< I solitari dell'Oceano
Questo testo è completo.
34. Spedizione notturna
33. Un bandito in pericolo 35. Un duello a colpi di scure

CAPITOLO XXXIV.

Spedizione notturna.

Essendo appena mezzodì, prima di mettersi in marcia fecero colazione colla torpedine e con alcune scatole di carne conservata, poi, dopo d’aver architettato il loro piano, partirono girando attorno alla baia, tenendosi però sempre sotto i boschi.

Non vi era da temere incontri cattivi, sapendo Dik dove si trovavano i villaggi degli isolani, già da lungo tempo ricostruiti sulle coste orientali per sfuggire alla rapacità dei pirati, i quali ormai potevano considerarsi come i veri proprietari di Mera.

Nondimeno la marcia fu molto faticosa, essendo quelle foreste molto fitte ed il terreno assai ineguale ed interrotto di frequente da corsi d’acqua.

Impiegarono tutto il pomeriggio prima di poter raggiungere la punta più settentrionale, dalla quale potevansi scorgere le scogliere che servivano di rifugio agli Avoltoi dello Stretto di Torres.

Al di là di quella punta, la costa descriveva un ampio semicerchio rientrante, cosparso d’una moltitudine di bassifondi o di rocce d’origine corallifera, con pochissimi canali navigabili e che solamente i pirati conoscevano.

Una nave che avesse voluto inoltrarsi per assalirli, si sarebbe trovata dinanzi a tali difficoltà, da dover rinunciare all’impresa per non correre il pericolo di sfasciarsi contro quelle migliaia di punte e d’infrangersi.

— È in questa baia che si trova il rifugio dei vostri compagni? — chiese Ioe aggrottando la fronte. — Per Bacco! Non potevano trovare un posto migliore.

— Guardate laggiù, — rispose Dik, tendendo un braccio. — Non vedete quella doppia fila di scogliere altissime fra le quali emerge un albero?

— Sì, — rispose il marinaio.

— È là che si celano, entro una immensa caverna marina che ha più uscite sia verso il mare che verso la costa.

— E quell’albero? — chiese Ioao.

— È quello maestro della goletta, — rispose il pirata.

— Come potremo raggiungere il rifugio?

— A nuoto, signore.

— Non tengono scialuppe sulla costa?

— Talvolta sì.

— E le entrate sono sempre guardate?

— Di rado, non avendo i pirati nulla da temere da parte dei selvaggi, già ormai mezzi distrutti.

— Sicchè voi sperate di poterci condurre fino alla caverna inosservati.

— Sì, signor de Ferreira. Io conosco una galleria sottomarina che a bassa marea rimane quasi asciutta e che comunica con una delle caverne laterali. L’ho scoperta un giorno per caso e forse i pirati la ignorano.

— Ecco una bella occasione per prendere d’assalto la piazza, — disse Ioe.

— Noi soli! — esclamò Ioao.

— Se si presenta l’occasione lo tenteremo.

— Lasciamo fare questo al signor Wan Praat, — disse Sao-King. — Egli ha uomini in quantità e cannoni.

— Signori, — disse Dik. — Saremo costretti ad attendere la notte e la bassa marea, quindi proporrei di fermarci qui per ora.

Dei pirati possono essere sbarcati per provvedersi di frutta o di viveri freschi e un incontro con costoro guasterebbe il nostro piano.

— E comprometterebbe anche la vita del signor de Ferreira e le nostre, — aggiunse Sao-King.

— Allora ceniamo, — concluse Ioe.

Essendovi su quel promontorio molti alberi da cocco, ne saccheggiarono uno, procurandosi una dozzina di quelle deliziose noci, quindi aprirono alcune scatole di conserve, mettendosi a mangiare con un appetito invidiabile.

Terminata la cena, il marinaio e Sao-King accesero le loro pipe e si sdraiarono mollemente in mezzo ad una macchia di banani, attendendo pazientemente l’ora di rimettersi in marcia.

Da quel luogo dominavano completamente la baia, sicchè non poteva sfuggire nulla ai loro sguardi.

I pirati però non davano alcun indizio della loro vicinanza.

Se non fosse stata la presenza della loro nave, si avrebbe potuto supporre che si fossero allontanati per intraprendere una delle loro solite scorrerie.

— Saranno in baldoria, — aveva detto Dik a Ioao. — Ciò accade sovente essendo tutti ubriaconi.

Verso le undici della sera, i quattro uomini lasciavano silenziosamente il loro accampamento, seguendo la costa.

La marea da qualche ora aveva cominciato a ritirarsi, lasciando allo scoperto un certo numero di banchi e le punte d’alcuni scoglietti.

— Giungeremo in buon punto, — disse Dik, il quale aveva osservata attentamente la spiaggia. — La galleria sarà libera.

Essendo la costa molto sinuosa e non volendo lasciare la foresta fra le cui piante potevano trovare un nascondiglio sicuro, impiegarono più di due ore prima di giungere di fronte alle scogliere che servivano di rifugio agli Avvoltoi dello Stretto.

Un braccio di mare li divideva, ma era ben poca cosa per nuotatori della loro forza.

Prima però di decidersi, perlustrarono la spiaggia per un lungo tratto, onde accertarsi che non vi era alcuna sentinella.

— Si credono sicuri, — disse Dik, — e non hanno alcun sospetto. Legatevi le carabine e le munizioni sulla testa per non bagnarle e seguitemi.

— Prima una parola ancora, mastro Dik, — disse Ioe. — Voi nuoterete e camminerete sempre dinanzi a me, premendomi di sorvegliarvi.

— Diffidate ancora?

— Diamine! Non ci avete ancora data nessuna prova della vostra devozione.

— Non vi ho condotto qui?

— Questo è vero.

— E non vi conduco nella galleria?

— Anche questo è vero, tuttavia ci rimane un po’ di diffidenza. Non si sa mai quale effetto può produrre in voi ritrovarvi nel vostro antico rifugio.

— Un tradimento? Mai! — disse il pirata con tono solenne. — Venite!

Si legarono le carabine sul capo, unendovi le munizioni, nascosero i viveri nelle cavità d’una roccia, poi entrarono nell’acqua.

Dik apriva la marcia, poi venivano Ioe ed il giovane peruviano e ultimo Sao-King.

L’oscurità era diventata profonda essendovi ancora dei vapori in alto, quindi potevano avere molta probabilità di giungere alla scogliera inosservati.

Erano però tutti un po’ scossi. Quantunque risoluti a condurre a fondo la pericolosa impresa, una viva ansietà si era impadronita di loro.

La morte poteva attenderli sulla scogliera o nella galleria sottomarina. E poi non avevano ancora una completa fiducia nel loro alleato, il quale avrebbe potuto con un grido attirare l’attenzione dei pirati e perderli.

Nondimeno Dik non manifestava, almeno pel momento, nessuna cattiva intenzione, anzi li consigliava di quando in quando di tuffarsi per non correre il pericolo di venire scoperti e quando qualcuno rimaneva un po’ indietro, si arrestava e muoveva incontro a lui per aiutarlo.

Verso le due di notte i nuotatori giungevano presso la prima scogliera, formata da rupi enormi che parevano più di natura granitica che corallifera, data la loro straordinaria elevazione.

Dik si era arrestato sotto l’orlo d’una roccia che cadeva in mare quasi a piombo, mettendosi in ascolto.

Delle grida che parevano uscissero dal fondo del mare, giungevano ad intervalli ai suoi orecchi mescolate a dei lontani suoni.

— Udite? — chiese a Joe che lo aveva raggiunto.

— Sì, — rispose questo.

— Gli Avvoltoi sono in baldoria.

— Si direbbe che sono assai lontani.

— Sono invece più vicini di quello che credete.

— Dov’è, la galleria?

— Avete trovato fondo?

— Sì, i miei piedi posano su un banco sabbioso.

— La galleria deve trovarsi alla mia destra. Andiamo; prima che la marea ritorni dobbiamo trovarci fuori o dovremo rimanere prigionieri per cinque o sei ore.

Dik guardò la parete per qualche istante, poi piegò risolutamente a destra camminando sul banco di sabbia.

Percorsi cinquanta o sessanta, metri s’arrestò dinanzi ad una fenditura larga tre piedi e alta parecchi, dalla quale usciva con un cupo brontolìo un getto d’acqua.

— È qui, — disse.

— La galleria? — chiese Ioao.

— Sì, signor de Ferreira. Accostatevi ed ascoltate. —

Il giovane peruviano si spinse verso quel buco nero e udì in lontananza dei canti e dei suoni più distinti di quelli che aveva uditi prima.

— Pare che i vostri compagni si divertano, — disse Sao-King.

— E probabilmente saranno tutti ubriachi, — rispose Dik. — Meglio per noi; la sorveglianza sarà interamente trascurata.

— È molto lunga questa galleria? — chiese Ioao.

— Cinque o seicento metri e assai accidentata.

— Non facciamoci sorprendere dal ritorno dell’alta marea.

— Abbiamo tre ore di tempo, — rispose Dik, — e fors’anche di più.

— Non si potrebbe accendere qualche pezzo di corda incatramata? — chiese Joe.

— Questa galleria sottomarina mi sembra il buco che conduce all’inferno.

— Sarebbe un’imprudenza, — disse il pirata. — Però non abbiate alcun timore; conosco perfettamente questo passaggio, tenetevi attaccato alla mia giacca ed io vi condurrò nella caverna.

— Sono cariche le vostre armi? — chiese il marinaio.

— Sì, — risposero Ioao e Sao-King.

— Andiamo. —

S’aggrappò alla giacca del pirata anche per impedirgli di approfittare di quella profonda oscurità per fuggire ed entrò nella spaccatura, seguìto da Ioao e quindi dal chinese.

L’acqua colava sempre attraverso il passaggio pel continuo ritirarsi della marea, però era ancora alta un buon mezzo metro, sicchè i quattro uomini ne avevano fino alle ginocchia.

Dik s’avanzava con prudenza tenendo una mano appoggiata alla parete sinistra e tastava il suolo il quale era tutt’altro che liscio ed ingombro di sabbia.

Di quando in quando si arrestavano per ascoltare o per vincere la forza della corrente che diventava sempre più impetuosa, poi riprendeva la marcia a tentoni essendo là dentro l’oscurità così fitta da non poter distinguere assolutamente nulla.

Allorquando incontrava qualche ostacolo, s’affrettava a darne l’avviso.

— Attenti! Vi è un crepaccio! Abbassate la testa! Piegate a sinistra! Tenetevi stretti. —

Il passaggio accennava a restringersi. Ad ogni momento i quattro audaci dovevano curvarsi per non rompersi il cranio contro la vôlta, che era tutt’altro che liscia o si ammaccavano le costole per passare certe strettoie, formate da rocce taglienti che strappavano o laceravano le vesti.

Soprattutto Ioe più alto e più grosso di tutti, si trovava sovente imbarazzato.

Nondimeno il bravo marinaio riusciva sempre a trarsi d’impiccio e senza mai abbandonare la giacca del bandito, non avendo ancora una completa fiducia in lui.

Dopo un quarto d’ora giunsero in un luogo dove le pareti si allargavano bruscamente. L’acqua aveva cessato di scorrere e calpestavano una sabbia quasi asciutta.

— Dove siamo? — chiese Joe.

— In una caverna, — rispose Dik.

— In quella dei pirati?

— No: è ancora lontana.

— Eppure i canti dei vostri compagni mi sembrano vicini.

— Dobbiamo passare un’altra galleria.

— Lunga molto?

— Qualche centinaio di metri.

— Avanti, — disse Ioao, con voce soffocata.

— Tenetevi tutti attaccati l’un l’altro. —

Piegò a destra finchè trovò la parete e si mise a seguirla adagio, adagio, tastando sempre il suolo che aveva delle buche e delle spaccature ricolme d’acqua e dopo pochi minuti giungeva dinanzi ad uno spazio vuoto da dove veniva una forte corrente d’aria impregnata d’un acuto odore di tabacco e d’alcool.

— Siamo sulla buona via, — disse.

— Ma cos’è questo fragore? — chiese Joe.

— È una corrente d’acqua che taglia la seconda galleria.

— Acqua marina?

— Lo credo.

— Ha qualche altra comunicazione col mare questo passaggio?

— Lo suppongo.

— Ah! Se si potesse esplorarlo?

— Per che cosa farne?

— Per prendere in trappola i vostri cari compagni.

— Non abbiamo tempo di farlo, — disse Dik. — Pensate che la marea può sorprenderci in questo passaggio e affogarci come topi.

Venite. —

Il bandito si era inoltrato nella seconda galleria. Il fragore che produceva la corrente era così forte che non si udivano più le grida stonate degli Avvoltoi dello Stretto.

Era un rombo assordante che faceva una viva impressione sull’anima di tutti, quantunque ormai sapessero da che cosa proveniva.

Dopo venti o trenta metri, Dik avvertì i compagni che erano giunti sulla riva del torrente.

— Avremo l’acqua fino alla cintura, — disse. — Tenetevi stretti o verremo travolti.

— È largo? — chiese Joe.

— Solamente due o tre metri. —

Scesero la riva e si cacciarono animosamente in acqua; ma fatto qualche passo, Dik retrocesse vivamente mandando un grido di dolore.

— Per l’inferno! — esclamò, guadagnando lestamente la riva.

— Silenzio, — disse Joe. — Volete tradirci?

— Ho le gambe che sanguinano, — rispose Dik.

— Avete urtato contro qualche punta?

— No: le murene mi hanno morso crudelmente le gambe!

— Mille cannoni! — esclamò Joe. — Le murene qui!

— Ne ho sentita una grossissima scivolarmi fra le mani.

— Non ci mangeranno già in quattro bocconi.

— Provatele!

— Le murene di questi mari sono terribili, — disse Sao-King.

— Da dove viene quest’acqua adunque? — chiese Joe.

— Da qualche caverna sottomarina di certo, — rispose Dik.

— Eppure non possiamo rimanere qui, — disse Ioao. — La marea può sorprenderci.

— Ecco un ostacolo che non prevedevo, — brontolò Joe.

— Passiamo egualmente, — disse Sao-King. — Retrocedere è impossibile; io non lo farò mai.

— Sì, passiamo, — disse Ioao. — Coltelli in mano e avanti.

— A me il primo, — disse il marinaio.

Saltò in acqua menando coltellate a destra ed a manca. Una di quelle feroci anguille si attaccò alle sue gambe mordendogli un polpaccio, ma abbandonò subito la preda.

Il marinaio con un colpo l’aveva decapitata.

Un’altra invece morse crudelmente Sao-King ad una coscia senza che il bravo chinese mandasse un grido, quantunque si fosse sentito strappare un pezzo di carne.

Il torrente però era stato superato ed i quattro uomini s’erano trovati riuniti sulla riva opposta.

— Qui, mastro Dik, — disse Joe. — Lasciate che mi aggrappi a voi perchè io non ci vedo affatto.

— Non fuggo, — rispose il bandito. — Ancora pochi passi e giungeremo nel covo degli Avvoltoi.

La galleria saliva allora rapidamente e all’estremità si vedeva un vago chiarore che pareva prodotto di riflessi d’un falò.

Ioao, il marinaio e Sao-King avevano armate le carabine. I loro cuori battevano fortemente e si sentivano invadere da vaghe inquietudini.

Solo in quel momento avevano una visione netta del grave pericolo che li minacciava. Un’imprudenza od un grido di Dik poteva provocare un terribile attacco da parte dei banditi i quali non avrebbero certamente accordato quartiere a quegli audaci che avevano scoperto il rifugio.

— Dik, — disse Joe. — Badate a quello che fate! Tengo la canna della mia carabina all’altezza della vostra testa.

— Se vi tradisco fate fuoco, — rispose il bandito, con voce tranquilla.

— Ci siamo?

— Sì. —

Erano giunti all’estremità della galleria e dinanzi a loro s’apriva un foro circolare.

Lo attraversarono e si trovarono in una spaziosa caverna ingombra di attrezzi di navi, di barili, di sacchi e di armi d’ogni specie appese alle pareti.

Da una larga fenditura proveniva una luce vivissima la quale si rifrangeva sulle pareti dell’antro che scintillavano come se fossero cosparse di miriadi di punte cristalline.

Da quello squarcio venivano urla, bestemmie, canti, suoni ed un tintinnìo incessante di bicchieri.

— I banditi sono là, — disse Dik, staccando dalla parete un fucile.

Joe, spinto da una irresistibile curiosità stava per avvicinarsi alla fessura quando inciampò in un corpo umano che stava disteso al suolo.

— Stupido! — disse una voce che fece trasalire Ioao. — Volete schiacciarmi? —

L’uomo che Joe aveva urtato, si era levato facendo tintinnare gli anelli d’una catena.

Joe pronto aveva alzato il fucile tenendolo impugnato per la canna, pronto ad accopparlo con una mazzata, mentre Sao-King aveva estratto rapidamente il coltello e l’aveva puntato sul petto del bandito, dicendogli:

— Se parli sei morto! —

Un’esclamazione strozzata era uscita dalle labbra di quell’uomo.

— Qual voce!... Sogno io!... —

Ioao, pallido, tremante, si era precipitato sul supposto bandito articolando con uno sforzo supremo:

— Cy...rillo!...

— Mille fulmini! — mormorò il marinaio. — Ed io stavo per fracassargli il cranio! —

Cyrillo, poichè era ben lui, con una rapida mossa si era stretto al petto il bravo giovane.

— Tu!... Ioao!... Gran Dio!... Ma no... è impossibile! —

Rideva e singhiozzava ad un tempo. Fortunatamente i canti e le urla dei banditi facevano rintronare la caverna.

— Tu!... Ioao!... È proprio vero che non sogno? — ripeteva il commissario tenendosi sempre stretto il fratello.

— Sì, sono io, mio povero Cyrillo, — disse il giovane.

— Ti avevo pianto credendoti morto mentre invece sei venuto a salvarmi.

— Ed il signor Vargas? — chiese Sao-King.

— Come! Anche tu Sao-King! — esclamò Cyrillo. — Lascia che t’abbracci.

— Signori, — disse Dik, — non fermiamoci troppo qui. I banditi possono sorprenderci.

— E non dimentichiamo che a quest’ora la marea è forse cominciata a montare, — aggiunse Joe.

— Dimmi dove si trova Vargas, fratello? — disse Ioao.

— Non è qui, — rispose Cyrillo.

— No! — esclamarono ad un tempo Ioao, Sao-King e Joe con dolorosa sorpresa.

— Egli si trova a bordo della goletta.

— Mille milioni di fulmini! — esclamò Joe, dandosi un poderoso pugno sul cranio.

— Sei certo fratello? — chiese Ioao.

— Sì, l’ho veduto ieri.

— E non potremo salvarlo?

— Vi sono almeno venti banditi a guardia della nave.

— Signori, — disse Dik. — La nostra missione per ora è finita. In ritirata!

— E Vargas? Non lo strapperemo noi a questi pirati? — chiese Ioao. — Lasceremo incompiuta la nostra impresa?

— Accontentiamoci pel momento di quanto abbiamo fatto, — disse Joe. — Più tardi vedremo che cosa si potrà fare per togliere ai banditi anche il signor Vargas. Presto andiamocene.

— Ma sono incatenato, — disse Cyrillo. — Io non posso camminare.

— Vi porterò io, — rispose Joe. — Dik prendete una scure che ci servirà per tagliare gli anelli. —

Joe stava per sollevare Cyrillo il quale aveva le gambe incatenate quando un tumulto spaventevole scoppiò nella caverna vicina.

Si udivano bottiglie e bicchieri ad infrangersi, bestemmie, urla di furore e tavole e sedie andare all’aria.

— Ladro! — gridavano parecchie voci.

— Fuggiamo! — disse Sao-King, udendo le voci avvicinarsi.

— Essi vengono! — esclamò Dik, il quale si era accostato alla galleria che comunicava colla caverna occupata dai banditi. — Presto, nascondiamoci. —

Mancava loro il tempo di rifugiarsi nel passaggio che li aveva condotti fino là.

Le urla s’avvicinavano rapidamente pareva che i banditi inseguissero qualcuno.

— Là, in mezzo alle botti, — disse Dik spingendo Ioao, il marinaio e Sao-King.

— E mio fratello? — chiese Ioao.

— Lasciamolo qui per ora; lo salveremo poi.

— Sì, fuggite, — disse Cyrillo trascinandosi verso la parete e sdraiandosi su una vela.

Joe, Sao-King ed i loro compagni balzarono in mezzo alle botti ed alle casse e si nascosero fra un ammasso di cordami, di pennoni, di vele e di balle di mercanzia.

Si erano appena accovacciati che un bandito si precipitava nella caverna tenendo in pugno un coltellaccio.

Era un uomo alto e grosso come Joe, con un torso da bisonte, ed una lunga barba incolta che gli dava un aspetto feroce.

— Venite canaglie! — urlava. — A me ladro? Vi uccido tutti! —

Altri dieci o dodici pirati pure armati di coltelli si erano scagliati nella caverna, bestemmiando e minacciando.

Uno di loro aveva portata una torcia.

— Ladro! — urlarono i banditi facendosi innanzi.

— Chi s’avanza è uomo morto! — tuonò il gigante, staccando dalla parete un’azza e facendola volteggiare in aria. — Vediamo chi sarà capace d’affrontare Mac-Blint!

— Sarò io, — disse un pirata che indossava una giacca gallonata, impugnando una carabina e armandola precipitosamente. — Voglio provare sulla tua pelle da elefante questa palla.

— E ci siamo anche noi, — risposero gli altri, tentando di circondarlo.

Il gigante con un salto di tigre si gettò contro l’uomo che teneva la torcia e lo rovesciò con un colpo d’azza, poi approfittando della semi-scurità scomparve nella galleria sottomarina.

I banditi furibondi si erano precipitati dietro al fuggiasco, mentre altri accorrevano dalla caverna portando altre torce, preceduti da un uomo che portava sul capo un berretto di capitano di marina.

— Non l’avete ancora ucciso quel furfante? — chiese questi con voce aspra.

— È fuggito, capitano, — rispose un bandito.

— Siete stupidi!... Dieci contro uno e lo lasciate andare!

— Stanno inseguendolo.

— Che l’inferno v’inghiotta tutti! Spegnete le torce e andate a dormire: domani partiamo.

— E gli altri? — chiese una voce.

— Sono nella galleria.

— Quando si saranno rotta la testa torneranno, — rispose il capo. — Finitela, avete bevuto e altercato abbastanza. —

Stavano per ritornare nella prima caverna quando si videro sbucare gli uomini che avevano inseguito il gigante.

Imprecavano e si bisticciavano.

— L’avete ucciso? — chiese il capo.

— È caduto nel torrente con una palla in corpo, — rispose uno degli inseguitori.

— Un ladro di meno, — disse il capo. — Sgombrate e lasciate dormire il prigioniero. —

Fu obbedito. Portarono via l’uomo ucciso dal gigante e si ritirarono nella prima caverna dove però sostarono ancora rimettendosi a bere ed a giuocare.

— Era ora che se ne andassero, — disse Joe. — Cominciavo a perdere la pazienza e non so chi mi abbia trattenuto dal mostrarmi.

Sentivo che le mani cominciavano a bruciarmi.

— Sarebbe stata una imprudenza imperdonabile, — disse Sao-King.

— Allora andiamocene.

— Che sia proprio morto quel bandito che hanno inseguito? – chiese Ioao.

— Se lo troveremo, peggio per lui, — rispose Joe. — È grosso e alto come me, ma non mi fa paura.

Andiamo che la marea monta. —



Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.