sovente ancora
Vi vedess’ella, deh! credete, o donna,
Che di gaudio maggior nessuna cosa
190Al mondo le sarìa! — Cotesto mai
Non avverrà, rispose la regina.
Per quanto volentier la mia diletta
Figlia vedrei sovente, ella, ch’è sposa
Di nobile signore, ahi! troppo lungi
195Da me si sta. Ma sempre e sempre ancora
Ella viva felice e la persona
D’Ètzel con seco! E pria che ve n’andiate,

Farmi saper v’è d’uopo a quando mai
Partirete di qui. Mai non vid’io
200In sì lunga stagion sì volentieri
Messi d’altrui com’io vi ho visti. — A lei,
Che cotesto per lor si curerebbe,
Fêr promessa gli alunni. Ai loro alberghi
Quelli tornâr degli Unni de la terra.
     205Ma il potente signor mandato avea
Per suoi amici intanto, e a’ suoi famigli
Gunthero illustre dimandò se quello
Messaggio lor piacea. Molti cotesto
Facean principio all’affermar che in quella
210D’Ètzel contrada egli potea con molto
Onor recarsi, e questo consigliavano
Quanti migliori ei là rinvenne, solo
Hàgene tolto. In lui, grave corruccio
Era davvero. A contraddir voi stesso
215Veniste, ei disse al re secretamente.
Noto v’è assai ciò che noi femmo, e noi
Sempre dobbiamo per Kriemhilde in core
Serbar pensiero, ch’io con questa mano
Colpito ho a morte l’uom di lei. Deh! come

220Ardirem noi discender cavalcando
D’Ètzel a le contrade? — Il re possente
Rispose allora: Abbandonò suo sdegno
La mia sirocchia, e ciò che femmo a lei,
Dimenticò per noi nell’amoroso
225Bacio ch’ella ci diè, pria che partisse
Cavalcando di qui. Forse gli è questo
Che per voi solo, Hàgen, ell’ha disdegno.
     Prender non vi lasciate a questi inganni,
Ei rispondea, per quanto i messaggieri
230Dicon degli Unni. E se veder bramate
Kriemhilde ancor, la vita là v’è d’uopo
Perdere con l’onor. Lungo pensiero
Fe’ di vendetta d’Ètzel la mogliera.
     E principe Gernòt in suo consiglio
235Così dicea: Poichè per vostre colpe
Temete voi, là, degli Unni nel regno,
La morte, di veder la nostra suora
Speme dovremmo abbandonar. Cotesto
Male assai sarìa fatto. — Al cavaliero
240Prence Gislhèr fe’ un motto: Hàgene amico,
Poi che voi stesso vi sentite in colpa,

Qui vi restate e vi guardate ancora
Con sollecita cura, e chi è più ardito
Lasciate andar dalla sorella mia.
     245Il cavaliere di Tronèga allora
A corrucciarsi incominciò: Che alcuno
Vi conduciate per la via non soffro,
Quale osi più d’assai vosco alla reggia
D’Ètzel recarsi cavalcando. Questo,
250Poi che di là distorvi non v’è a grado,
Io mostrerovvi apertamente. — Allora
Disse il maestro alla regal cucina,
Rumoldo cavalier: Qui v’è concesso,
Conforme a vostra volontà, far cenno
255Che altri accolga per voi stranieri e amici,
Poi che bramate che altri vi consigli,
Ch’io credo sì che non vi prese ancora
Hàgene quale ostaggio.6 E vi consiglia,
Se non v’è caro Hàgen seguir, Rumoldo,
260Per ch’io vi son, come servo devoto

Con ferma fè. Rumoldo vi consiglia
Di qui restar, cedendo al cenno mio,
Lasciando Ètzel signor là rimanersi
Appo Kriernhilde. E qual stato migliore
260Potrìa toccarvi al mondo? E qui v’è dato
Incolume restar d’ogni nemico
Vostro, e però adornar di buone vesti
La persona dovete, e ber del vino
Migliore e corteggiar donna leggiadra.
265Più in là da ciò, qui si daranno a voi
Quali nessun regnante ebbesi in terra,
Dapi squisite; e se cotesto ancora
Non avvenisse, qui restar v’è d’uopo
Per vostra donna sì leggiadra e adorna,
270Anzi che addurre in estremo periglio,
Guai fanciullo inesperto, il viver vostro.
Però vi prego di restar. Son ricche
Le vostre terre, e in vostra casa assai
Meglio potrete ancor solver li pesi
275Che là fra gli Unni. E chi poi sa davvero
Che sia colà? Si resti, o signor mio!
Di Rumoldo è cotesto il buon consiglio.

     E noi non rimarrem, Gernòt soggiunse,
Poichè con tanto amor la nostra suora
280Cen fa invito e con lei Ètzel possente.
Lasciar cotesto, deh! come potremmo?
Ma chi non viene volentier, restarsi
A casa anche potrà. — Non vi turbate,
Hàgen rispose allor, per mie parole,
285Accada ciò che vuol. Che se v’è d’uopo
Difesa procacciar, sì vi consiglio
D’andarne armati e custoditi assai
Fra gli Unni. A vostre genti, ove da questo
Ritrarvi a dietro non v’è caro, tosto
290Fate un invito, a quanti sì migliori
Voi troverete o aver potrete mai.
Fra tutti, mille cavalieri acconcia-
mente trasceglierò. Così per nulla
Mal vi farà di Kriemhilde crucciosa
295La mente trista. — Volentier cotesto
Consiglio vo’ seguir, disse Gunthero.
     Così fe’ cenno a’ messaggieri suoi
Ampiamente di andar per la sua terra;
E tosto gli adducean tremila prodi,

300O forse più. Davver! ch’ei non pensaro
Che avrìan sì gran dolor toccato un giorno!
     Allegramente cavalcando ei scesero
Di Gunthero alla terra. E palafreni
A tutti e vesti ancor fu indetto allora
305Di dispensar, ch’elli dovean ben tosto
Di Borgogna partir. Molti che buona
Ebbero volontà, rinvenne il sire.
Hàgene intanto di Tronèga ingiunse
A Dancwàrt fratel suo di ottanta addurre
310Gagliardi al Reno. Vennero in costume
Di cavalieri, e aveano usberghi e tuniche
Essi, leggiadri assai, là ne la terra
Di re Gunthèr. Venìa Volkero ardito,
Nobil di giga suonator, con trenta
320Uomini suoi per quel viaggio in corte.
Tali vesti egli avea, che re sovrano
Anche potea recarle. E ch’ei volea
Irne fra gli Unni, a re Gunthèr fe’ dire.
     Chi Volkèr fosse veramente, a voi
325Intendere farò. Nobil signore
Era costui; gli eran soggetti ancora

Molti gagliardi in terra di Borgogna,
E perch’egli sapea suonar di giga,
Era nomato il suonatore. Intanto
430Hàgen mille scegliea, quali già in pria
Bene ei conobbe. Ciò che in aspri assalti
Lor mano oprato avea, ciò che si stava
A incominciar per essi, egli avea visto,
E nulla altri potea d’essi narrare
435Fuor che atti di valor. Ma di Kriemhilde
Avean rancura i messaggieri assai,
Chè forte veramente era timore
Di lor principe in essi. Elli ogni giorno
Chiedean di là commiato; Hàgene intanto
440Mai nol dava, e per arte ei fea cotesto.
     E disse al suo signor: Questo ci è d’uopo
Bene adoprar che andarne cavalcando
Non si lascin per noi, pria che noi stessi
Non ci partiam di qui per la contrada
445D’Ètzel, trascorsi sette dì. Se alcuno
Alma avversa ci porta, in miglior guisa
Cotesto saprem noi. Così apprestarsi
Donna Kriemhilde non potrà, che alcuno

Male ci arrechi per consigli suoi.
450Che s’ella n’ha desìo, male e sventura
Incoglierle potrà. Di qui con noi
Alcuni prodi menerem trascelti.
     Arcioni e targhe ed ogni loro arnese,
Quali d’Ètzel volean portar con seco
455Alla contrada, per alquanti arditi
Fûro apprestati. Ai messaggieri allora
Di Kriemhilde si disse, a re Gunthero
Ch’elli andarne dovean. Vennero i messi,
E Gernòt favellò: Quanto ci dice
460Ètzel, eseguirà nostro signore.
Alla sua festa volentieri noi
Tutti verremo e la sorella nostra
Vedremo. E ciò per voi sia senza dubbio.
     Prence Gunthero disse allor: V’è dato
465Significar quando saranno, intanto,
Le feste o in qual mai giorno esse fien date,
Sì che possiamo intervenir? — Al prossimo
Solstizio, Swemmelin rispose allora,
Elle saranno veramente. — E il sire
470Anche fea cenno (e cotesto non anche

Era avvenuto in pria), se volentieri
Donna Brünhilde avrìan elli veduta,
Per ch’elli sì, col placito di lei,
Le venissero innanzi. A ciò si oppose
475Volkero, e fu cotesto a lei gradito.
     La donna mia Brünhilde, veramente,
Tanto lieta non è dell’alma sua,
Che voi possiate ora vederla, disse
Il buono cavalier. Per voi si aspetti
480Fino a dimani; e di vederla a voi
Altri concederà. — Mentre ei credeano
Di lei veder, ciò non potè avverarsi.
     Ma il potente signor, tanto benigno
Egli era ai messi, per alma cortese,
485Dell’oro suo fe’ recar copia in grandi
Targhe, chè molto averne egli potea.
Anche da’ suoi congiunti incliti doni
Si feano ai messi. Gernòt e Gislhero,
Gere ed Ortwin, feano apparir di quanto
490Anche eran buoni. Ricchi doni offersero
Elli pur anco ai messaggieri e in tale
Guisa, che i messi non osâr per tema

Tôrli del sire.7 Wärbel messaggero
Al re così parlò: Re, mio signore,
495I vostri doni, deh! soffrite voi
Che restin qui, alla vostra terra. Noi
Recarli non possiam, chè ciò vietava
Il nostro re, perchè alcun dono mai
Non si prendesse. Anche il bisogno
                                                        500è scarso.8
     Ma del Reno il signor crucciato assai
Era di tanto, ch’ei voleano i doni
Di sì gran prence ricusar. Quell’oro
E quelle vesti sue toglier fu d’uopo,
505Perchè con seco le recasser poi
D’Ètzel a le contrade. E pria che andassero,
Ute volean veder. Gislhèr leggiadro
Da Ute, madre sua, menava allora
Di giga i suonatori, e la regale
510Donna a’ messi dicea che, se Kriemhilde

Aveasi onore, ciò si fea di lei
Con gradimento. Accennò la reina
L’oro suo, le sue nappe a’ suonatori
Di spartir per Kriemhilde, a cui sì grande :
515Portava amor, per Ètzel re pur anche;
E quelli ciò potean d’animo grato
Ricevere così, chè ciò si fea
Di cor sincero. E sì prendean commiato
Da uomini e da donne i messaggieri
520Di là, di là venìano allegramente
Fino al confin di Svevia, e a’ suoi guerrieri
D’accompagnarli, per che niun facesse
Offesa o danno a lor, Gernòt indisse.
     Poi che si separâr da chi dovea
525In cura averli, d’Ètzel signoria
In tutte strade li difese, e niuno
I corsieri lor tolse e non le vesti;
Con prestezza d’assai verso la terra
D’Ètzel ei s’affrettaro, e a quanti amici
530Ivi si conoscean, noto elli resero
Che fra breve stagion verrìano in quella
Terra degli Unni di Borgogna i prenci

Dal Reno; e la novella anche si rese
Notificata a Pellegrino vescovo.
     535Com’egli discendean di Bechelara
Cavalcando le vie, ciò si annunziava
(Ch’evitar non poteasi) anche a Rüedgero
Ed alla sposa del margravio ancora,
Gotelinde. Elli andâr gioiosi assai
540Perchè i Burgundi avessero a vedere;
E si vedeano intanto i suonatori
Andar con le novelle, ed elli intanto
Di Gran alla cittade Ètzel trovaro.
Offerte di servigi sopra offerte,
545Quali in gran copia fe’ la gente a lui,
Annunziâr dessi al lor signore; ed egli
Allegramente si fe’ rosso in viso
Per molta gioia. Ma quel vero annunzio
Ratto che intese la regina, a quella
550Contrada già doversi incamminare
Li suoi fratelli, all’anima di lei
Cosa grata fu questa. I suonatori
Ella ricompensò con doni assai
Cospicui, e ciò ad onor le ridondava.

     555Ella disse: Ambo voi ditemi intanto,
Wärbel e Swemmelin, quali esser vônno
De’ miei congiunti alla mia festa, quelli
De’ più prossimi a me, quali invitammo
In questa terra. Dite ancor che disse
560Hàgene, allor che intese esta novella.
     A parlamento ei venne, uno rispose,
Di gran mattino e favellò parole
Non buone invero per cotesto. E allora
Che altri il vïaggio acconsentìa per questa
565Terra degli Unni, ciò fu detto quasi
Di morte annunzio ad Hàgene feroce.
Vengono intanto li fratelli vostri
(I tre sovrani tutti), e di gioioso
Core ei vengono a voi. Ma chi con elli
570Sarà, veracemente io non potrei
Significarvi. Promettea con gli altri
Di venirne Volkero, il suonatore
Abil di giga. — Agevolmente assai,
Disse del re la donna, io mi starei
575Senza vedermi qui daccanto mai
Di Volkèr la persona. Io più del core

Ad Hàgene m’inclino. Ei veramente
È buono cavalier. Che noi possiamo
Qui mai vederlo, al cor mi sta d’assai.
     580Laddove il re trovò, ne andava intanto
La regina. E, davver! con quanto amore
Donna Kriemhilde favellò! L’annunzio
Come vi piace, o dolce signor mio?
Ora soltanto ciò che il voler mio
585Disïava, si compie! — Il voler tuo
È il piacer mio, rispose il re. Sì lieto
Io non sarei de’ miei congiunti stessi,
Quando mai qui dovessero alla mia
Terra venir. Spariva ogni mia cura
590Sol per l’affetto verso i tuoi congiunti.
     Fêr cenno allor del sire gli officiali
D’apprestar ne’ palagi e ne le stanze
Le sedie, ovunque, per gli ospiti cari
Già prossimi a venir. D’allora in poi
595Molta parte di gioia al re fu tolta.


  1. Etzel.
  2. Knappe (ted. mod. Knabe) il giovane che non è ancora cavaliere, ma vi aspira.
  3. Temeva di dover udire qualche trista novella.
  4. Gernot e Giselhero.
  5. In senso di nessun fastidio.
  6. Perche dobbiate sempre fare come egli vuole.
  7. Etzel.
  8. Etzel li aveva forniti di ogni cosa.

Note

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