< Iginia d'Asti
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Atto terzo
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ATTO TERZO.


Camera d'Iginia.


SCENA I.

IGINIA.


Chi viene? — Oh me delusa! Oh lunghe, atroci
Ore! Oh incertezza! Mute son le sale.
Roberta! Fidi servi! Ah, in carcer tutti!
E d’ogni parte io qui rinchiusa! — Oh Giulio,
Di te almen sapess’io. Chi sa in qual negra
Prigion ti strascinaro? — E non vantavi
Nella città possenti amici? Ah, l’arme
Ciascuno afferri e a liberarti accorra!
Guelfa io pur mi son fatta: astretta io sono,
Astretta, o padre, a desiarti vinto
(Purchè i tuoi giorni mi si serbin), vinto!
Ma che spero? A che illudersi? Più scampo
Giulio non ha,... più forse ei non respira!
O in quest’istante — barbari, fermate;
In me quei ferri!


SCENA II.


IGINIA è talmente fuori di sè, che non ode l' arrivo del padre. EVRARDO entra sdegnato, ma vedendola in tanta desolazione si commove alquanto.

Evrardo.                                    Siagurata! In pianto
Si strugge. — A trar dalle suo labbra il vero
L’ira freniam.1
Iginia.                          Chi veggio?2 Deh, ch’io sappia....
Forza non ho....

Evrardo.                                   Che dir volevi?
Iginia.                                                       Oh angoscia!
Chieder....
Evrardo.Se al genitor tu di compiuta
Rovina eri cagion? Se di tue colpe
Vittima, dal suo seggio alto ei crollava
Sotto il piè de’ maligni? — Oh, di te strazio
Ben aspro far denno i rimorsi! Al colmo
Quasi di mia grandezza, io già già veggo
Splendermi agli occhi un serto: ad acquistarlo
Un passo ancor.... Chi mi rattien? Qual crudo
Nemico indietro mi ritrae? La figlia,
L’unica figlia mia!
Iginia.                                   Padre....
Evrardo.                                             Colei
Per cui sola a’ canuti anni miei nego
Ogni riposo!
Iginia.                    Per me....
Evrardo.                                   Sì: — ad ogni uomo
Nascose esser dovean, ma tu del padre
Le alte mire, tu scorgerle dovevi!
Ma giacchè sì poc’oltre il guardo tuo
Giunge (e men duol), d’uopo è ch’a te le sveli.
Odi: — costor che nel senato assisi
Pari a’regi s’estimano, al mio carro
Avvince la invisibile catena
Dello scaltro mio senno. A lunghe guerre
Trassi i più forti, e son caduti alfine:
Or non restan che i vili: e infra lor togli
Pochi, non so se inetti più o superbi,
Che sonmi inciampo, e immolar vuolsi — ed ecco
Farsi il consolar brando in mia man scettro.
Vecchio, in atto di scender nel sepolcro,
Ch’è omai per me la gloria? Ah, d’una figlia
Penso al retaggio! — De’ più illustri prenci
Alle figlie adeguata, illustri prenci
La sua destra ambiranno: a lei fia dote
La paterna possanza: i figli suoi

Dritto avran forse ad eminenti troni....
Sì, tal mia speme, tai le ardenti cure
D’un’genitor che troppo t’ama, e a cui
Mercè si ingrata rendi!3
Iginia.                                              Ah signor!... Mai
Pria d’or teneri detti.... alla tua figlia
Tu non volgevi.... mai, dacchè svaniti
Sono i bei giorni in che vivea l’amata
Mia genitrice! — Or a que’ giorni, o padre,
Tu mi richiami: allora pur, se irato
T’avess’io, miste mi scendeano al core
E tue rampogne e tua pietà. Deh, torna
Qual eri allor!... Te della gloria lunge
Dalle cure tenea la genitrice:
Tue domestiche mura ad ogni reggia
Anteponevi: meno spesso il suono
Di festeggianti arpe s’udia: men folto
Corteggio ne cingea: rari i conviti,
Rari gli amici, e pur maggior la gioia!
Nè sull’amata tua fronte appariva
Quella nube ch’or sempre e nuove brame
E nuovi affanni e nuove ire palesa,
Onde affrettata è tua vecchiezza. Ah, il giuro,
Segretamente alcune volte io piango
Per ciò! — Non grave è l’età tua, ma veggo
Far, più che gli anni, al tuo sembiante oltraggio
I voraci pensieri: e dirtel mai
Non osava pria d’or, perocchè tanto
Cangiato era il tuo sguardo, e m’atterria.
Padre, se m’ami, deh, i tuoi cari giorni
Serba alla figlia tua! Gloria, potenza
Che fien per me, se di tua pace a costo
Io le ottenea? Viverti al fianco, e liete
Col mio tenero ossequio a te far l’ore,
E prolungare il viver tuo, ed amata
Esser da te: null'altro io chieggo.
Evrardo.                                                            Affetti

Altri nodrir tu non dovresti, o Iginia;
Pur....
Iginia.T’intendo: ma vincerli, se il padre
Il comanda, saprò. Viva, e più mai
Giulio io non vegga! E se per esso....
Evrardo.                                                            Ardesti?
Sovra il passato error stendasi un velo.
Poichè pentita sei. — Figlia a privato
Cittadino eri un tempo, e molli affetti
All’alma tua men disdiceano: or figlia
A prence omai t’estima: nuovo stato
Nuovi impon sentimenti....4 — E s’anco un trono
Colui t’offrisse.... genero ad Evrardo
Mai non sarà chi il gonfalon paterno
Perfidamente abbandonò, chi alzato
Ha nelle pugne contra Evrardo il ferro....
Iginia.5Ma trattenuto il ferro ha, quando Evrardo,
Sopraffatto dal numero, e tradito
Da fortuna....
Evrardo.                    Che ardisci?
Iginia.                                        Ei rimandava
A me libero il padre!
Evrardo.                                   Empia! Te allegra
Di mia sconfitta la memoria? Evrardo
Parve sconfitto: nol fu mai! Terrore
Mettea cadendo, e cinger di catene
Il ferito leon chi s’attentava?
Iginia.Ahi! di qual’ira avvampi! — Te, fortuna,
Dissi, tradia, te sopraffatto....
Evrardo.                                             All’alma
Tal piaga riaprirmi? Il più abborrito
De’ giorni miei rammemorar? Niun l’osa,
E da una figlia tal baldanza! Or veggio
Qual parte a me serba il tuo cor: gli oltraggi!
Oltraggi al padre tuo? — Padri vi furo
Che ingrata prole si svelser dal petto!

Iginia.Oh feri detti! Ohimè! Signor....
Evrardo.                                                            Mendaci
Proteste io sdegno. Al filïale amore
Loco tenga il timor: mi basta. Il sai,
Tremenda è, incomportabil l’ira mia:
Più d’un possente che scherniala è polve:
A ciò pensa, o fanciulla — e speme iniqua
Non rimarratti d’avvilire il padre.
Or odi il voler mio: l’odi, — e obbedisci.
Iginia.Io tremo.
Evrardo.               Per tua colpa, atra tempesta
Sovra il mio capo s’elevò; l’ho sgombra
Ma non del tutto: or l’opra tua mi giova.
Iginia.Al cenno tuo sommessa, anco i miei giorni
Sacrificar desio, purchè placarti
Io possa: — nè per me grazia ti chiedo:
Per Giulio, per Roberta io sol t’imploro!
Evrardo.Fuggito è il traditor.
Iginia.                                        Fia ver?
Evrardo.                                                  Ricovro
Diergli i Solari: v’accors’io, ma tardi:
Già con funi calato era dai muri
Della città. Perch’io primo il delitto
De’ Solari scopersi, e alle lor torri
Diedi l’assalto, e vinsi, e fra catene
I superbi or si stanno, il sospettoso
Spirto cessò, che contra me in senato
Sorgea per le maligne arti di Giano:
Di ghibellin fedele il glorïoso
Nome mi si ridona, e Giano stesso
Freme e tace. Ma l’armi alla calunnia
Tutte franger vogl’io: vo’ ch’esser padre
Non mi si apponga a rea di stato. Innanzi
Tu al senato venir, con giuramento
Nemica dirti ai guelfi déi: nemica
A fellon, che (te ignara) addotto venne
In queste sale da Roberta. Appieno
Già costei s’accusò: pèra, e non resti

Dell’error suo macchia su noi.
Iginia.                                                        Che intendo?
Evrardo.E udir da te vo’ pria quali empi arcani
Colui narrotti: d’una trama al certo
Le fila ei ti mostrò. — Se l’ira mia
Paventi, se placar sdegnato padre
Desii, sincera parla. Alto servigio
Fa’ ch’io rechi alla patria: io della trama
Palesator maggiori diritti, il vedi,
Sovra il comune ossequio indi n’acquisto:
Liberator della città m’appello....
Liberatore e prence è un titol solo.
Quanto m’importi il parlar tuo, tu ’l senti:
Obbedisci.
Iginia.                     Di Giulio — ah, poiché salvo! —
 Tutto narrare a te poss'io. Ma farmi
Accusatrice io dell’amica? Oh cielo! —
No, nol dicesti. Io con materna cura
Fra sue braccia cresciuta! Io cui, morendo,
Disse la genitrice: «A te una madre
Lascio in Roberta!» — E tu l’udivi: e sacri
T’erano pur della morente i detti!
Ah! per quelle memorie, io ti scongiuro,
Dai ceppi sciogli la infelice, rendi
A me la madre mia. D’alcuna colpa
No, non è rea: Sotto mentite spoglie
Presentavasi il guelfo, e invan cacciarlo
Voleva ella: ad udirlo indi costrette
Fummo, perocchè addotto esser da grave,
Generosa cagione egli dicea:
Nè mentiva ei....
Evrardo.                                    Di tessermi l’elogio
Nè di quella t’imposi io, nè di questo:
D’obbedirmi t’imposi.
.Iginia.6                                             «Appien Roberta,
Dicesti, s’accusò? pèra, dicesti?»
Ahi parola! ritraggila: mai calma

Non avrò fin che al mio sguardo s’affaccia
Lo spettacolo orrendo. Ohimè! Funesto
Forse è ogni indugio. — A’ piedi tuoi mi prostro
Pietà, signor! T’affretta: alta hai possanza
Sovra la patria: e se a regnar tu aspiri,
Con una grazia il regno tuo cominci!
Col salvar l’innocenza! Atroci leggi
La tiranneggian: tu le sciogli!
Evrardo.7                                                       Troppo
Ti tollerai. Propiziarmi credi
Col vieppiù ognor disobbedir?
Iginia.                                                       L’angoscia
Mi trae di mente: deh perdona! Tutto
Ti narrerò: ma della madre poscia
I dì mi salva, o me con essa estingui.
Giulio qui il piede volse a farmi nota
Imminente congiura....
Evrardo.                                        Ah, vero è dunque?.
Colla frode apprestavasi al mio eccidio!
E tu — del mio assassin gl’incliti pregi
Adorando — la man tua promettevi
Alla man, che del mio sangue fumasse!
Iginia.Oh raccapriccio! oh truce odio patorno!
Evrardo.8Il di prefisso da’ ribelli?
Iginia.                                        È questo.
Evrardo.Che?
Iginia.          La vegnente notte.
Evrardo.                                             I nomi loro?
Iginia.Il popol tutto quasi.
Evrardo.                                        Oh cielo! I capi?
Iginia.Niun mi nomò.
Evrardo.                              M’udisti? I capi?
Iginia.                                                            Il giuro,
Niun mi nomò. Solo a pregarmi ei venne
Che fuor di questo albergo a tarda veglia
Questa sera io mi stessi, onde, se il volgo

Qui furibondo avventasi, in periglio
Io non sia. Scudo a te pur farsi ei brama.
Evrardo.A me? — Superbo! Io sua pietà rifiuto.
Ancor domo io non son.... — Ma, oh rabbia! giova
Forse il valor, quando d’insidie è cinto? —
Nè fra i tormenti un detto anco i Solari
Proferian. — Ma che penso?... — Ah, della plebe
Con improvviso beneficio l’aura
Compriamo. — Oldrigo!9


SCENA III.

Uno Scudiero, e detti.


Evrardo.                                              Al popol vanne, e spargi
In ogni parte il voler mio. M’ascolta:
Ier finia ne’ miei campi, e copïosa
Sovr’ogni altr’anno fu la messe: intero
Dono al popol ne fo. Pietà mi desta
Di tanti prodi la miseria: e il novo
Mio consolato vo’ che sia di pace
E d’abbondanza e di letizia il regno.
A’ santi sacerdoti ogni infelice
Rechi il suo nome, e avrà da me sollievo. —
Accorto sei: divolghisi repente
Per le piazze l’annunzio, e....10 Alcune ad arte
Beneficenze a nome mio diffondi.11


SCENA IV.

EVRARDO, e IGINIA.


Evrardo.Vil plebe! Ti conosco: aguzzi il ferro
Contro il possente: ma ti pasca, e il ferro
Di man ti cade, o a sua difesa il vibri .—

No, Iginia, d’uopo di clemenza ancora
Dal tuo amante non ho: credi, ardua cosa
È il vincer chi alla destra ha pari il senno.
Venti guerre e sommosse e tradimenti
Vidi, e a salir sempre mi fur sgabello.
Chi sa?... — Ma il grave arcano ora il senato
Da Evrardo apprenda, e tu mi segui.
Iginia.Io....


SCENA V.

ARNOLDO, e detti.


Arnoldo.12                                                            Ferma!
La figlia tua da’ furibondi salva.
Evrardo.Come?
Arnoldo.           In carcer la vonno.
Iginia.                                              Oh ciel!
Evrardo.                                                             Roberta
Forse fra strazii?...
Arnoldo.                                         Minacciata indarno
Ella sinor venía. Ma de’ Solari
Un servo favellò: per lui svelato
Di molti cittadini è il tradimento.
Già in ceppi....
Evrardo.                                         Scellerata! E a me palese
Tutto non festi? Io potea còrre il frutto
Dello scoverto tradimento: or altri
Gloria e favor ne tragge! — 13 Deh, prosiegui:
Già in ceppi, chi?
Arnoldo.                                         Guido Castelli, e Isnardi,
Ed altri. È noto, che a tramar con essi
Il nemico guerrier venne: or s’accresce
Il sospetto, che a inutil parlamento
Ei qui mosso non abbia. Io contro a Giano
Lungamente contesi, asseverando
Che a giovane donzella e ignota cura
Il parteggiar di stato, e che amor guida

Fu al temerario in queste soglie. Ascolto
Non mi si dà. «Del console alla figlia
» Ferri, no, mai, per vil sospetto imporre
» Non oserassi (io sclamo): i benefizi
» D’Evrardo si rammentino: egli ha salva
» Più d’una volta la città: rispetto
» Abbiasi a tanto eroe.» Giano, onorando
Con ipocrite laudi il nome tuo,
«Oltraggio a tanto eroe fóra, soggiunge,
» Stimar che a lui, men della figlia, cara
» La repubblica sia.» — Gli animi vidi
Tutti a suo pro voltarsi, e ratto mossi
A darten cenno. — Anzi che rea si provi,
Lasciar non puote Evrardo mai dal seno
Una figlia strapparsi.
Evrardo.14                                              Oh nuovo inciampo!
Che far? Tal’onta avermi? Alzerò dunque
Contro alle leggi il brando, e in un istante,
Dopo anni ed anni di sudor disperse,
Tante speranze...: e affanni.... e virtù.... e colpe?
Oh bivio orrendo!— 15 La mia figlia!...16 Iniqua,
Mia rovina tu sei!
Arnoldo.                                        Che ondeggi? Aduna
Tuoi fidi; al popol mostrati: d’un padre
Il grido al cor d’ognun penetra.
Evrardo.17                                                            Iginia,
Sì!
Arnoldo.      Risolvesti?
Evrardo.                                    Sì.
Arnoldo.                                         Miseri noi!
Già strepito d’armati odesi. Ascosa
In più remota stanza....
Iginia.                                             Eterno Iddio,
Pietà di me!

Arnoldo.18                         Dove t’inoltri? Arretra.
Quinci agli sgherri incontro movi.
Evrardo.19                                                       Arnoldo,
Sgombrami il passo.


SCENA VI.

ROFFREDO, GIANO, Guardie, e detti.


Evrardo.                                              A voi dinanzi addotta
Da me venía: traggasi in ferri. Prima
Che genitor, fu cittadino Evrardo!20
Roffredo. Oh detti! Oh grande!
Arnoldo.                                         Snaturato!
Giano.21                                                       Udito
Dalle labbra di lei?...
Evrardo.                                              Dubbia è sua colpa:
A me non spetta il giudicarne. — Ahi dura
Condizïon di padre a ingrata prole!
Del proprio sangue esser nemico! — Il cielo
Forza mi dia! — Deh, m’ingannassi, e al seno
Stringer novellamente un dì qual figlia
Costei potessi! Ma qual siasi fato
Che a mia vecchiezza misera s’appresta,
Di duol.... ma giusto cittadin, morrò.
Ite: meco lasciatemi: potria
Involontario sul paterno ciglio
Pianto sgorgar, che al consol non s’addice.
Iginia.22Padre, così m’immoli?
Roffredo.                                             O primo invero
Fra i ghibellini! Conosciuta appieno
Non era ancor la tua virtù!23

SCENA VII.

ARNOLDO ed EVRARDO.

Arnoldo.                                                       Feroci!
Che favellate di virtù? A vicenda
Stimarvi grandi vi forzate e il grido
Di coscienza soffocar, che iniqui,
Ambizïosi, vili, empi v’appella:
Ma ben l’un l’altro tacito conosce,
E disprezza, ed abborre, e spegner brama!
Repubblica di sangue e di delitti,
Al tuo estremo sei giunta: il maggior bene
Che a sperare t’avanza ora è un tiranno!


SCENA VIII.

EVRARDO.


Evrardo.Ed io il sarò. — Che feci? Onde prostrato
Così mi sento? Troppo forse! troppo
È il sacrifizio! A tanto, no, le forze
Del vecchio Evrardo più non bastan. Padre
Alfin son io. Superbo! ecco: Natura
Com’ uom del volgo ti domò: menzogna!
Pentirmi? E tardi fòra. Ingrata figlia,
Condurmi a questo passo! E non osava
Rammentar pur di mia sconfitta il giorno?
Perfida!... Ma colpevole io la fingo
Onde scusarmi.... e orror di me sol sento.
Stromento or sia; saprai salvarla poscia:
Non avvilirti, a mezzo corso. — «Oh primo
Fra i ghibellini inver!» dicea Roffredo:
Giano fremea.... Sì, nella polve in breve
A’ piè del seggio mio strisceran tutti!

  1. S’avanza.
  2. Gli va incontro in atto supplichevole.
  3. Con rammarico o tenerezza.
  4. Vedendo che Iginia rigetta quest’idea, egli s’adira.
  5. Interrompendolo con dolce e timido rimprovero.
  6. Invasa dal dolore non bada.
  7. Con dispetto rialzandola.
  8. Con voce tremenda.
  9. Chiama.
  10. Dandogli una borsa.
  11. Lo scudiero s’inchina, e parte.
  12. Entra precipitoso.
  13. Ad Arnoldo.
  14. Agitatissimo.
  15. Con affetto.
  16. Furente.
  17. Con veemenza afferrando Iginia per un braccio.
  18. Ad Evrardo.
  19. Respingendolo.
  20. Getta con ira Iginia fra le guardie. — Sorpresa generale.
  21. A Evrardo.
  22. Mentre vien condotta via.
  23. Segue le guardie con Giano.

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