< Versi editi ed inediti di Giuseppe Giusti
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Il Papato di Prete Pero
I Grilli Gingillino

IL PAPATO DI PRETE PERO.


 
Prete Pero è un buon cristiano,
    Lieto, semplice alla mano;
            3Vive e lascia vivere.

Si rassegna, si tien corto,
    Colla rendita d’un orto
            6Sbarca il suo lunario.

Or m’accadde di sognare
    Che quest’uomo singolare
            9Doventò Pontefice.

Sulla Cattedra di Piero,
    Sopraffatto dal pensiero
            12Di pagare i debiti,

Si serbò l’ultimo piano;
    E del resto al Vaticano
            15Mise l’appigionasi.

Abolì la Dateria,
    Lasciò fare un’osteria
            18Di Castel Sant’Angelo;

E sbrogliato il Quirinale,
    Ci fe scrivere: Spedale
            21Per i preti idrofobi.

Decimò Frati e Prelati;
    Licenziò birri, Legati,
            24Gabellieri e Svizzeri;


E quel vil servitorame,
    Spugna, canchero e letame
            27Del romano ergastolo;

Promettendo che lo Stato,
    Ripurgato e sdebitato,
            30Ricadrebbe al popolo.

Fece poi su i Cardinali
    Mille cose originali
            33Dello stesso genere.

Diè di frego agl’ignoranti,
    E rimesse tutti quanti
            36Gli altri a fare il Parroco.

Del pensiero ogni pastoia
    Abolì: per man del boia
            39Fece bruciar l’Indice;

E tagliato a perdonare,
    Dove stava a confessare
            42Scrisse: Datur omnibus.

Poi, veduto che gli eccessi
    Son ridicoli in sè stessi,
            45Anzi che si toccano,

Nella sua greggia cristiana
    Non ci volle in carne umana
            48Angeli nè Diavoli.

Vale a dir, volle che l’uomo
    Fosse un uomo, e un galantuomo,
            51E del resto transeat.

Bacchettoni e Libertini
    Mascolini e femminini
            54Messe in contumacia

In un borgo segregato,
    Che per celia fu chiamato
            57Il Ghetto cattolico.


Parimente i miscredenti,
    Senza prenderla coi denti,
            60Chiuse tra gl’invalidi;

E tappò ne’ pazzarelli
    I riunti cristianelli,
            63Rifritture d’Ateo
.

Proibì di ristacciare
    I puntigli del collare,
            66Pena la scomunica;

Proibì di belare Inni
    Con quei soliti tintinni,
            69Pena la scomunica.

Proibì che fosse in chiesa
    Più l’entrata che la spesa,
            72Pena la scomunica.

Nel veder quell’armeggío,
    Fosse il sogno o che so io,
            75Mi parea di scorgere

Che in quel Papa, a chiare note,
    Risorgesse il Sacerdote
            78E sparisse il Principe.

Vo per mettermi in ginocchio,
    Quando a un tratto volto l’occhio
            81A una voce esotica,

E ti veggo in un cantone
    Una fitta di Corone
            84Strette a conciliabolo.

Arringava il concistoro
    Un figuro, uno di loro,
            87Dolce come un istrice.

«No, dicea, non va lasciato
    »Questo Papa spiritato,
            90»Che vuol far l’Apostolo,


»Ripescare in pro del Cielo
    »Colle reti del Vangelo
            93»Pesci che ci scappino.

»Questo è un Papa in buona fede:
    »È un Papaccio che ci crede!
                96»Diamogli l’arsenico.»

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