< Il Conte Rosso < Atto terzo
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Atto terzo - Scena settima Atto terzo - Scena nona

Clara, Amedeo.

Amedeo
Che hai? Perché piangi?
Clara
Non vi seppi salvar...
Amedeo
Povera donna!
Nol poteva nessun. Lascia ch'io cerchi
Nel mio pensier... tal compito mi resta
Che mai non ebbi il più grave.

Gran pausa.

Mi strazia
Quel tuo singhiozzo.
Clara

gettandosegli ai piedi.

Perdonate, Sire.
Amedeo
Povera donna! tu mi fosti il solo
Amico sulla terra! Ibleto m'ebbe
Strumento alla sua causa... Non lasciarla,
Sai, questa casa al mio morir. Rimani,
Benché acerbo ti sia, né ti rimorda
Che il grande inganno ci ravvolse; il buono
Contro l'arte dei tristi è disarmato.
Veglia a mio figlio ornai, se la mia sorte
Ti apprese a invigilar, che alcun gli parli,
Adulto, di suo padre e gli rammenti
Quanto amore gli diè, quante speranze
Sul suo capo ripose... e se malvage
Voci corrano intorno e alcun, sia pure
Di basso loco, mormorar s'attenti
Di mia morte immatura, oh, tu respingi
Con quanto hai core l'accusa, difendi
L'oscurato splendor della mia Casa,
Di' che Savoia non paga delitti,
Che non arma la man d'un assassino...
Di' che le madri di Savoia han sola
Cura l'onor dei figli e la grandezza
Della vecchia Corona.
Clara

singhiozzando.

Ah! non è vero,
Non potete morir!
Amedeo
Prega il Signore
Che mi soccorra d'un consiglio... Ah!... Senti.
Come Ibleto ritorni e mi confermi
Nel tristo vero, cerca il mio scudiere,
Di' che m'inselli, e tosto, il più gagliardo
De' miei cavalli, il Morello, e insiem dieci
Cavalli pei baroni e che agguinzàgli
La muta degli alani.
Clara
Io non v'intendo.
Amedeo
Non monta, va. Voglio sentirmi in viso
Il vento dei galoppi...
Clara
Ma...
Amedeo
Obbedisci.
Ecco Ibleto.
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