< I colloqui < III. Il reduce
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Torino
III. Il reduce - L'onesto rifiuto III. Il reduce - In casa del sopravissuto

TORINO.


i.


Quante volte tra i fiori, in terre gaie,
sul mare, tra il cordame dei velieri,
3sognavo le tue nevi, i tigli neri,
le dritte vie corrusche di rotaie,
l'arguta grazia delle tue crestaie,
6o città favorevole ai piaceri!

E quante volte già, nelle mie notti
d’esilio, resupino a cielo aperto,
9sognavo sere torinesi, certo
ambiente caro a me, certi salotti
beoti assai, pettegoli, bigotti
12come ai tempi del buon Re Carlo Alberto....

«.... se’l Cônt ai ciapa ai rangia për le rime....»
«Ch’a staga ciutô....» - «’L caso a l’è stupendô!...»
15«E la Duse ci piace?» - «Oh! Mi m’antendô
pà vaire.... I negô pà, sarà sublime,
ma mi a teatrô i vad për divertime....»
18«Ch’a staga ciutô!... A jntra ’l Reverendô!...»

S’avanza un Barnabita, lentamente....
stringe la mano alla Contessa amica,
21siede col gesto di chi benedica....
Ed il poeta, tacito ed assente,
si gode quell’accolita di gente
24ch’à la tristezza d’una stampa antica....

Non soffre. Ama quel mondo senza raggio
di bellezza, ove cosa di trastullo
27è l’Arte. Ama quei modi e quel linguaggio
e quell’ambiente sconsolato e brullo.
Non soffre. Pensa Giacomo fanciullo
30e la «siepe» e il «natìo borgo selvaggio


ii.


Come una stampa antica bavarese
vedo al tramonto il cielo subalpino....
3Da Palazzo Madama al Valentino
ardono l’Alpi tra le nubi accese....
È questa l’ora antica torinese,
6è questa l’ora vera di Torino....

L’ora ch’io dissi del Risorgimento,
l’ora in cui penso a Massimo d’Azeglio
9adolescente, a I miei ricordi e sento
d’essere nato troppo tardi.... Meglio
vivere al tempo sacro del risveglio,
12che al tempo nostro mite e sonnolento!


iii.


Un po’ vecchiotta, provinciale, fresca
tuttavia d’un tal garbo parigino,
3in te ritrovo me stesso bambino,
ritrovo la mia grazia fanciullesca
e mi sei cara come la fantesca
6che m’ha veduto nascere, o Torino!

Tu m’hai veduto nascere, indulgesti
ai sogni del fanciullo trasognato:
9tutto me stesso, tutto il mio passato
i miei ricordi più teneri e mesti
dormono in te, sepolti come vesti
12sepolte in un armadio canforato.

L’infanzia remotissima.... la scuola....
la pubertà.... la giovinezza accesa....
15i pochi amori pallidi.... l’attesa
delusa.... il tedio che non ha parola....
la Morte e la mia Musa con sè sola,
18sdegnosa, taciturna ed incompresa.


iv.


Ch’io perseguendo mie chimere vane
pur t’abbandoni e cerchi altro soggiorno,
3ch’io pellegrini verso il Mezzogiorno
a belle terre tepide lontane,
la metà di me stesso in te rimane
6e mi ritrovo ad ogni mio ritorno.

A te ritorno quando si rabbuia
il cuor deluso da mondani fasti.
9Tu mi consoli, tu che mi foggiasti
quest’anima borghese e chiara e buia
dove ride e singhiozza il tuo Gianduia
12che teme gli orizzonti troppo vasti....

Eviva i bôgianen.... Sì, dici bene,
o mio savio Gianduia ridarello!
15Buona è la vita senza foga, bello
goder di cose piccole e serene....

A l’è questiôn d’ nen piessla.... Dici bene
18o mio savio Gianduia ridarello!...


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