< I Salmi di David (Diodati)
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SALMO XXXV.
SALMO XXXIV SALMO XXXVI

SALMO XXXV.

1          Signor, per me contendi
     Contra que’ che mi fan aspra contesa.
     Di guerregiar imprendi
     Color c’han contra me la pugna presa.
     Con targa e scudo vieni fuori in campo,
     Per mio soccorso e scampo.
     Scoti la lancia e’ mie’ nemici affronta,
     E serra loro il passo.
     E dimmi; I’ son la tua salvezza pronta:
     E me consola travagliato e lasso.
2          Chi cerca darmi morte
     Sia pur confuso, e messo in fuga e volta.
     Vergogna sol riporte
     Chi la mente have a danneggiarmi volta.
     Sie, qual polve o fuscel, scherzo del vento.
     In ruina e tormento
     L’Angelo del Signor lo spinga ratto.
     Per foschi e sdrucciolosi
     Calli vada a la china, e fie disfatto,
     N’accertar possa dove ’l piè si posi.
3          Senza cagion n’offesa,
     Perch’essi m’hanno insidiosa rete
     In sul mio passo tesa:
     E a torto mi cavar fosse segrete.
     Addosso a lor improvisa ruina
     Trabocchi repentina.
     E gli colga ed annodi il laccio stesso,
     Che nascoso m’avieno:
     Onde resti ciascun di lor oppresso,
     Da forte crollo scosso nel terreno.
4          Allor, in sacra festa,
     L’anima mia, nel Signor giubilando,

     Solleverà la testa,
     Per la salute sua, ch’andrà vantando.
     E l’ossa mie, già tutte secche e trite,
     Diran rinvigorite:
     Chi ti può pareggiar, alto Signore,
     Che l’afflitto ritogli
     Al più forte di lui crudo oppressore,
     Nè vuoi ch’a suo piacer sempre lo spogli?
5          Mendaci testimoni
     Son surti, ciò che non debbo chiedendo:
     E, per uffizi buoni,
     Altro che mal, ingrati, non rendendo.
     Tende ogni lor pensier, ogni desire,
     Sol’a farmi morire:
     Avvegnachè, qualor infermi furo,
     Vestito andassi a bruno,
     E a capo chino; ed in cordoglio duro,
     Per lor spandessi prieghi con digiuno.
6          In vesti sozze ed adre,
     Qual chi ’l fratello o ’l fido amico piange;
     O ’l lutto di pia madre
     Di poco estinta, il cor gli afflige ed ange,
     Grevi passi per lor moveva attorno.
     Essi, a l’incontro, scorno
     A me cadente fer, raccolti a schiere:
     E, digrignando i denti,
     Di nascoso mi der sannate fiere,
     Con giucolari, in motteggiar mordenti.
7          Veggendo l’opre loro,
     Infin a quando, o Dio, cheto rimani?
     A l’alma mia ristoro
     Concedi omai da’ lor strazi inumani.
     Salva l’unica mia da’ denti felli
     De’ crudi leoncelli.
     Ed io ti vanterò con chiari modi,
     Ne la grande adunanza

     De’ tuo’ fedeli, ove abitar ti godi
     E v’è solenne di lodarti usanza.
8          Non far contenti e lieti
     Di me color ch’a torto in odio m’hanno:
     Nè con moti faceti
     Lascia innasprir l’ingiuria che mi fanno.
     Però che schivan ragionar di pace:
     E ’l lor pensier fallace
     Contra l’alme quiete ognora trama
     Perfidie e ’nganni nuovi.
     Ora fie sboccan; che l’accesa brama
     Del nostro core rimirar ne giovi.
9          Ciò t’è palese e noto,
     Caro Signor, or tua mercè non reste,
     Nè star da me remoto.
     Per ragion farmi omai le luci deste
     Ver me dischiudi, o Signor, e Dio mio:
     N’affondar in oblio
     Mia purità, ch’a ponderar rimetto
     A la tua lance uguale.
     Nè lasciar che di me giuoco e diletto
     Prenda ’l nimico, che m’infesta e assale.
10          Nè che s’alletti o sprone
     A darmi, acceso di speranze vane,
     Nuova crudel tenzone.
     E non dica: L’abbiam pur, come pane,
     A pezzi divorato ed inghiottito.
     Confuso sie e smarrito,
     Qualunque del mio mal gode o festeggia.
     Sie di vergogna avvolto
     Chi, trionfando sopra me, vaneggia:
     E ’nfamia e disonor gli adombri il volto.
11          Ma sciolti in gioia chiara
     Sien color, che la mia giusta equitade
     Pregian ed hanno cara,
     E congiunti mi son d’alma amistade.

     E vadan predicando a tutte l’ore,
     Esaltate il Signore,
     Che del suo servidor umile e fido
     Gradisce la quiete.
     Io, del tuo giusto oprar gli onori e ’l grido,
     Senza fin canterò con note liete.

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