< Il Misogallo (Alfieri, 1903)
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Sonetto XXII
Prosa terza. Ultime parole del Re Epigramma VIII

SONETTO XXII.

14 febbraio 1793.

XIII.    Cupide conculcatur nimis ante metutum.

Lucret., lib. V, vers. 1139.

Ciò ch’essi a dismisura temean pria,
A dismisura essi il calpestan poscia.

D’immensa piazza in mezzo (oimè!) torreggia,
Sacro a morte e vendetta, un palco fero:
Intorno intorno atroce messe ondeggia
D’aste ferrate, onde han Liberti impero.
Di contro appunto alla già un dì sua Reggia
Ecco salirvi impavido, ed altero
In sua innocenza un Re, che all’empia greggia
De’ schiavi suoi perdon concede intero.
Universal, mortifero, tremendo
Silenzio piomba entro le attonite alme...
Deh, ch’io non vegga l’assassinio orrendo! —
Ma al batter già delle servili palme,
Consunto appien l’atro misfatto intendo.
Or tutte hai, Gallia, di viltà le palme.

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