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A SUA ECCELLENZA
IL SIGNOR CONTE DE' BASCHI
CAVALIERE DELL'INSIGNE ORDINE
DELLO SPIRITO SANTO, O DEL CORDON BLEU.
del consiglio di guerra di sua maestà cristianissima,
e suo ambasciatore presso la sereniss. repubblica
di venezia ecc.
Fra i benefizi, ch’io ho conseguito dalla Fortuna, reputo per me il maggiore l’onor concessomi della protezione di Loro, e la tolleranza che hanno di me benignamente, ammettendomi spesso al sommo bene della loro amabilissima conversazione, da cui non si può che apprendere massime di prudenza, ed insegnamenti di retto vivere. Fra le infinite cognizioni, cui V. E. possiede, avvi quella della Poesia Teatrale. Ella conosce perfettamente il Teatro, e non solo il Francese, ma l’Italiano ancora. Non è picciola la differenza che corre in tal proposito fra il genio e il sistema delle due Nazioni; ed ella, che n’è egualmente in possesso, sa gustare una Commedia in Italia, di cui non sarebbe contenta in Francia. Io sono vicinissimo al gran passaggio. Dopo di aver composte cento e venti Commedie pe’l mio ’Paese, deggio andare a provarmi nella gran Città di Parigi3, nella Città della colta letteratura, degl’ingegni felici, e del purgato Teatro. Confesso il vero, nulla ardisco di compromettermi in avvantaggio di quest’impresa, che sempre più sembrami pericolosa, e quasi direi temeraria. È vero che la Natura da per tutto è la stessa, ma da per tutto non è egualmente modificata. È vero che io ho la sorte di essere in qualche buona opinione in Francia, ma le cose si mirano in lontananza con una vista, e con un’altra si osservano da vicino; quindi e ch’io spero pochissimo, e quanto più si avvicina la mia partenza, si aumenta sempre più il mio timore. Ciò non ostante io vado in Francia col maggior piacere del mondo. Son prevenuto del godimento estremo che mi si appressa in una Città magnifica, in mezzo ad una nazione colta, erudita, gentile, sicuro, se non di essere colà sofferto, di partire almeno istruito.
Bella consolazione è per me l’andarvi dalla di Lei protezione decorato e munito. Ecco il grande interesse, che mi ha condotto a dedicare all’E. V. quest’operetta, e porre il venerabile di Lei nome tra’ miei Fogli stampati. Il credito ch’ella ha in Francia, può avvantaggiare moltissimo la riputazione di un uomo da Lei protetto; e le illustri di Lei Parentele, e le amicizie sue decorose ponno molto contribuire al mio desiderato compatimento. Non dirò già, come dir sogliono alcuni, che il nome del Mecenate vaglia a difender le opere dalle critiche, e sia bastante per farle stimabili e rispettate; so che il Pubblico vuol giudicarne liberamente, e non crede di far verun torto al merito del Protettore, trattando come più gli piace l’Autore. Mi lusingo bensì ragionevolmente, che veggendo i Francesi le opere mie dall’E. V. aggradite, diranno: Costui, che non è niente in Francia, sarà qualche cosa in Italia. Chi sa che ciò non mi giovi per essere anche colà in miglior opinione? Una sì onorevole scorta mi fa essere un poco più coraggioso. Molte cose ch’io non sapeva, ho imparate dalle salutevoli benigne istruzioni di V. E., e s’io avessi talento bastante per porre le di Lei insinuazioni a profitto, tanto è grande la benignità ch’Ella ha usato meco, ch’io partirei di buoni lumi e di utilissime cognizioni arricchito. Ma tardi è per me arrivata sì buona sorte. Ho consumata l’età migliore tra le fatiche. Torno scolare allor ch’io dovrei aver finito di scrìvere. Lo studio e la fatica non mi rincresce; vorrei saper profittare, e crederei bene sparsi i sudori, e ben vegliate le notti. Ma ora mi accorgo quanto soverchiamente ho abusato della di Lei tolleranza, formando un sì lungo foglio niente per altro che per presentarle una mia Commedia. Veda V. E. da ciò, quant’io vo lungi dallo stil de’ Francesi. Non s’usano fra di loro queste sì lunghe dedicatorie. Hanno il dono di restringere il molto in poco; e sono migliori economi del tempo, e più discreti colle persone. Vorrei pure difendermi. Vorrei dir le ragioni, perchè mi sono lasciato trasportare dall’animo a dir quanto ho detto, ma tutto ciò si può dalla lettera stessa conoscere e rilevare; sarebbe un maggior difetto il ripeterlo, e chiuderò il presente umilissimo foglio, protestandomi ossequiosamente di Vostra Eccellenza
Umiliss. Devotiss. e Obbligatiss. Serv. |
- ↑ La presente lettera di dedica fu stampata in testa alla commedia nella primavera del 1762, nel t. III dell’ed. Pasquali di Venezia.
- ↑ Alludesi al terremoto che distrusse Lisbona il primo giorno di novembre del 1755.
- ↑ Il Goldoni allude alla sua prossima partenza da Venezia per la Francia, che avvenne il giorno 15 aprile 1762.