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Molte persone raccolte nel vecchio salotto si levarono per far festa al signor Pickwick e agli amici suoi: e durante la formalità delle presentazioni, il signor Pickwick ebbe modo di osservare l’aspetto delle varie persone che gli stavano intorno, di studiarne i caratteri, d’indovinarne le inclinazioni, — abitudine, alla quale, come molti altri grandi uomini, egli si lasciava andare molto volentieri.
Una signora decrepita con una gran cuffia in capo e una veste di seta scolorita — nientemeno che la madre del signor Wardle — occupava il posto d’onore a dritta del caminetto; e vari certificati della sua buona educazione da giovanetta e della condotta eccellente che n’era stata la conseguenza, adornavano le pareti intorno, come a dire saggi calligrafici di vecchia data, paesaggi non meno antichi ricamati in lana e sottolumi di seta rossa alquanto più recenti. La zia, le due nipotine e il signor Wardle, gareggiando di zelo nelle cure affettuose per la vecchia signora, si stringevano intorno al seggiolone di lei, chi col corno acustico, chi con un’arancia, chi con una boccetta d’odori, mentre due altre mani si affaccendavano a sbattere e gonfiare i guanciali che le servivano di sostegno. Dal lato opposto sedeva un vecchio signore calvo, dalla fisonomia piena di serenità e di benevolenza, il parroco di Dingley Dell; ed accanto a lui sedeva sua moglie, una bella vecchia robusta e florida, la quale dava a vedere non solo di essere assai brava nella manipolazione dei cordiali domestici per soddisfazione altrui, ma di essere anche più brava nell’assaggiarli per soddisfazione propria. Un ometto stecchito e dal viso bucherellato conversava in un angolo con un vecchio corpulento; e due o tre altri vecchi con due o tre altre vecchie stavano ritti ed immobili sulle loro seggiole, fisando con molta curiosità il signor Pickwick e i suoi compagni di viaggio.
— Mamma, il signor Pickwick, — gridò il signor Wardle con quanto fiato aveva in corpo.
— Ah! — fece la vecchia crollando il capo, — non sento, eh!
— Il signor Pickwick, nonna! — strillarono a coro le due signorine nipoti.
— Ah! — fece di nuovo la vecchia signora. — Ebbene, non fa nulla. Non gli preme certo di una vecchia della mia fatta.
— Vi assicuro, signora — disse il signor Pickwick afferrando la mano della vecchia signora e parlando così forte che la sua dolce fisonomia ebbe a pigliare una tinta violacea, — vi assicuro, signora, che nessuna cosa al mondo mi piace più che il vedere una signora della vostra età a capo di una famiglia così bella, e con una cera così giovane e piena di salute.
— Ah! — esclamò la vecchia signora dopo una breve pausa; — tutte cose bellissime senza dubbio, ma io non sento niente.
— La nonna è un po’ nervosa adesso, — disse a bassa voce la signorina Isabella Wardle; — ma da qui a poco vi rivolgerà la parola.
Il signor Pickwick con un semplice cenno del capo si mostrò inchinevolissimo a secondare le debolezze dell’età, ed entrò in una conversazione generale con le altre persone presenti.
— Bellissimo posto questo qui, — disse il signor Pickwick.
— Bellissimo! — fecero eco ad una voce i signori Snodgrass, Tupman e Winkle.
— Lo credo anch’io, eh! — disse il signor Wardle.
— Non c’è un posto migliore in tutta Kent, signore, — disse l’ometto dal viso bucherellato; — non ci è davvero; sono sicuro che non c’è, signore.
E l’ometto girò attorno un’occhiata di trionfo, come se qualcuno lo avesse vivamente contraddetto ed egli fosse riuscito in fin dei conti a farlo tacere.
— Non c’è un posto migliore in tutta Kent, signore, — ripetette l’ometto, dopo qualche minuto di silenzio.
— Meno i prati di Mullins, — osservò solennemente il signore corpulento.
— I prati di Mullins! — esclamò l’altro con profondo disprezzo.
— Sicuro, i prati di Mullins! — ripetette il signore corpulento.
— Ottimi terreni quelli lì, — venne su un altro signore corpulento.
— O sì, non c’è che dire, — aggiunse un terzo signore corpulento.
— Sfido io! lo sanno tutti — disse il padrone di casa.
L’ometto butterato girò attorno uno sguardo dubbioso, ma trovandosi in minoranza, prese un’aria di compatimento e non aprì più bocca.
— Di che discorrono? — domandò la vecchia signora ad una delle nipotine con voce molto squillante; perchè, come sono molti sordi, essa non pareva mai tener conto della possibilità che altri l’udisse.
— Discorrono dei terreni, nonna.
— Che terreni? c’è qualcosa di nuovo?
— No, no. Il signor Miller diceva che le terre nostre qui sono migliori dei prati di Mullins.
— E che ne capisce lui? — esclamò indispettita la vecchia. — Miller è una zucca, ecco quel che è, e glielo potete dire che l’ho detto io.
Così dicendo, la vecchia signora, affatto ignara di avere assai più che bisbigliato, si raddrizzò sul suo seggiolone e guardò all’ometto delinquente con occhi che schizzavano rasoi affilati.
— Via, via, — disse il padrone di casa con una naturale ansietà di mutar discorso, — che direste, signor Pickwick, di una partita di whist?
— Col massimo piacere, — rispose il signor Pickwick, — ma non vorrei mica che metteste su un tavolino a posta per me.
— Oh, vi assicuro che la mamma ne va pazza; non è vero mamma?
La vecchia signora, che era molto meno sorda su questo soggetto che su qualunque altro, rispose subito di sì.
— Joe, Joe, — gridò il vecchio signor Wardle, — Joe! Maledetto... oh, eccolo; tira fuori i tavolini da giuoco.
Il letargico ragazzo si sforzò, senza aspettare altri stimoli, a situare i tavolini da giuoco; uno per la Papessa Giovanna e l’altro pel whist. I giocatori di whist erano il signor Pickwick e la vecchia signora, il signor Miller e il signore corpulento. Il giuoco in giro comprendeva il resto della compagnia.
Il whist procedette con tutta quella gravità e quella posatezza che giustificano il suo titolo (silenzio) e che fanno pensare quanto sia irreverente ed ignominioso l’averlo annoverato fra i giuochi. Il giuoco in giro dall’altra parte era così tumultuoso ed allegro da interrompere più di una volta le meditazioni del signor Miller, il quale non essendo assorbito fino al punto che avrebbe dovuto, ebbe a commettere diversi e non lievi crimini, che accesero terribilmente la rabbia del signore corpulento e destarono in proporzione il buon umore della vecchia signora.
— Ecco qua! — disse trionfalmente il colpevole Miller, raccogliendo le carte alla fine di una mano, — non si poteva giocar meglio, mi pare: impossibile di fare una base di più.
— Miller avrebbe dovuto tagliar quadri, non è vero, signore? — domandò la vecchia signora.
Il signor Pickwick assentì col capo.
— Proprio dovevo tagliare? — disse lo sciagurato, facendo un dubbioso appello al suo compagno.
— Sicuro che dovevate, — rispose il signore corpulento con voce terribile.
— Mi dispiace assai, — disse l’abbattuto Miller.
— Bella consolazione, — grugnì il signore corpulento.
— Due d’onori e ne abbiamo otto, — disse il signor Pickwick.
Un’altra mano.
— Potete farne una? — domandò la vecchia signora.
— Certamente, — rispose il signor Pickwick, — Doppio, semplice e il rub.
— Che detta! — esclamò il signor Miller.
— Che carte! — borbottò il signore corpulento.
Seguì un solenne silenzio. Il signor Pickwick di buon umore, la vecchia signora seria, il signore corpulento arrabbiato e il signor Miller mortificatissimo.
— Un altro doppio, — esclamò la vecchia signora con aria trionfale, mettendo, in memoria del gran fatto, un sei pence e un mezzo penny senza impronta sotto il candeliere.
— È doppia, signore, — disse il signor Pickwick.
— Grazie, me n’ero accorto, — rispose il signore corpulento con rabbia concentrata.
Un’altra mano sortì effetti identici, con un rifiuto incidentale del disgraziato Miller, sul quale il signore corpulento versò un diluvio d’impertinenze che durarono fino alla fine del gioco, ritirandosi poi in un angolo e rimanendo muto come un pesce per un’ora e ventisette minuti. Dopo di che, emerse dall’ombra ed offrì al signor Pickwick una presa di tabacco col fare di un uomo che si fosse determinato ad un cristiano perdono delle offese. L’udito della vecchia signora migliorava sempre più, e l’infelice Miller si sentiva tanto fuori del suo elemento quanto un delfino in un casotto da sentinella.
Il giuoco in giro procedeva intanto con la medesima allegria. Isabella Wardle e il signor Trundle facevano società, Emilia Wardle col signor Snodgrass facevano lo stesso, e perfino il signor Tupman e la zia ragazza aveano stabilito una società di gettoni e di galanteria. Il vecchio signor Wardle non capiva nei panni dall’allegrezza; ed era così ameno nel tenere il banco, e le signore vecchie erano così avide di guadagnare, che tutta la tavola era un continuo frastuono di motti e di risa. C’era una vecchia signora che avea sempre da pagare una mezza dozzina di carte, destando così le risate di tutti; e quando la vecchia signora s’imbizziva per dover pagare, le risate si facevano più forti; al che la faccia della vecchia signora a poco a poco si rischiarava, e finiva anche lei per ridere più forte di tutti gli altri. Poi, quando alla zia ragazza toccava un matrimonio, le signorine tornavano a ridere, e la zia s’imbronciava; fino a che sentendosi stringere la mano di sotto alla tavola dal signor Tupman, si rischiarava anche lei, e faceva un certo viso come per dire che il matrimonio non era poi tanto lontano come qualche persona poteva credere; al che ciascuno rideva da capo, e specialmente il vecchio signor Wardle, il quale se la divertiva nè più nè meno che i più giovani della brigata. In quanto al Signor Snodgrass, non faceva altro che bisbigliare poetici sentimenti nell’orecchio della sua compagna, la qual cosa rendeva molto arguto e faceto un vecchio signore a proposito delle associazioni al giuoco e delle associazioni per la vita, e gli faceva fare varie riflessioni accompagnate da strizzatine d’occhio e colpi di tosse, che mettevano di ottimo umore tutta la brigata e specialmente la moglie del vecchio signore. E il signor Winkle veniva su ogni tanto con certi suoi motti spiritosi conosciutissirni in città e niente affatto conosciuti in campagna; e siccome tutti ne facevano le più grasse risate e dicevano che non c’era niente di simile, il signor Winkle raggiava di onore e di gloria. E il parroco benevolmente guardava attorno con occhio sereno; perchè i visi allegri che circondavano la tavola rendevano anche lui allegro; e benchè l’allegria fosse piuttosto rumorosa, pure veniva dal cuore e non dalle labbra; e questa è, in fin dei conti, la vera e buona allegria.
Fra questi passatempi, la serata passò assai presto; e dopo una cenetta sostanziosa e frugale, la brigata formò un circolo davanti al fuoco, e il signor Pickwick pensò di non essersi mai sentito così felice in vita sua, e giammai così disposto a godersi il presente.
— Ecco quel che mi piace, — disse il vecchio Wardle, seduto accanto al seggiolone della mamma e con una mano di lei stretta nella sua, — ecco quel che mi piace; i momenti più felici della mia vita gli ho passati accanto a questo antico focolare; ed io vi sono così affezionato, che tutte le sere vi fo una bella fiammata fino a che scotti da non reggervi più. Vedete, questa povera vecchierella soleva mettersi a sedere qui, sopra quello sgabelletto, quando era bambina, non è vero, mamma?
La lagrima che scorre inconscia quando la memoria di altri tempi e di una lontana felicità viene ad un tratto evocata, bagnò la guancia rugosa della vecchia signora mentre ella crollava il capo e sorrideva malinconicamente.
— Dovete scusarmi, signor Pickwick, — riprese a dire il signor Wardle dopo un breve silenzio, — se vi parlo tanto di questo antico nido; perchè gli voglio tutto il mio bene, e non ne conosco altro; le case vecchie ed i campi mi hanno l’aria di vecchi amici e così pure la nostra chiesetta tutta ornata di edera, sulla quale, a proposito, il nostro ottimo amico qui presente fece una sua canzone quando la prima volta venne fra noi. Signor Snodgrass, mi pare che il vostro bicchiere sia vuoto?
— Grazie, no, è pienissimo, — rispose il signor Snodgrass, la cui poetica curiosità era stata vivamente eccitata. — Parlavate, mi pare, di una canzone sull’edera.
— Dovete domandare all’amico di faccia a voi, — rispose il signor Wardle accennando con un cenno del capo al parroco.
— Potrei esprimere il desiderio di udirvela ripetere? — disse il signor Snodgrass.
— Davvero, — rispose il prete, — è una cosuccia da nulla; e la sola mia scusa per averla perpetrata, è che allora ero molto giovane. Comunque sia, ve la dirò, se così volete.
Un mormorio di curiosità fu naturalmente la risposta; e il vecchio prete prese a recitare, con l’aiuto della sua signora che gli suggeriva qua e là, i versi in discorso.
— Io l’ho intitolata, — disse,
L’edera verde.
Oh, è pur quest’edera la cara pianta
Che le macerie cerca ed agguanta
Vuol mura dirute, pietre smussate,
Archi decrepiti, torri smozzate,
E della polvere soltanto è ghiotta
Dai mille secoli insiem ridotta.
Dovunque l’anima manca e la vita
Verdeggia l’edera, fresca, nutrita.
Pianta fantastica, pianta curiosa
È pur quest’edera, verde ed annosa.
S’alza, s’inerpica, dà la scalata,
Va fino al vertice, nè certo è alata.
Che amplessi teneri la quercia antica
Prende dall’edera, fedele amica!
Umile striscia, nessun la vede,
Perfin dei tumuli s’attacca al piede,
E là s’abbarbica, s’alza più forte,
E par che giubili sopra la morte.
Pianta fantastica, pianta curiosa
È pur quest’edera, verde ed annosa.
Batte dei secoli l’ala funesta,
I regni cadono, l’edera resta.
È sempre vegeta, è sempre verde,
E il suo rigoglio non scema o perde.
Nulla ne stuzzica l’acre appetito
Come la polvere, cibo squisito.
Ingorda pascesi a due palmenti
Sopra il più solido dei monumenti.
Pianta fantastica, pianta curiosa
È pur quest’edera, giovane e annosa.
Mentre il vecchio ecclesiastico ripeteva per la seconda volta questi versi per dar agio al signor Snodgrass di trascriverli nel suo libro di appunti, il signor Pickwick osservava i lineamenti di lui con grande interesse. Quando il vecchio ebbe finito di dettare e il signor Snodgrass s’ebbe rimesso in tasca il suo libro, il signor Pickwick disse:
— Scusatemi, signore, se mi permetto di fare una osservazione dopo una così breve conoscenza; ma una persona come voi deve avere assistito a molte scene ed incidenti degni di nota esercitando il nobile ufficio di ministro del Vangelo.
— Qualche volta, sì, — rispose il vecchio ecclesiastico; — ma così gli uomini come le cose non hanno mai avuto un carattere più che domestico e comune, essendo chiusa in così brevi limiti la mia sfera d’azione.
— Se non sbaglio, — venne su il signor Wardle, che pareva molto desideroso di far discorrere il suo amico per figurare davanti ai suoi nuovi visitatori, — se non sbaglio, avete preso degli appunti intorno a John Edmunds?
Il vecchio ecclesiastico crollò leggermente il capo in segno affermativo, e si disponeva a mutar discorso, quando il signor Pickwick disse:
— Perdonate, signore; potrei farmi lecito di domandare chi fosse cotesto Edmunds?
— Proprio quel che voleva domandare io, — disse con calore il signor Snodgrass.
— Oramai ci siete, — esclamò l’allegro signor Wardle, — e non c’è più verso di svignarvela. Dovete presto o tardi soddisfare la curiosità di questi signori; sicchè meglio è che cogliate l’opportunità e non ci pensiate altrimenti.
Il vecchio ecclesiastico sorrise dolcemente e si fece avanti con la seggiola; il resto della brigata fece lo stesso, specialmente il signor Tupman e la zia ragazza, i quali molto probabilmente erano duri d’orecchio. Fu aggiustato il corno acustico della vecchia signora, il signor Miller — che durante la recita dei versi avea preso sonno — fu destato da un opportuno pizzicotto, somministratogli di sotto alla tavola dal signore corpulento suo compagno di whist, e il vecchio ecclesiastico, senza altri preamboli, incominciò il seguente racconto, al quale ci siamo presi la libertà di apporre per titolo:
Il ritorno del forzato.
"Quando venni qui la prima volta ad assumere il mio ufficio, — disse il vecchio ecclesiastico, — or fanno appunto venticinque anni, la persona più nota fra i miei parrocchiani era un certo Edmunds che teneva in fitto una piccola fattoria in questi dintorni. Era un cert’uomo cupo, malvagio; di pessimo cuore; infingardo e dissoluto per abitudine; crudele e feroce per indole. Oltre a quei pochi tristi e vagabondi coi quali sprecava il suo tempo girellando pei campi o ubbriacandosi alla bettola, non aveva nè un amico nè una conoscenza; lo evitavano tutti; a nessuno veniva voglia di barattar due parole con un uomo che molti temevano ed ognuno detestava.
"Quest’uomo aveva una moglie ed un figlio, il quale, quand’io capitai qui, poteva avere i suoi dodici anni. Nessuno si potrà mai formare un’idea delle sofferenze acerbe di questa donna, della sua gentile sopportazione, dell’affetto sollecito con cui tirava su la sua povera creatura. Il cielo mi perdoni il sospetto poco caritatevole, ma io credo in coscienza che il marito avesse per molti anni tentato di farla morire di crepacuore. Ella sopportava tutto per amore del figliuolo e, per strana che la cosa possa parere, anche per amor del padre; perchè, con tutte le sue crudeli brutalità, ella un giorno lo aveva amato; e il ricordo di quel che egli era stato per lei le destava dentro, in mezzo alle sue torture, dei sentimenti di dolcezza e di perdono, dei quali soltanto le donne, fra tutte le creature di Dio, sono capaci.
"Erano poverissimi; nè poteva essere altrimenti, stante le male abitudini del marito; ma il lavoro assiduo, infaticabile della povera donna, a tutte le ore, di giorno, di sera, di notte li teneva un po’ al di sopra del bisogno. Questo lavoro però era tutt’altro che ben pagato. La gente che si trovava a passar di sera verso casa loro riferiva di avere udito dei gemiti, dei singhiozzi e delle busse; e più di una volta, quando era scorsa la mezzanotte, il ragazzo andava a picchiare alla porta di un vicino, dove era stato mandato per sottrarlo alla furia avvinazzata dello snaturatissimo padre.
"Durante tutto questo tempo, la povera donna frequentava assiduamente la nostra chiesetta. Le si vedevano spesso sulla persona i segni della violenza e dei maltrattamenti. Tutte le Domeniche mattina e sera, ella veniva ad occupare il medesimo posto col fanciullo accanto; e benchè miseramente vestiti, — molto più di tanti loro vicini che si trovavano in maggiori strettezze, — erano sempre lindi e puliti. Tutti avevano un saluto amichevole ed una buona parola per la povera signora Edmunds; e quando qualche volta, all’uscir della chiesa, ella si fermava a barattar due parole con una vicina nel piccolo viale di olmi che mena al portico, o s’indugiava un poco per guardare con orgoglio ed affetto di madre al suo ragazzo sano e florido, che correva avanti facendo il chiasso coi compagni, — il suo viso emaciato s’illuminava di un’espressione di profonda gratitudine, ed ella pareva, se non lieta e felice almeno contenta e tranquilla.
"Passarono cinque o sei anni; il ragazzo era diventato un giovanotto sano e robusto. Ma il tempo che avea rinforzato la complessione delicata del fanciullo e dato alle sue tenere membra il succo della virilità, avea reso la mamma curva e infermiccia. E il braccio sul quale ella avrebbe dovuto appoggiarsi non era più stretto al suo; la faccia che avrebbe dovuto rallegrarla non era più presente. Ella sedeva al solito suo posto, sulla vecchia seggiola, ma accanto a lei un altro posto era vuoto. La Bibbia era conservata con la stessa cura di una volta, coi suoi segni, con le sue pagine piegate; ma non c’era alcuno che gliela leggesse; e le lagrime cadevano grosse e frequenti sul libro e le facevano balenare gli occhi. I vicini non ismettevano dalla usata cortesia, ma la povera donna cercava evitarli voltando il capo in altra parte. Non c’era più da fermarsi oramai nel vecchio viale degli olmi, non c’era da rallegrarsi nell’aspettazione di altra felicità. La disgraziata donna studiava più che poteva come nascondersi la faccia e camminava a passo frettoloso.
"Ho io bisogno di dirvi che il giovane, il quale guardando ai primi giorni della sua fanciullezza e a tutti quelli venuti appresso, non poteva ricordare altro che una lunga serie di volontarie privazioni per amor suo sofferte dalla madre, e di maltrattamenti, e d’insulti, e di violenze, — ho io bisogno di dirvi che egli con nessun riguardo all’esulcerato cuore di lei e con una colpevole ed assoluta dimenticanza di quant’ella avea fatto e sopportato per lui, s’era imbrancato con uomini depravati e vagabondi, gettandosi follemente in un cammino rovinoso, in capo al quale non poteva incontrare che la morte per sè e la vergogna per lei? Ahimè, pover natura umana! Voi già tutto questo l’avete indovinato da un pezzo.
"I dolori e la sventura di questa donna infelice erano presso a toccare il colmo. Varie grassazioni erano state commesse nelle vicinanze; non si giungeva a scoprire i malfattori, onde questi imbaldanzivano. Un furto più ardito e più grave dei precedenti fu causa di una vigilanza più attiva e di una assiduità d’indagini sulla quale essi non avevano calcolato. Caddero i sospetti sul giovane Edmunds e sui tre suoi compagni. Fu arrestato, giudicato, condannato a morte. Mi suona ancora all’orecchio quel grido selvaggio di donna, che echeggiò sotto le volte del cortile quando la solenne sentenza fu pronunciata. Quel grido colpì di terrore l’anima del reo, che il giudizio, la condanna, lo stesso fantasma della morte, non aveano potuto scuotere. Le labbra, strette fino allora in atto sdegnoso, tremarono ed involontariamente si aprirono; la faccia gli si fece livida e un sudore freddo la coprì tutta; le membra erculee del colpevole si piegarono, ed egli cadde spossato sul suo banco.
"Nei primi trasporti dell’angoscia, la desolata madre s’inginocchiò ai miei piedi e con tutta l’anima sua pregò l’Onnipotente, che l’aveva fino allora sostenuta in ogni più fiera avversità, di toglierla da questo mondo di miserie e di pena e di risparmiare invece la vita dell’amato figliuolo. Uno scoppio di pianto, una convulsione terribile come spero di non vederne mai più seguirono a questo primo sfogo. Mi accorsi che da quel momento le si era spezzato il cuore; ma non un lamento, non un mormorio le sfuggì più mai dalle labbra.
"Era un pietoso spettacolo veder quella donna tutti i santi giorni nel cortile della prigione, studiandosi con tutta l’ansia di una madre, con tutto l’affetto, con tutte le preghiere, di ammollire il cuore di sasso dello snaturato figliuolo. Invano. Egli rimaneva cupo, ostinato, sordo ad ogni buon sentimento. Nemmeno l’inaspettata commutazione della pena in quattordici anni di deportazione giunse ad abbattere per un sol momento l’audacia della sua condotta.
"Ma lo spirito di rassegnazione e di sopportazione, che aveva per tanto tempo sostenuta la povera donna, non potette combattere la debolezza fisica e l’infermità. Ella ammalò. Si trascinò ancora una volta dal letto alla prigione, ma le fallì la forza a mezza via, e cadde al suolo priva di sensi.
"E allora sì, furono messe alla prova la freddezza ostentata e l’indifferenza del giovane; il colpo inaspettato lo trasse poco meno che fuori di senno. Passò un giorno e la madre non venne; ne passò un altro ed un altro, e la madre non si faceva vedere; e fra sole ventiquattr’ore egli sarebbe stato separato da lei — forse per sempre. Oh! come lo assalsero, mentre andava su e giù nell’angusta prigione, i ricordi dei primi giorni, quei ricordi da tanto tempo cancellati! che amaro sentimento lo prese della propria solitudine, della desolazione sovrastante, quando la verità gli fu nota! Sua madre, la sola parente ch’egli avesse mai conosciuta, era ammalata — forse morente — ad un miglio dal posto dov’egli stava; se fosse stato sciolto e libero, pochi minuti gli sarebbero bastati per correre al fianco di lei. Si precipitò contro il cancello, e afferrando le sbarre di ferro con l’energia della disperazione, lo scosse terribilmente; si slanciò furiosamente contro la spessa muraglia come per forzare un passaggio attraverso la pietra; ma il solido fabbricato si rideva dei suoi deboli sforzi, ed egli strinse insieme le mani e pianse come un fanciullo.
"Io stesso portai il perdono e la benedizione della madre al figliuolo prigioniero; e riportai al letto di lei la solenne promessa del pentimento e la fervente preghiera del perdono. Udii con profonda pietà i mille piccoli disegni che l’uomo pentito escogitava per conforto e sostegno di lei, quando un giorno sarebbe tornato; ma io sapevo bene che molto tempo prima ch’egli potesse raggiungere il suo luogo di destinazione, sua madre non sarebbe stata più di questo mondo.
"Egli partì di notte. Poche settimane dopo, l’anima della povera donna prese il volo, come ardentemente spero e solennemente credo, ad un luogo di felicità eterna e di riposo. Compii il servizio funebre sulla spoglia mortale di lei. Ella riposa nel nostro piccolo cimitero. Nessuna pietra ne indica la sepoltura. I suoi dolori furono noti agli uomini, le sue virtù a Dio.
"S’era concertato prima della partenza del condannato ch’egli avrebbe scritto alla madre subito che ne avesse ottenuto il permesso, e che la lettera l’avrebbe indirizzata a me. Il padre s’era recisamente negato a vedere il figlio fin dal primo momento dell’arresto; ed era per lui affatto indifferente se quegli fosse vivo o morto. Molti anni passarono senza che di lui si avessero notizie; e quando fu trascorso più che a mezzo il tempo della pena ed io non aveva ricevuto lettere, ne conchiusi ch’egli era morto, come in effetto ne nutrivo quasi la speranza.
"Il fatto è che Edmunds, arrivato a destinazione, era stato mandato assai verso l’interno del paese; alla quale circostanza è forse da attribuire il fatto che delle molte lettere spedite non una sola mi fosse recapitata. Rimase nello stesso posto per tutti i quattordici anni. Spirato che fu il termine, memore della sua prima risoluzione e del giuramento fatto alla madre, egli riprese fra innumerevoli difficoltà la via dell’Inghilterra, e se ne tornò a piedi al luogo natio.
"In una bella sera di Domenica del mese di agosto, John Edmunds pose il piede nel villaggio che diciassette anni fa avea lasciato con vergogna e disgrazia. Per giungere più presto dovea traversare il cimitero. Gli si gonfiò il cuore quando oltrepassò il cancello. Gli olmi giganteschi, attraverso i cui rami il sole cadente mandava qua e là sul sentiero ombroso un raggio di viva luce, gli destarono dentro le memorie dei suoi primi giorni. Si rivide com’era allora, sospeso alla mano della mamma, tranquillamente incamminandosi verso la chiesa. Ricordavasi com’egli alzava il capo per guardare nella pallida faccia di lei; e come spesso gli occhi della povera donna si empivano di lagrime guardando lui — lagrime che gli bruciavano la piccola fronte mentr’ella si chinava a baciarlo, e facevan piangere anche lui, benchè poco allora egli sapesse quanto amare fossero quelle lagrime. Pensava quante volte avea corso lungo quel viale facendo il chiasso coi suoi compagni, volgendo il capo di tanto in tanto, per avere un sorriso della mamma o per udire la gentile voce di lei. E parve allora che un velo gli fosse strappato dalla mente, e dolci parole inascoltate, e ammonizioni spregiate, e promesse rotte, gli si affollarono nell’anima fino a che gli venne meno il cuore ed egli non potette più sopportare tanta angoscia.
"Entrò nella chiesa. Il servizio di vespro era terminato e gli assistenti erano andati via, ma la chiesa era sempre aperta. I suoi passi destarono cupamente gli echi delle volte, ed egli ebbe quasi paura di trovarsi solo, tanta quiete lo circondava. Si guardò intorno. Nulla era mutato. La chiesa pareva divenuta più piccola; ma erano sempre al loro posto i vecchi monumenti ai quali tante volte egli aveva guardato con terrore infantile: c’era il piccolo pulpito col suo cuscino sbiadito; c’era la tavola della comunione davanti alla quale così spesso avea ripetuto quei comandamenti che il fanciullo venerava, e l’uomo avea poi dimenticati. Si accostò al posto che soleva occupare una volta; gli parve freddo e desolato. Il cuscino era stato rimosso e la Bibbia non c’era più. Forse sua madre occupava ora un posto più umile, o anche essendo inferma non poteva più venir da sola alla chiesa. Non osava formulare in un pensiero il timore che gli stava nell’anima. Un senso di freddo lo prese, nel momento di tornar fuori e lo fece tremare a verga a verga.
"Un vecchio varcava appunto la soglia mentre egli usciva. Edmunds trasalì e diè indietro, perchè molto bene lo riconosceva; molte volte era stato a vedergli scavar le fosse nel cimitero. Che gli avrebbe detto quell’uomo, a lui tornato di così lontano? Il vecchio alzò gli occhi in viso al forestiero, gli diè la buonasera e passò oltre. Lo avea dimenticato.
"Prese a discendere la collina ed entrò nel villaggio. L’aria era calda, e la gente se ne stava a sedere sugli usci o a passeggiar nei giardini, godendosi la serenità della sera e il riposo dopo il lavoro. Molti sguardi si volgevano dalla sua parte, e molte occhiate dubbiose ei dette qua e là per vedere se mai qualcuno lo riconoscesse e lo evitasse. C’erano dei visi nuovi in quasi tutte le case; in alcune gli parve riconoscere la fisonomia di qualche suo vecchio compagno di scuola, — fanciullo quando lo avea lasciato, — circondato da uno sciame di allegri bambini; vide altrove, seduto in un comodo seggiolone alla porta della casetta, un vecchio debole ed infermiccio, ch’ei già ricordava robusto ed infaticabile lavoratore. Ma tutti aveano dimenticato lui, ed egli passò oltre sconosciuto.
"L’ultima luce del sole morente cadeva sulla terra colorando in rosso le gialle spighe ed allungando le ombre degli alberi, quando egli si fermò davanti all’antica casa, — alla casa dei suoi giorni infantili, verso la quale il suo cuore aveva aspirato con ineffabile intensità di desiderio durante anni lunghissimi di dolori e di prigionia. La palizzata era bassa, — benchè ei si ricordasse assai bene del tempo in cui gli era sembrata un muro altissimo. Di sopra a quella diè un’occhiata nel vecchio giardino. C’erano assai più fiori di una volta e più allegri ma gli alberi erano sempre gli stessi; ed anzi c’era proprio l’albero sotto il quale tante volte ei s’era disteso, stanco di fare il chiasso al sole, lasciandosi prendere a poco a poco dal sonno gentile e felice della fanciullezza. Si udivano squillar delle voci dentro la casa. Prestò ascolto, ma gli suonarono nuove all’orecchio; non le conosceva. Erano anche voci allegre; ed ei sapeva molto bene che quella povera vecchierella di mamma non poteva essere allegra, quando egli era via. La porta si aprì, ed una frotta di ragazzi ne sbucò, sgambettando e gridando. Il padre, con un bambino in collo, comparve sulla soglia, e tutti gli si attaccarono ai panni, e batterono palma, a palma, e presero a tirarlo perchè si unisse ai loro passi. Il condannato pensò alle tante volte che, in quel medesimo posto, egli era fuggito alla vista del padre suo. Si ricordò delle tante volte che avea nascosto sotto le lenzuola il capo tremante; e udito le dure parole, e gli aspri colpi e i singhiozzi della mamma; e benchè, nell’allontanarsi da quel luogo, egli singhiozzasse forte e si sentisse schiantare il cuore, pure aveva il pugno stretto e i denti serrati da una rabbia feroce e mortale.
"E questo era il ritorno, al quale per tanti anni di fila aveva sospirato, e pel quale tanti travagli avea sopportato! Non un viso che gli desse il benvenuto, non uno sguardo di perdono, non un tetto che lo ricoverasse, non una mano che si stendesse verso la sua, — e tutto questo nel suo vecchio villaggio. E che era più, paragonata a questa, la sua solitudine nei boschi selvaggi, dove non s’incontrava mai anima vivente?
"Sentì allora che nella terra lontana dell’infamia e della schiavitù, egli aveva pensato al suo luogo natio come lo aveva lasciato, non già come un giorno l’avrebbe ritrovato. La triste realtà gli diè una stretta al cuore e l’anima gli cadde. Non osava muovere domande e tanto meno presentarsi alla sola persona che probabilmente lo avrebbe accolto con pietà ed affetto. Andò avanti a lenti passi; e cansando, come un reo, la via maestra, si gettò in un prato che ben ricordava. Cadde a sedere sull’erba e si nascose la faccia fra le mani.
"Non s’era accorto che un uomo era disteso sul terreno poco discosto, e che s’era volto per dare un’occhiata al nuovo venuto. Il lieve rumore gli fece alzare il capo.
"L’uomo si rizzò a sedere. Era curvo della persona, ed avea la faccia gialla e rugosa Si vedeva dal vestito che apparteneva all’ospizio; pareva molto vecchio, ma assai meno per numero di anni che per dissipazione ed infermità. Sbarrava gli occhi in viso al forestiero, e benchè sulle prime gli avesse grevi e senza luce, ad un tratto s’accesero stranamente con una espressione di maraviglia o di paura, fino a che parvero volessero schizzar fuori dall’orbite. Edmunds a poco a poco si sollevò sulle ginocchia e fissò sempre più intensamente la faccia del vecchio. Si guardarono l’un l’altro in silenzio.
"Il vecchio era pallido come uno spettro. Tremava tutto e cadde ginocchioni davanti a lui. Edmunds balzò ritto in piedi. Il vecchio diè uno o due passi indietro. Edmunds si avanzò.
"— Parlate, — disse con voce cupa e rotta, — parlate, fatemi udire la vostra voce.
"— Non ti accostare! — gridò con una bestemmia terribile il vecchio.
"Edmunds si avanzò ancora.
"Non ti accostare!— ripetette il vecchio.
"Furente dal terrore, alzò la mazza e ne diè un colpo alla cieca sulla faccia di Edmunds.
"— Padre... demonio!... — masticò questi a denti stretti. E selvaggiamente gli fu addosso, e lo agguantò per la strozza. Ma quel vecchio era suo padre; e il braccio gli ricadde senza forza lungo la persona.
"Il vecchio mise uno strido acuto che suonò pei campi deserti come il lamento di uno spirito maligno. Si fece livido; un’onda di sangue gli sboccò dal naso e dalla bocca, e tinse cupamente di rosso l’erba del prato, ed egli stesso barcollò e cadde. Gli s’era rotto un vaso sanguigno; ed era già cadavere prima che il figliuolo potesse sollevarlo da quella pozza funesta.
"In quell’angolo del cimitero" — riprese a dire dopo qualche momento di silenzio il vecchio ecclesiastico — "in quell’angolo del cimitero, del quale ho testè parlato, è sepolto un uomo che fu al mio servizio per tre anni dopo questo evento; e che sinceramente era contrito, penitente, umile quanto mai uomo sia stato. Nessuno fuori di me sapeva chi egli fosse e donde venisse. Ed egli era John Edmunds."